Poesie Partecipanti alla IV edizione 2019
Riv - Zap
Rivaroli Patrizia Rachele
IL PASSEGGIAR SERALE DELLA LUNA
La luna ha perso la
memoria,i suoi passi
confusi errano tra le
pieghe delle nubi.
Oscilla e danza con
i profumi notturni
transitando in brevi
sogni.La notte e il
chiaro di luna per lei
sono musica.A volte il suo
stato d'animo vagabondo
dimentica di illuminare
gli amori viandanti
nella loro pena.
Dunque sono io
quella luna indifferente
imperiosa dalle follie
poetiche?
O forse sono quella dalle
vane esitazioni e fluttuanti
paure,che nei tramonti estivi
strizzava l'occhio e si
addormentava negli atolli
coralliferi invocando l'urlo
del silenzio, consapevole,
di aver colorato gli aloni
di una luna burrascosa?
(Patrizia Rachele Rivaroli)
Rizzo Giuseppe
LA MA TERRA
Triangolu vasatu di lu suli
e di lu mari,
unna li siculi vissiru
'nsiemi a li sicani,
li greci ficiru templi
e poi s'arrinneru a li romani,
l'arabi a li normanni
e chisti a l'angioini,
ca pi questioni di corna
si ficiru assicutari.
Terra unna Manfredi cu Custanza
ficiru l'amuri,
e ca dopu la paci di Caltabellotta
fu vinnuta a li spagnuoli,
e Garibaldi e Bixio,
a cumannu di du navi,
sbarcarunu a Marsala
e ni consegnaru a Vittoriu Manueli.
Terra rifugiu di li dei,
unna lu mmiernu dura 24 uri
e intra un vidiri e sbidiri
l'aciddruzzi tornanu a cantari
e li miennulu a sciuriri.
Terra ca lu vulcanu talia
cu lu so tascu di nivi
li stisi di aranci e di ulivi a li so piedi.
Lu furmentu ti cummigliava d'oru
e pi tutta l'Italia partivanu li navi,
lu virdi dura un misi
e poi siccagnu s'abbruscia
iennusinni mmienzu a vampi
e acri oduri di fumu e di munnizza.
Terra di issu e surfaru,
di viddrani e mulattieri,
di puorti, varchi e piscatura,
di genti ca si sbrazza,
grandi travagliatura.
Terra di sbarchi e d'accoglienza,
di genti ca ti pruoinu na manu,
ca so chi basta pi unu basta pi cientu.
Terra matri e matrigna
ca manni li to figli
luntani a travagliari
e inchi li panzi a politici e ruffiani,
a lecchini e genti di malaffari.
Terra di Archimedi, Empedocli e Ruggeru,
di Pirandello, Sciascia e Verga,
di Falcone e Borsellinu
e di tanti atri boni cristiani
ca pi tia si ficiru ammazzari.
(Giuseppe Rizzo)
Traduzione dell’autore - LA MIA TERRA. Triangolo baciato dal sole/ e dal mare,/ dove i siculi vissero/ assieme ai sicani,/ i greci edificarono templi/ e poi si arresero ai romani,/ gli arabi ai normanni/ e questi agli angioini,/ che per questione di corna/ si ficiru scacciare./ Terra dove Manfredi e Costanza/ fecero l'amore,/ e che dopo la pace di Caltabellotta/ fu venduta agli spagnoli,/ e Garibaldi e Bixio,/ a comando di due navi,/ sbarcarono a Marsala / e ci consegnarono a Vittorio Emanuele./ Terra rifugio degli dei,/ dove l'inverno dura 24 ore/ e in un men che non si dica/ gli uccellini tornano a cantare/ e i mandorli a fiorire./ Terra dove il vulcano guarda/ con il suo basco di neve/ le distese di aranci e di ulivi ai suoi piedi./ Il grano ti copriva d'oro/ e per tutta l'Italia partivano le navi,/ il verde dura un mese/ e poi secco si brucia/ andandosene in mezzo al fuoco/ e acre odore di fumo e di spazzatura./ Terra di gesso e zolfo,/ di contadini e mulattiere,/ di porti, barche e pescatori,/ di genti ca si sbraccia,/ grandi lavoratori./ Terra di sbarchi e di accoglienza,/ di gente che ti porge una mano,/ che ciò che basta pi uno basta per cento./ Terra madre e matrigna/ che mandi i tuoi figli/ lontano a lavorare/ e riempi lo stomaco a politici e ruffiani,/ a lecchini e persone di malaffare./ Terra di Archimede, Empedocle e Ruggero,/ di Pirandello, Sciascia e Verga,/ di Falcone e Borsellino/ e di tanti altri buoni cristiani/ ca per te si sono fatti ammazzare.
Rizzo Valentina
CAPOVERSO D’AMORE E SILENZIO
T’assenti dall’anima mia,
riverbero di giglio abbandonato
su un palcoscenico di ghiaccio
al crepuscolo del mattino
ed il silenzio accoltella il tuo nome,
ansima danze di cuore spento,
allerta le corrispondenze dell’incerto.
Amanti derubati dal respiro del tempo,
naufraghi fra stelle di carta,
petali solitari di un bacio caduto
sulla battigia del ciel di giugno,
t’assenti dall’anima mia,
t’aspetto fra le ciglia del vespro
in questo capoverso d’amore e silenzio.
(Valentina Rizza)
Romano Carmen
LO SCRIGNO
Chiuse in uno scrigno
restano
le parole
sigillate dalla paura,
la prova data delle menzogne
e la crudele assenza
strazia il mio cuore,
sebbene ostinato
a non impedire
l'Amore.
Anche
se la carezza
è solo ricordo
e il silenzio
somiglia alla fine.
Sorte degli innamorati
l'attesa
l'abbondanza dell'ira
l'implacabile gelosia.
E tu dolce speranza solleva
il respiro
in questo digiuno d'amor.
(Carmen Romano)
Ros
POESIA
È la mano che scrive
ma a parlare è il cuore
Fortunato chi può
cantar d'amore
ed imprimere la sua anima
su un foglio
E farla scivolare lenta
come un ruscello
che diventa prima fiume
e poi cascata
Di sensi
Di emozioni
Di occhi chiusi
che vedono
Di mani che prendono
senza toccare
Di corpi che si sfiorano
con il pensiero
Non è inchiostro
che dalla penna fluisce
ma il sangue
che ribolle nelle vene
Fantasia, magia
Semplice alchimia
che incarna i desideri
del proprio io
Specchio dei tuoi
Dei suoi
Di chi si legge dentro
e prova emozione e calore
Per dare forse
speranza e colore
o soltanto illusione
ad un sogno...
(Ros)
Rossello Carmela
L'INAFFERRABILE
L'inafferrabile
è come una gabbia
in mezzo al fitto
bosco
si inerpica in mezzo ai rami
e rende la presa difficile
tortuosa e faticosa.
Svanisce
nell'ombra
in mezzo ai verdi prati
una corsa contro il tempo
e i giorni che declinano
uno ad uno
mentre si ubriaca
di silenzi
e rimane
"Inafferrabile".
(Carmela Rossello)
Rubino Amedeo
UN MEDICO A CONCORSO
Ho camminato, da fermo,
ho visto nulla, ne sentivo l’odore.
L’ossimoro è dove vivo,
la Luna, è dove andare.
Imbraccio le mie armi,
le guardo, serviranno,
non sarò mai soldato,
mi guardo, spareranno…
Ancora scegliere chi sarò,
intanto provo, immaginare,
dovessi mai perdere la via,
la Luna, è dove andare.
La faida è servita, è annuale,
si salta a gruppi ma, chi sa volare!?
In tanti in affanno, chi vuol dimostrare,
troppe le ambizioni da dover sfamare.
Nel buio si è certi che anche a guardare
non vinca in corsa la via più banale,
Che faccio? mi accascio, continuo a pensare
che la Luna, alla fine, è dove andare.
Non voglio, non posso, non oso sentire
lontani o distanti i giorni a venire,
caduto prima di poter fiorire
un sempreverde ormai da svestire.
È così che funziona, venghino signori!
Prendere o lasciare, addio sognatori.
Iscrivetevi e giocate, dentro o fuori.
La luna dicevate? Si vince ai rigori!
Io con la poesia non c’entro e lo so,
ma tale è l’ardire di fare ciò che voglio
che se non riesco ne avrò dette un po’,
La Luna è la meta, il Lancio è lo scoglio.
(Amedeo Rubino)
Ruggeri Dimitri
A MIO PADRE (n.2, come Chanel)
Il vuoto patteggia la carne cruda
di una fantasmagoria domestica
sul piede dolente del calvario.
Lo zerbino inchiodato su mio padre
recrimina inquisizioni terrene
con buste di cuoio soffiate dalle braccia
e sfrondate da un fuliginoso airone sulla testa.
Tentennano le mani, che disegnano ceneri
col compasso sopra il petto
e incensano capelli grigi nel patibolo del cortile.
Ti aspetti ancora sull'uscio della porta
come un bambino che baratta frignando un lecca lecca
nella solitudine mondiale del correzionale numero zero
(Dimitri Ruggeri)
Rugna Anna
SONO QUI
Sono qui, dove hai nascosto la mia anima,
li dove è sempre stata.
Il tuo sguardo vicino a Te,
e le tue labbra attaccate a te.
Cercarmi sempre,
e se non mi trovi ascolto i tuoi battiti,
Sono li dove nasce un'emozione,
dove nasce l'alba, dove nasce un sogno,
dove vive un tramonto..
Sono li dove nasce il sorriso,
sono qui dove sono sempre stata,
io ti aspetto seduta in riva ai tuoi pensieri.
Sono qui con in mano una poesia,
un raggio di luce, una stella in mano,
sono qui con il profumo del tuo cuore,
mi scioglie il tuo tepore,
raggiungimi nel cammino del mio amore,
amerò il tuo sorriso le tue mani, il tuo respiro.
Sono qui....dove sono sempre stata...
se mi vuoi io ci sono..tu chiama io rispondo..senza ali arriverò,
è l'amore che arriva.
(Anna Rugna)
Ruotolo Mariarosaria
TIENIMI PER MANO
Tienimi per mano
quando il bagliore dell'aurora
illumina i miei occhi.
Tienimi per mano
quando un ricordo
ci passa nella mente
e ci rinnova.
Tienimi per mano
quando ho paura,
quando tocco il fondo,
perchè tu sei la forza
che mi fa risalire.
Quando il traguardo
è lontano
ed io temo di sprofondare,
dimmi che andrà tutto bene,
ci crederò.
Tienimi per mano
al tramonto,
quando i pensieri
si fanno pesanti
ed io faccio fatica a reggerli.
Quando la sera è arrivata
e porta con se'
la malinconia.
Tienimi per mano
quando hai paura,
quando la primavera è iniziata
e tu, accanto a me, rannicchiata,
ricordi e rivivi la tua vita passata.
Tienimi per mano,
in silenzio,
non parlare,
accanto a te mi sento
espressione di profondo amore.
E allora tienimi per mano,
che sia giorno o notte,
primavera o inverno...
Tienimi per mano
sul far della notte,
quando i petali si chiudono,
avvolgerò i tuoi capelli
in cento nodi
e mi addormenterò
vicino al tuo cuore
mentre tu,
dolcemente,
mi tieni per mano.
(Mariarosaria Ruotolo)
Russo Alessandro
LE CURVE DEGLI OCCHI
Dopo un momento sapevo
che avrei voluto ancora i tuoi occhi
fissi nei miei, a riempirmeli,
a farmeli belli.
Fermai tutto, formai tutte le scale
che salivano di corsa
gli incanti dell’aspettazione,
e su ogni gradino, e a ogni giro di rampa
c’era un pensiero di noi
che arrivava o tornava.
Non vedevo altro, oltre, sopra o sotto
i tuoi occhi, e pensai
che tutti avrebbero dovuto guardarli
Sapevo anche che le scale possono scendere
e che quegli stessi occhi potevano far male,
ma non immaginavo che poi, anche io
avrei potuto guardare con gli stessi occhi,
guardarti con gli stessi occhi
(Alessandro Russo)
Russo Sofia
TEMPO
Scorre, se ne va
Tutti lo hanno visto passare
Pensano che ce ne sia abbastanza
Poi finisce e scappa,
non ritorna più in quella stanza
Chissà come fa?
Passa dalla campagna alla città
Sempre puntuale nel finire
Deve essere veloce nel partire
Poi ritorna ma si aspetta ancora
La sua magica partenza che nessuno ha mai visto
Perché il tempo è partito troppo in fretta.
(Sofia Russo) - 12 anni
Sabella Cristina
QUELL'URLO MUTO
Si asciugano
le lacrime,
come l'acqua
sotto il ponte,
il vento urla,
tra l'acciaio
addormentato,
in un giorno
disincantato,
l'inganno
è in agguato,
sul torrente
si è riversato,
con i sogni
dei bambini,
e i palloncini
bianchi in cielo
e ...
volano i ricordi
di sorrisi e canti,
in un selfie
sulla strada,
che da ponente
va a levante,
incorniciato
da ulivi,
dal profumo
di salsedine di mare,
muore il dolore,
su quell'asfalto
sgretolato,
nessuno ode
il suo cuore,
si è spento
in ...
quell'urlo muto !
(Cristina Sabella)
Sabella Monica
INNOCENZA
Perso nell’immenso
sguardo.
Non una lacrima
scese sul viso,
segnato dalla vita,
così crudele!
Un letto di terra arida,
un tetto di stelle
oscurato dalle
nuvole e nel silenzio,
un grido diperato
d’amore
Quel mondo
fatto di guerre,
che troppo presto
hai conosciuto.
L’innocenza spezzata
come una rosa,
soffocata dal Vento.
(Monica Sabella)
Saccomanno Mario
STRACCIARSI LE VESTI DI DOSSO
Sta ben oltre l’umano raziocinio:
è vento, vento che incessantemente,
col suo freddo soffiare, ai rami del presente
scuote il loro marciume; è latrocinio
l’afferrare inumano dell’estro artistico;
è barlume che accosta all’ineffabile;
quint’essenza esauriente
è il tocco, il suo tocco illusionistico
profuso all’uomo che, invano, labile
scandaglia. Vaticinio
prodigioso reclama la sua mente:
tra visioni enigmatiche, il perfetto assassinio…
Fa a botte la testa col cuore,
schiuma marina, eterna, pulsante
dimora delle sue contraddizioni.
Acquietato è il furore,
placato è il goliardico infante,
scacciate le tenaci emozioni,
insudiciato è l’abito da macchie luttuose.
Cerca, tra le scabiose,
la luce che vedi e che trovi
nel buio che nasconde i colori;
raccogli i frutti dai rovi;
scegli d’essere un’ape tra i fiori
che vola al di là delle solite azioni;
strattona chi intorno percorre,
trascinando zavorre,
l’unica eterna strada a carponi.
(Mario Saccomanno)
Saglimbene Domenica
L’AMORE VERO
A volte basta soltanto un dolce bacio
e un tenero abbraccio a mandarti in estasi,
a fare rifiorire i propri sensi,
per compensare il vuoto della buia galleria del solo sesso,
perché senza un piccolo dolce bacio e senza un tenero abbraccio
anche l'incontro di corpi più passionale e coinvolgente
si ridimensiona a mero istinto animale, semplicemente a niente.
Volevo dirti Grazie di questo piccolo, ma dolcissimo momento.
Trattasi di una goccia nell'oceano
di cui una donna e nessun uomo dovrebbe fare mai a meno,
ai fini di riempire il mare delle nostre esistenze nate,
nonostante tutto e tutti,per raggiungere l'apoteosi dell'amore.
Questo è l'amore a cui auspico...
Baci,carezze, complicità e dolci abbracci
e se un quid in più volesse entrare come uno spiraglio di sole
sarebbe soltanto la cornice del quadro più bello:
L'AMORE VERO.
Chissa'se prima di andare via per sempre lo troverò,
ma questo è l'amore in cui credo davvero.
(Domenica Saglimbene)
Salanitri Antonina
LA FAVOLA CHE HO NEL CUORE
Com'è dolce quest'aria stasera
sa di frutta che sta per maturare
e prendere colore.
Seduta qui all'imbrunire
penso al mio bisogno d'infinito.
Mi ci vorrebbe il cielo
ma un cielo tutto mio
dove andare a caccia di ricordi.
Do briglie sciolte alla mia fantasia
e mi perdo dentro il luccicchio del sole
che ammicca prima di tramontare
illuminando per un attimo il mio cuore.
Sogno mondi da salvare con parole nuove.
Penso a tutte le realtà che ho vissuto
camminando fra le grida silenziose della vita.
Bella o brutta, dire non saprei.
Me la racconto piano e me l'ascolto ancora
in ogni momento vuoto della mia giornata.
Mi racconto di amori immensi di splendore,
di quei vagiti che mi hanno riempito il cuore,
risento urla ,strepiti e risate,
chiamarmi mamma a volte dolcemente,
rivedo notti in bianco cariche di dolore,
ma tutti sentimenti della favola che ho nel cuore.
(Antonina Salanitri)
Salvaggio Carmelo
SCONFORTO
Considero i miei passi...
Hanno tendenza verso l’azzurro.
Il mio andare è segnato
dalla voglia di esserci e d’abbracciarti.
Farò del tuo silenzio
un dono al mio meditare,
del mio grido
si vestirà tutto l’intorno che ci circonda.
Il cammino intrapreso
va verso gli estremi spazi dell’inconscio.
Sopra il cumulo
eretto dai viandanti passati innanzi,
poserò la mia pietra di redenzione.
Chi potrà sublimare quest’umile pietra?
Chi poserà sull’ara il canestro delle mie miserie
per farne sacrificio al cielo?
Chi ascolterà il grido d’espiazione
perché diventi canto nell’estasi della perfezione?
È pesante il vuoto che mi offri...
Come zavorra l’ho legato alla coscienza
ed è troppo lieve la carezza delle tue mani
perché possa accettarne la rinuncia.
Vago senza meta su questo sentiero
ed urlano intorno a me accorate voci d’anima.
M’offre sostegno la tua mano
ma io scaglio pietre verso l’infinito.
(Carmelo Salvaggio)
Sammartino Francesco
MAMMA (Siciliano)
Di tantu in tantu ti vegnu a salutari,
sapennu ca un mi senti e un mi vidi;
lu fazzu pirchì …. un vogliu cchiù accittari
ca nun ci sì …. e tu mi po capiri !
Ti vidu ancora, comu fussi ora,
cuntenti nni la vigna a vinnignari;
e pensu a quannu u sonnu ti vinciva…
mentri aspittavatu a me frati ca turnava.
Misa a lu scuru finu a tarda ura
cull’ansia, ca lu cori ti stringiva,
pi vidiri , ancora di luntanu,
li luci di la machina a l’ arrivu.
J ti vidiva ‘mpena, e un parlava;
faciva finta j dormiri e sintiva
ca quannu po me frati rientrava
tu ti curcavi…. e iddru un ti vidiva.
Ora tuttu è diversu; e …. ogni matri,
Havi lu cellulari; e tempu un nenti,
basta nu squillu oppuru un messagginu
pi sentiri lu figliu dra prisenti.
La frasi ca tu stessa ti sciglisti
duna pi certu ca s’avi a riturnari;
e iu ca vogliu cridiri a sta cosa
di tantu in tantu vegnu a controllari.
Taliu ‘nsiccu, la fotografia,
‘ncuddrata nni stu marmu di carrara;
Comu aspittassi ca si cutulia,
pi darimi a vasata di la sira.
Tanti cosi ti vulissi diri,
e tanti antri vulissi addumannari ;
ma oi …. vogliu cridiri a la spranza
ca un jornu a mà parlari di prisenza.
(Francesco Sammartino)
Traduzione dell’autore – MAMMA. Di tanto in tanto ti vengo a salutare,/ sapendo che non mi senti e non mi vedi;/ lo faccio perchè …. non voglio più accettare/ che non ci sei …. e tu mi puoi capire !// Ti vedo ancora, come fosse ora,/ contenta nella vigna a vendemmiare;/ e penso a quando il sonno ti vinceva…/ mentre aspettavi che mio fratello rientrava./ Seduta al buio fino a tarda ora/ Con l’ansia, che il cuore ti stringeva ,/ per scorgere , ancora da lontano,/ le luci della machina all’ arrivo.// Io ti vedevo in pena e non parlavo,/ facevo finta di dormire e sentivo/ che quando poi mio fratello rientrava/ tu ti coricavi…. e lui non ti vedeva.// Ora tutto è diverso; e …. ogni madre,/ Ha il suo cellulare; e tempo un niente,/ basta uno squillo oppure un messaggino/ per sentire il figlio lì presente.// La frase che tu stessa ti sei scelta/ dà per certo che si deve ritornare;/ ed io che voglio credere a questa cosa/ di tanto in tanto vengo a controllare.// Quardo fisso, la fotografia,/ incollata su questo marmo di Carrara;/ Come aspettassi che si muova,/ per darmi il bacio della sera.// Tante cose ti vorrei direi,/ e tante altre te ne vorrei domandare;/ ma oggi …. Voglio credere alla speranza/ che un giorno parleremo di presenza.
Sandrin D’Ascenzi Oriana
SE! IERI SERA ERA AMORE.
Ora l'aurora
incupisce l'astro
tra le nubi spente
piange il mio cuore.
Nel pudico pensiero
langue un sospiro.
Di porpora il mio viso,
colora.
Se! IERI SERA ERA AMORE,
desiderio passione
alla luce del giorno
non s'è dissolto
come neve al sole,
socchiudo gli occhi
l'amor tuo ancor!
Mi sfiora.
Accarezzo il cuscino
come fosse il tuo viso.
Mi sembra di sentire...
il tuo calore il tuo respiro.
Appaga i miei sensi.
Non son più sola
nella stanza
una lacrima si ferma
nel mio sorriso...
le tue labbra si posano
sulle mie, l'estasi di ieri sera
non ha fine.
Se ieri sera era amore
oggi in me sorride
la speranza, di!
Camminare insieme
in riva al mare
mano nella mano
ammirando...
un tramonto
il nostro tramonto.
Tra le tue braccia.
IL PARADISO!
Ora.
(Oriana Sandrin D'Ascenzi)
Sandu Roxana Elena
TOAMNA PE O BANCA
Se odihneşte toamna pe o bancă.
M-am aşezat cuminte lângă ea
Ţinând-o strâns de mână
Sa nu plece.
Am aşteptat
Să curgă frunzele din ceruri
Să treacă rânduri, rânduri
Fecioarlele fertile
Cu coşurile pline de culori.
Am aşteptat
Să plece
Cocorii în săgeată,
Să curgă vinu –n pocalele de aur,
Să simt mirosul gutuii din fereastră,
Să-ţi pun pe fruntea ta iubito
Cununa toamnei noastre
De frunze ruginii şi de săruturi.
Da.
Am ţinut toamna de mână pe o bancă
Să nu plece.
(Sandu Roxana Elena)
Traduzione dell’autrice – L’AUTUNNO SU UNA PANCHINA. Riposa l’autunno su una panchina/ Mi sono seduta quietamente su essa/ Tenendo con mano stretta/ Per non andare via./ Ho aspetatto il fluire del fogliame dal cielo/ Attraverso filari e filari/ Delle vergini fertili./ Con i cesti pieni di colori/ Ho aspetatto/ Di andare via/ Come gru sfreccianti,/ Di versare il vino / In calici d’oro,/ Sentire l’odore di mela cotogna dalla finestra,/ Mettersi sulla tua fronte, amore/ La corona del nostro autunno,/ Di foglie colori come ruggine e baci./ Si./ Ho tenuto l’autunno per mano su una panchina./ Per non andare via.
Savarelli Giulia
RESPIRA
Virginia,
I tuoi occhi di pece hanno sete,
E la sete si sa,
Non si sazia a parole.
Ascolta,
Ogni fremito è un ballo,
E un ballo si sa,
Vol legare due corpi.
Respira,
Nel tuo ansimare si cela una sinuosa melodia,
E la tua musica si sa,
Parla di due anime perse.
Assaggialo anche tu,
Quel maledetto frutto proibito,
E quel frutto lo sai,
È inizio di ogni storia.
Virginia,
Tocca la mia pelle,
Che ogni tuo tocco lo so,
Mi rende appieno la vita.
Non far l'amore da sola,
Se dall'altra parte di una città in apnea
Io,
Sto facendo l'amore con te.
(Giulia Savarelli)
Savio Alfonso
NON FANNO RUMORE
Adesso ti darò un bacio, tesoro.
Di quelli che non fanno rumore,
di quelli che non turbano i sogni
ed il tuo sonno profondo.
E le mie labbra si posano piano
fra la fronte e i capelli sudati,
lì si arricciano per infondere amore.
Quando distese torneranno
respirerò quell'aria intrisa
del nostro acre odore.
E' solo un istante infinito
un semplice momento fuggente,
ma quello che provo mi ripaga
della giornata frenetica e stanca.
E' solo in questo frammento
del nostro tempo tiranno
che so di essere ancora vivo
e che voglio vivere anche domani.
E adesso una carezza leggera
fatta con la punta delle dita
che ti dia quella sicurezza
di cui hai tanto bisogno.
Che ti lasci scopltita
la coscenza che in ogni momento
che sia brutto, cattivo
o profondo e meraviglioso,
sarò sempre al tuo fianco
e la tua mano nella mia.
E la tua intelligenza,
come le tua grande bontà,
supererà ogni cosa maligna
ogni maledetta avversità.
E il tuo sguardo Divino
farà luce sul nostro cammino
con gli occhi assopiti e chiusi
sul mio fausto destino.
(Alfonso Savio)
Sberna Giovanni
SAN CATALDO
Nni la ma menti ‘na corda stritta a lu me' cori che mi aghiacca in un momentu
camminu da' cruci a u' monumento
tra un passo a l'antru taliu dra cruci pari ca' na' vuci mi spiega lu' scenario ...tale' u' me' paisi a lu calvario
bum bum fanno li tammuri
quanti caduti si fici lu'signuri
apprissu na'vara a vannia' che su' ruzzi
che li canti intrunavanu nilli vaniddruzzi
e li varcuni indrusciati viola spiegano l'avvenimentu
la spiranza duppu u' risorgimento
tutto ammunziddratu e' lu' paisi
E in capo a vara San Giovannuzzu ca' tuppia a tutti i chisi
E VIVA ! E VIVA SAN GIOVANNUZZU !
ma vidi chi tristi o so'facciuzzu
faciuzzu incuttunutu
forsi pi' li porti o pi' la genti ca' ha' vivutu?
E VIVA !E VIVA ! hez.. lu' sinchiuzzu
na'cantata e una vivuta
mi pari ca' i bar ci cusunu u'stridu cu' la porta spalancata e' graputa
D'arri' l'acchianata di San Giuseppe
aspetta a Catina ca'non vidi l 'ura
di lato l'orolo' ca' l'ura non dici
e BUuuM l'ultima porta alla Matrici
E VIVA E VIVA ....! e ....una parulazza
ca' mischinu acchianatu e scinnutu pi' la chiazza
e avanti e na' ri' mancu la' abbrazza
lu chiantu dilla' sunata di Mari'
cumu su'cantu su' lamendo mi trasi ddra vuci
spina e chiova appizzati in cruci
Vita cumu vara vaiu a muzzu
A muntata cumu la vara di San Giovannuzzu
si ! picchi' sugnu vasciu! e' picciddruzzu incapu sta vita bella e amara e mi lamintu!
Ca'cumu ù santu tuppiu ...tuppiu tutti li porti pi'lu' travaglio!
acchiano e scinnu e mancu l'ancagliu
camminu ...camminu cumu un vacabunnu
nu sacciu chiu' chi fari ni stu munnu!
MI NNIE' GHIRI ...MI NNIE' GHIRI arriva' lu tormentu
mentri arrivu fermu isu lucchi a u monumento
patriota di guerra cu' ‘u calici vacanti di libertà in capu lu' falcu cu l' ali graputi nella sua maestosità
Si mi nnie' ghiri ! Mi nnie' ghiri!tanti strati e tanti mura ...Stu' paisi è murtu !cumu lu'signuri!
la vara ma' ammutta li guttuna
e spriri..! a cercari a me fortuna
E poi na'vuci na'cumparsa sutta li scaluna
cumu un angelo senza pinni
tale' Arcangelo Penni penni
cu'lu fiascu ammucciatu nilla maglia mi dici:
VACABBUNNU VA' TRAVAGLIA !
e cumu scheccu na'staddra TANIDDRU BLO'
na' vuci ci sferra VACCI TU CA' A MI MANNOIA
boooo!
e propio BLO' sutta lu birrittu ammuccia la pipa e nesci lu itu nilla tasca
A TI PURI T 'ANNOIA SITI CUMU LI PICURUNA CA' ALOROLO' CI INCHIAPPASTIVU LI SCALUNA !
E PENNI: sinchiozzannu s'ammisca un sursu di fiasca hez..
NON AVITI SCUSI hiz.. ! NON VIDITI CA' L'OROLO' I LANCETTI MANCU LI SUSI ?hizz..
SUGNU CUMU A TI ! VIVU E MINNIFUTTU !hiizz...
Glie'tta'l'arruttu... e Taniddru chi si fici bruttu!
E' vero ! li lancetti nu li sussi
si stannu pirdinnu i detti e gli usi
Abbrazzettu sinni iru e' arrista' la storia !
VACABUNNU VA' TRAVAGLIATA
VACCI TU CA' A MI' MANNOIA
miii che paranoia !
Dra' sciarra nilla m'è menti
nu' cori un fasciu di sentimenti
E'vero non si senti na'vuci mancu dru' cantu
San Catallo ca' unnavi nenti mancu lu' santu
Ni lu me' cori sciugliu la trizza
grapu li porti e viu a so' biddrizza
e'cumu u' signuri na'speranza
arrestati mi dici u me'paisi
(Giovanni Sberna)
Traduzione dell’autore – SAN CATALDO. Un pensiero nella mia mente,/ come corda stretta al mio cuore/ che m’avvinghia in un momento./ Cammino. Dal Crocifisso al Monumento./ Tra un passo e l’altro guardo la croce,/ par che una voce dipinga lo scenario./ Il mio Paese, visto dal Calvario./ “Ma guarda, guarda come vive tanta gente La Scinnenza”/ BUUM! BUUM!/ Rimbombano i tamburi./ Quante cadute patì Nostro Signore!/ E dietro, a dispetto e in tutta fretta: “Che grezzi!” schiamazzano le genti./ Dispersi rintronano tra viuzze quei lamenti./ I balconi coperti da livide lenzuola rivelano la ricorrenza./ La paziente attesa prima della Rinascenza./ Accalcato e pregno il paese a lutto, e sulla Vara/ San Giovannuzzo, che bussa tra le Chiese le cui porte si mantengono serrate./ “Evviva, Evviva San Giovannuzzo!”/ Lamenti ancora)./ Tanto ha pianto il volto affranto/ Forse per le porte chiuse a sfregio
o per il vino di chi in strada ha abusato, e tanto!/ Evviva! Evviva San Giova…inch!/ Pure il singhiozzo!/ A dispetto: Un bicchiere e un canto,/ solo il bar apre le porte al Santo./ Poi via, dietro la chiesuola votata a San Giuseppe/ Poi più su, a mendicare L’ Impaziente Madonna della Catena/ E poi alla remissiva Torre dell’ Orologio, di rintocco muta./ E BUUM! L’ultimo schiaffo alla Madrice!/ Evviva!? Evviva ‘sta Min..! ma poi offesa non dice!/ Chè, sventurato, ha vagato e domandato a mille porte.
Nè L ’accorato “Pianto di Maria” addolcisce la sua sorte!/ quella sonata come amento entra una voce/ come spine e chiodi nella croce/ la vita pesante come il peso di una vara si cammina a tratti/ per fatica in salita come usanza la vara di San Giovannuzzu/ Anche io mi chiamo Giovannuzzo, anche io sono basso e piccoletto E lamento che come il Santo chiedo di porta in porta,/ senza lavoro ero, e tal rimango./ Corro e sbatto, ma senza uscita, in questo mondo. E tale resto, un vagabondo./ Devo Fuggir da qui! Fuggire!/ Eccolo, il mio tormento, giusto mentre osservo il Monumento,/ Patriota, e di questo fiero, innalzante un calice scevro di libertà./ E ancor più sopra, il Falco, ali aperte in gran maestosità./ “Si! Si! Devo scappar dal mio torpore,/ Tra le strade, dietro i muri tutto è morto, come nostro Signore.”/ E la vara mi preme forte sul magone./ Devo andar via, cercar fortuna altrove./ Ma poi avverto una voce, dietro la scalinata/ Come un angelo senza piume/ Mi giro: “Ma sei Arcangelo PenniPenni!”/ Con il fiasco ben nascosto nel maglione abbottonare, guarda e dice: Vagabondo vai a lavorare!/ E come l’asino oppure il mulo, ben celato in una stalla,/Taniddru(Gaetano) Blò una voce gli getta: Vai tu che a me dà noia!/ Il Bue che dice cornuto all’asino? Boh!/ Ma è proprio Blò che sotto il berretto la pipa nasconde puntato il dito uscito in tasca dice:/ “ Lavorare? Anche a te dà noia…”/ “Siete come i pecoroni, all’ Orologio lerciaste i tarozzi/ E PENNI :sinchiazzando tra vari sorsi di fiasco ...hez:/ Non avete scuse,hiz.. non vedete che la torre ora non batte? hizz.../ Sono come voi, Mangio, bevo. E me ne fotto hiizz.../ emana il rutto e Taniddu (Gaetano ) che si sdegno'con viso brutto/ È vero, le lancette non muovono da tempo,/ Il disagio è tradizione antica, ma d’alterigia madre c’è ormai svanita traccia./ sparirono a braccetto i due personaggi ma restò la storia!/ Vagabondo vai a lavorare! Vai tu, che a me dà noia!/ Mamma mia, che paranoia./ E il fantasioso alterco ormai concluso, divien angustia al cuor di sentimenti./ Ma c’è del vero! Né campane né tantomeno il canto,/ soltanto San Cataldo, che niente possiede, neanche il suo Santo./ Dentro al mio cuore sciolgo la treccia, apro le porte e alla sua bellezza una breccia,/ e come il Risorto m’aggrappo alla speranza./ “Rimani”/ m’implora/ il Mio Paese.
Scaloni Marco
GIADA DI MARZO
Una stanza, una sola finestra
durante un tramonto di primavera,
nel giardino la soave ginestra
contemplo in quiete sino alla sera.
La luce del sole dorata e vermiglia
distesa si posa sulle corolle:
fianco a fianco davanti la soglia
sembrano brillare come le stelle.
Lì nell’angolo, in tutto il suo candore,
ecco rigoroso il mandorlo in fiore.
Un delicato manto di neve floreale
ha dato a un rigoglio il suo primo natale:
sguardi innocenti si sono accostati,
troppo acerbi ma già innamorati.
Elegante è il volo della colomba,
così una carezza che sfiora le dita
giorno dopo giorno, per tutta la vita,
mentre il tempo con rintocchi rimbomba…
In natura tutto inizia e tutto finisce
tranne l’amore, che mai svanisce.
Oggi contemplo, sola, il ricordo del mio amato
e ancor di più l’amor vivo che ho provato.
(Marco Scaloni)
Scarcella Stefano Giuseppe
COL PRESENTE E L'INFINITO
Ho l’eterno, sul palmo della mano
l’addormento caldo sul tuo cuore,
a lungo, fino al bastone di vecchiaia
Non posso temére questo secondo
se il cielo bacio perpetuo,
tela immortale al rondò di gabbiano
Reggo il filo, delicato, di ogni amore
tutti lo tessono a ragno, nel vuoto,
leggerezza del mio tempo che finisce
L’attimo mi si congiunge al respiro
solenne pennellata d’artista,
ho l’eterno, l’infinito, e non son vinto
(Stefano Giuseppe Scarcella)
Scartozzi Luigi
DONNA SALMASTRA
Eri fatta di sale,
lussuosa e festiva con intenzioni artistiche troppo gracili.
Proprio come l'acqua salmastra
cambiavi forma e colore per non mutare mai.
Imitavi il colore del mare
senza però averne grandezza e trasparenza.
Del mare non conoscevi neppure il vento calmato,
non invidiavo il tuo cedere ai soffi,
l'urtare rabbioso tra le scogliere.
Eri una donna di sale
ma con un profumo selvatico che adescava persino le Sirene.
Luminosa come l'acqua della fonte ostile come gli oceani.
Caduto poi finalmente l'ultimo maestrale
avevo guardato a lungo quel tuo mare profondo
senza però riconoscerne il profilo.
Troppo sale ti aveva restituita estranea alla riva.
Ora ti dicono ormai spoglia di ogni pudore,
decadente tra braccia altrui,
perduta nelle notti di falsa vergogna.
Ma perdersi ci sta.
Sapevo di perderti spesso,
sapevi di perdermi spesso.
Ma se su strade nuove sarai,
io sarò.
(Luigi Scartozzi)
Sciacca Domenico
*** (siciliano)
Quannu cunfidai a mo matri ca mi ni stava iennu,
u capìu e m’aiutau vuricannu sutta a seggia ogni lamentu...
“Mettiti a sciarpa, ddà fa friddu!” – mi dissi –
“E cecca di fari a pirsuna ranni, iu non ci sugnu pî lavariti i robbi!
È nautru munnu chiddu ca trovi, ma tu cchianici,
fui e non fumari, câ saluti non ci babbiari!”.
E uora mi femmu:
– l’umbra ‘i ‘na fotu arizzata tra ginestri e turrizzi di lava
mi gnissa i caccagni a ‘na panca –
eru carusu, sulu, ancora n’ava jutu a nudda banna.
Di innaru pattii cû trenu,
ddu minuti ‘i saluti – appena isatu u finistrinu –
smuddicaru u corridoiu ntê pinnulara ‘i centu lustri.
‘N stizzeri d’aria motta (strantuliatu cû l’occhi ammenzu ê lazza dê scappi)
fu lestu a vuci de cristiani a lat’ ‘i mia;
– unchi ita dô nvennu – ciminìi e pali ‘i cimentu
lanzati a scusiri nuvuli di vitru pistatu
supra a ‘ncustanza firrusa dô mari,
e di sècutu gallerii prissati e cutti comu i naschi dâ spiranza,
unni ‘n silenziu di ruggia dipurtava luntananzi
ribuccati dê costi dô scuru.
Nautra fimmata e ancora potti apetti, inocchia stritti
e friscuni a rimunnàri dô jonnu i cannarini.
U cielu è uora ‘n stottu ritagghiu dô rispiru
rantu l’ossutu sbadigghiu viddi dê munti.
Intantu a luna fiddìa campagni,
saliannu attàgghiu ê binari
spini ‘i ficudìnia,
e vogghia d’arrivari.
(Domenico Sciacca)
Traduzione dell’autore - ***. Quando confidai a mia madre che me ne stavo andando,/ lo comprese e mi aiutò seppellendo sotto la sedia ogni lamento … / ”Indossa la sciarpa, là fa freddo!” – mi disse – / “ E cerca di comportarti da persona matura, io non ci sarò per lavarti ipanni! / È un altro mondo quello che troverai, ma tu salici, / corri e non fumare, con la salute non ci scherzare!”. // E ora mi fermo: / – l’ombra di una foto inanellata tra ginestre e piramidi (etnee) di lava / mi ingessa i talloni ad una panca – / ero ragazzo, solo, ancora non ero andato in nessun luogo. // A gennaio partii col treno, / due minuti di saluti – appena alzato il finestrino – / sbriciolarono il corridoio tra le ciglia di cento lustri. / Un gocciolio d’aria morta (scosso con gli occhi / fra i lacci delle scarpe) fu presto la voce delle persone accanto a me; / – enfie dita dell’inverno – comignoli e pali di cemento / scagliati a scucire nuvole di vetro pestato / sulla discontinuità ferrosa del mare, /e a seguire gallerie compresse e corte come le narici della speranza, / dove un silenzio di ruggine/ deportava lontananze tracimate dalle costole del buio. // Un’altra fermata e ancora porte aperte, / ginocchia strette e fischi acuti / a potare del giorno le giugulari. // Il cielo è adesso un impreciso ritaglio del respiro / lungo l’ossuto sbadiglio verde dei monti. // Intanto la luna sfiletta campagne, / spargendo vicino ai binari / spine di fichidìndia /e voglia di arrivare.
Sciascia Cannizzaro Alice
VIAGGIO DENTRO SE STESSI
E cosa hai visto dietro l’orizzonte?
Voli?
ti fermi a pensare a te stesso?
Ti rendi conto che forse non sei niente,
sei terra che col tempo non germoglia,
sei sole che col freddo non riscalda,
sei aria che non si può respirare,
da qui riparti!
È stato giusto anche sbagliare.
Cercati aggrappandoti alle membra di chi ha voglia di scoprirti,
sognati quando gli occhi sono chiusi e i piedi fissi al suolo,
Aspetta su una rupe quando il vento ti permette di spiccare il volo.
Come una poesia che prende forma con le parole,
tu prendi forma con i sospiri, con le lacrime e con il sudore,
E non rinunciare all’ansia, alla gioia, o al dolore.
Rispetta il tuo corpo che è la casa della tua anima,
mantienilo accogliente e decoroso
per garantirle un buon riposo.
Rispetta la tua anima che abita nel tuo corpo,
non svenderla facilmente perché è fuoco sempre ardente.
Adesso sei pronto a guardar dietro l’orizzonte,
ora sì che puoi volare!
Ti rendi conto che sei forte e non esiste cosa che ti possa ferire o turbare.
(Alice Sciascia Cannizzaro)
Scordino Marisa
AUTUNNO
Dolce autunno, dalle giornate tiepide e serene,
ricco di frutta odorosa,
quanto somigli all'età matura....
ad un viso bello ma solcato leggero dalle rughe
che sorride melanconico,
ai capelli bianchi…
alle membra un po'stanche ed intorpidite.
Come te indossa un gran mantello.
E mentre il tuo è intessuto di foglie,
quello dell'età matura nasconde, tra le sue ricche pieghe,
le delusioni, gli insuccessi, le piccole paure,
mostrando spesso a tutti un volto pacato e sereno.
E come tu, o autunno,
indugi a riscaldarti agli ultimi scampoli di sole,
così lei si riscalda al pensiero della gioventù trascorsa,
cercando di trattenerla
per poi poterla ricordare nei freddi di' della vecchiaia.
(Marisa Scordino)
https://www.facebook.com/marisa.scordino.5
Sessa Sgueglia Cristina Pia
E’ FOLLIA…
Nella follia ti sprigioni smarrita
Poetando tu corri lontano
La penna ti prende la mano
È follia… ma da’ senso alla vita
Scalza…sulla sabbia bagnata
Non celare la tua nudità
Nel ricordo che mai finirà
Poi… ritorni nel corpo annientata.
E’ la vita del mondo terreno
Che ti maschera …in quello che vuole
Ti confonde…di tante parole…
Poi… ti stringe nel grande suo seno!
(Cristina Pia Sessa Sgueglia)
Siani Stefania
AD ALI SPARSE
E cosi mi ritrovo
seduta su questo scoglio,
ad ali sparse
il vento mi sfiora e fugge,
girandosi appena a sibilare.
Seduta a raccogliere
briciole cadute,
da pensieri frantumati.
Seduta in attesa
che il sole asciughi
le mie penne scure.
Non attendo galeoni
che accolgano
muti richiami,
né gabbiani
che portino pesci in dono.
Resto seduta
su uno scoglio,
ad ali sparse
raccogliendo
brandelli di pelle e cuore.
Resto seduta solo un po’
prima di ripartire,
prima di puntare al cielo
e riprendere il volo.
(Stefania Siani)
Sirch Francesca
ANIMA RIBELLE
Nata nella polvere
Di un giorno qualunque
Ne gioia ne pace
Stridore di suoni acuti
Attorno al tuo giaciglio
In una giungla senza regole
Lotti per difenderti
Graffi l'anima
Di chi ha strappato
Il tuo cuore
Parli la lingua della giungla
Non v'è maschera sul tuo volto
Solo due grandi occhi tristi
Che han visto troppe macerie
Di chi col sorriso semina odio
E raccoglie indifferenza
Nella più grande solitudine
Del genere umano.
(Francesca Sirch)
Sodano Rosa
CHE COSA RESTA..
Passi..
..foglie secche tremano sotto i piedi.. è un paradiso invecchiato in un battito di ciglia....
Il tempo ha scolorito la scritta di un tenero benvenuto...
segno di un grande amore...
.. il quadro appeso nella stanza nuda parla... onde di mare ...sole.. qualche vacanza fa..
altri nudi solitari si succedono.. altre stanze vuote.. . altre tracce alle pareti..
.. ogni chiodo ha un senso.. resta il mio perimetro di cornice vuota... fantasma di cappelli..altre storie...altri contenuti ..
Il tempo invecchia le cose... mentre impazza la vegeta che domina.. irrompe...
Il fruscio di lucertola sfrega le foglie... sfreccia riparando altrove ..
Il silenzio mi strazia.. è troppo quieto. ..
.. è strano ..
.. troppo fermo.. immobile... m' assiste muto..
.. tracce di paradiso ovunque nel labirinto intarsiato a larga mano...
.. mi estraneo...mi arretro... mi manca il respiro ...
(Rosa Sodano)
Sorcinelli Alessandra
MECCANISMI
Cuori chiusi o stresso cuore
cuori chiusi senza amore
con amore che rinchiude
con amore senza cuore.
Con lucchetto a suggellare
con sigillo ad impalmare
con le chiavi da buttare.
La filiera dell’amore.
Ma se spezzi la catena
ma se guardi oltre la rete
gorse il cuore si riapre
forse esiste anche l’amore.
Siamo solo delle chiavi
per arcane serrature
che non ci è dtao capire.
La catena dell’amare.
(Alessandra Sorcinelli)
Spera Maria Rita
CONTO
Con gioia si mise
a fare un conto.
Poi quel conto
Non contò più.
Ma il conto
Non sembrava un
Racconto raccontato.
Ma quel conto non
Venne registrato.
Quel conto era
Un conto che,
sembrava un racconto…
(Maria Rita Spera)
Spiaggia Giovanna
IO
Sono una creatura
la mia prigione,
pioggia nell'anima.
Datemi le mani,
il tempo, i sogni,
emozioni in superfice,
le mie occasiosi
senza pensieri,
raffiche di vento sulla spiaggia,
tempesta in arrivo
ed autunno
è un dolce dormire
(Gianna Spiaggia)
Sposito Claudio
A MIA MADRE
Eccoti qua
Gioia riflessa nei tuoi occhi
Felicità che accarezza le tue labbra
Amore profondo nel tuo cuore.
Grazie per
La tua anima che non invecchia
La tua vita che trasmette forza
il tuo profumo che sa di speranza.
Vivi ancora
Perché sei tutto il nostro destino
Perché seo il colore nelle nostre case
Perché sei semplivemente nostra madre.
(Claudio Sposito)
Squander Korin (Romania)
POETIZARE PERVERSĂ
Ochii mei se reazemă supuși de țărmurile reci ale nopții
mâna ta e o mângâiere călduță
în furtuna minții mele ostenite
visele mele se rup și se leagă înapoi
într-un nemărginit potir al sufletului
brațe, mâini, fibre, piele stau încolăcite,
flămânde să se nuntească
într-un singur trup;
ca o risipire de nervi
viziunea se întunecă
lumina se stinge treptat
se mai aprinde în răstimpuri
cu scurte chemări de far.
drapată într-o sobră demnitate
Sapho, perversa, se poetizează
jucându-se goală și rece
în lanuri de secară
dansul la bară n-a fost inventat pentru ea!
(Korin Squander)
Traduzione dell’autore - POETIZARE PERVERSA. I miei occhi sono trattenuti dalle fredde sponde della notte/ la tua mano è una calda consolazione/ nella tempesta della mia mente ferita/ i miei sogni si spezzano e si legano/ in un calice infinito dell'anima/ braccia, mani, fibre, pelle sono arrotolati,/ affamate di sposarsi/ in un solo corpo;/ come uno spreco di nervi/ la visione si oscura/ la luce si spegne gradualmente/ si accende ancora di nuovo/ con chiamate brevi./ drappeggiata in una sobria dignità/ Sapho, perversa, si poetiza/ giocandosi nuda e fredda/ nelle gamme di segale/ la danza al bar non è stata inventata per lei!
Traduzione in inglese dell’autore - PERVERSE POETRY. My eyes are restrained by the cold shores of the night/ your hand is a warm consolation/ in the storm of my wounded mind/ my dreams break and bind back/ in an infinite chalice of the soul/ arms, hands, fibers, skin are coiled,/ hungry to get married/ in one body;/ like a waste of nerves/ the vision darkens/ the light turns off gradually/ it still lights up again/ with short beacon calls./ draped in a sober dignity/ Sapho, perverse, poets/ playing naked and cold/ in rye ranges/ the dance at the bar was not invented for hes!
Stamenova Kristina (Macedonia)
ЦИКЛУС
Нашите раце се обидуваат да се пронајдат
додека животот одминува
меѓу сликите на универзумот.
Кој си ти? Која сум јас?
Кои сме ние?
Срцебиењето на новороденчето сме,
првата пролетна роса.,
ветрот што ги одвејува црвените лисја
и душата на мртвите.
Ние сме две осамени ѕвезди на небото,
толку блиски, а сепак далечни.
(Kristina Stamenova)
Traduzione dell’autrice - IL CICLO. Le nostri mani si cercano/ mentre la vita si sparge/ tra immagini dell’universo/ Chi sei tu? Chi sono io?/ Chi siamo noi?/ Siamo il battito del cuore del neonato,/ la prima rugiada priamaverile,/ il vento che porta via le foglie rosse/ e l’anima dei morti./ Siamo due stelle abbandonate sul cielo,/ così vicine eppur tanto lontane.
Stan Lidia
GLI ANGELI
Tu eri
un Angelo nero
no, non Angelo della notte
eri proprio
come un cioccolato.
Dal tuo animo
traboccava l'amarezza
e la bontà
Con gli occhi rossi
cercavi il sole
con le mani nere
altre mani
Non importavano
i colori
Vicino a te
seduti
erano altri Angeli -
gialli; bianchi, rossi, verdi. ..
Peccato
che tanti non
vedono tutti colori
Solo i bambini
disegnavano Angeli
in colori diversi
perché i bambini
sono Angeli
(Lidia Stan)
Stan Maria Magdalena (România)
IUBITĂ MAMĂ…
Cum aş putea să te răsplătesc vreodată
Pentru toate sacrificiile ce le-ai îndurat,
Ca să-mi întinzi la picioare lumea toată
Să-mi oferi în societate locul binemeritat.
Ai scrijelit chipul meu în genunea minţii tale
Sufletu-ţi chinuit fără tăgadă l-ai amanetat,
Inima-ţi rănită picura umplând pocale
Dar nu te-ai oprit nicicând, ai continuat.
Ai renunţat la viaţa ta pentru viaţa mea
Cu seva existenţei tale pe mine mă hrăneşti,
Nu ştiu, maicuţă, de unde mai găseşti puterea
De dor şi suferinţă să mă lecuieşti.
Mi-ai dăruit trăiri de maximă intensitate
Cu patos şi încrâncenare te-ai sacrificat,
Pe chip îţi citeam, uneori, suferinţi bine mascate
Pe-altarul iubirii sentimentele le-ai glorificat.
O singură prajitură de se-ntâmpla a avea
Mi-o ofereai spunând că nu ţi-e poftă,
Când eram mică mintea mea nu-nţelegea
Războiul lăuntric ce-ţi pulsa în aortă.
În maratonul iubirii cu care mă-nconjori
Ai uitat să mai ai grijă şi de tine,
Te rog, măicuţă, nu te mai neglija
Căci prea multă nevoie am de tine.
Iartă-mă de ţi-am greşit cu vorba,
Iartă-mă de ţi-am greşit cu fapta, uneori,
Iartă-mă dacă nu ţi-am răsplătit jertfa,
Iartă-mă că te-am secătuit de puteri deseori!
Eşti darul cel mai scump pe-acest pământ
Eşti îngerul meu iubit cu aripile frânte,
Ţi le-ai smuls să mi le oferi acoperământ
Viaţa ţi-ai transformat-o într-o continuă servitute.
(Maria Magdalena Stan)
Traduzione dell’autrice - CARA MAMMA. Come posso mai ringraziarti/ Per tutto quello che hai fatto per me,/ Per avermi dato tutto il mondo ai miei piedi/ e in società il posto meritato.// Mi hai dipinto lo sguardo nella tua mente/ Il tuo cuore l’hai sacrificato e poi l’hai ammanettato per me/ Il tuo cuore lascia le sue gocce riempire i vasi/ Però tu non ti sei mai fermata sei andata avanti così...// Hai rinunciato alla tua vita per la mia/ Con la tua anima tu mi fai vivere ogni giorno/ Non so mamma da dove trovi tutta questa forza/ per curarmi l’anima e il dolore// Mi hai fatto vivere emozioni forti e intense/ A volte nel tuo sguardo trovavo sofferenze ben nascoste../ E dall’altra parte amore,/ chee hai fatto rivivere nei tuoi sentimenti// Se c’era un solo dolce tu me/ l’offrivi dicendo che non ti piaceva../ Quando ero piccola non me ne accorgevo di tutto quello che accadeva/ La guerra che tu avevi nella tua anima.// Nella maratona d’amore con la quale mi circondi/ Ti sei scordata di avere cura di te stessa/ Per favore ricordarti di curarti di più fatti trascinare / Dall’amore che io ti porto// Scusa se a volte non mi sono comportata bene e ti ho fatto arrabbiare/ Scusami se ho sbagliato qualche volta/ Perdonami se non ti ho mai ringraziato come si deve/ Perdonami se a volte non avevi più fiato..// Sei il regalo più grande del mondo/ Sei il mio angelo custode con le ali strappate/ Le hai strappate per darmele a me/ La tua vita l’hai vissuta in un continuo servizio per gli altri
Stoica Dorina (Romania)
TERTIPURI COTIDIENE
Niște stele puse pe șotii fac trecătorilor cu ochiul.
Sunt atât de trează încât orașul îmi apare ireal
și mă înțeapă cu toate colțurile străzilor întunecate
prin care haite de câini se împerechează haotic.
Caut cu disperare o pastilă de diazepan.
O turmă de nori stau gata să se prăbușească peste oraș.
Soarele se adapă din fântâni din ce în ce mai adânci.
Matinală îmi scriu fără diacritice viața pe blog, apoi
scot aripile din șifonier. Sunt boțite și mâncate pe alocuri
de molii. Le scutur. În nări înflorește un lan de lavandă.
Cu ochii mijiți, mă privesc în oglindă. Mă văd
din ce in ce mai obosită. Mi-aș dori să nu-mi mai cadă
toți pixelii în depresie,
să nu mai plâng de mila licuricilor
când noapte de noapte îi strivesc sub tălpile papucilor
din plastic. Încep o nouă zi.
Catisme,
icosuri, condacuri, mătănii,
în dangăt de toacă
în sunet de clopot,
cu frenezie
pănă la os,
până la rană,
până la lacrimă
îmi crește o biserică direct din inimă!
La spitalul de urgentă o mulțime de tinere
stau să nască niște copii ai fricii ce vor plânge
până vor primi o nouă șansă, ori până ce vor
găsi o țară normală și o casă a sperantei.
(Dorina Stoica)
Traduzione dell’autrice - USANZE QUOTIDIANE. Alcune stelle stanno giocando con i passanti./ Sono sveglio e la città sembra irreale/ con tutti gli angoli delle strade buie attraverso/ il quale i branchi di cani si accoppiavano in modo caotico./ Cerco disperatamente una pillola di diazepano./ Un gregge di nuvole è pronto a crollare sulla città./ Il sole viene alimentato da fontane più profonde./ Matinal scrive il mio blog senza accenti, quindi/ Prendo le ali dall'armadio. Sono doloranti e mangiati a volte/ di falene. li scuoto. Nelle narici sta fiorendo una catena di lavanda./ Con gli occhi della mia mente, mi guardo allo specchio./ Capisco stancarsi vorrei non cadere/
più tutti i pixel in depressione,/ per non lamentarsi della misericordia delle lucciole/
quando la notte li scuote sotto le suole delle/ scarpe plastica./ Sto iniziando un nuovo giorno con le preghiere/ nel suono della campana,/ con frenesia fino all'osso,/ fino alla ferita, allo strappo/ Cresco una chiesa direttamente dal mio cuore!/ All'ospedale di emergenza un sacco di giovani daranno/ alla luce alcuni bambini della paura che piangerà/ fino a quando non avranno una nuova possibilità,/ o finché non troveranno un paese normale e una casa di speranza.
Tagliabue Antonella
NEL VENTO CALDO DI FOEHN
Continueranno a gemmare sui rami
ora sono caduche foglie
l’autunno ritarda i suoi tempi
e mescola gradazioni nell’aria.
Gioca con l’alba ambrate miscele
e nella luminosità del giorno
disegna col sole inconsuete cromie
sulla tavolozza del vento di foehn.
Sfrecciano scie d’aerei limpida e variegata
di traslazioni sbilenche è la sera,
uno sciame infuocato di rara bellezza
è spalmato sul ventaglio del cielo
vivace in sosta al tramonto.
Cala il sipario del sole e in traiettoria
affiora una palla di luna
d’intensità silenziosa nel tepore del vento
espande profuso chiarore.
Insolita avvolta da un alone di luce e mistero
superba per le vie della notte rischiara
con la scia delle stelle
anche la direzione dei sogni.
(Antonella Tagliabue)
Tarallo Rosanna
14 AGOSTO (a Genova)
Oggi una stella mi ha tradito
Disarcionando il mio sogno
Venuto da lontano
Lo ha scaraventato giù
Senza pietà
Affondandolo nel buio del nulla
Disperato il mio sogno
Ha pensato di svanire
Nella gabbia di acciaio e cemento
Polverizzata come briciole di meringa
Violentata da mani malvagie
Disintegrata in un attimo infinito
Ma il mio sogno non è morto
Vola su nella memoria
Trasportato dal vento
Ora viaggia su un’altra stella
Lo vedo brillare
Lassù
Tra milioni di stelle
(Rosanna Tarallo)
Tardino Giuseppe
CIPRESSI
Oh voi cipressi alte e imponenti sentinelle della città dei morti,
con le vostre cime che ondeggiano al più lieve soffio di vento
custodi siete di questo lembo di terra,
confine fate con chi ancora calpesta l’altra sponda, nell’attesa:
chissà quando?
Arriva il suo ultimo giorno.
Vigili guardie senza muta siete.
Tutti i giorni alla stessa ora vedete il solito custode aprire
il cancello e dall’alto in fondo alla via osservate con un gemito
sussurrato:
<<Chi verrà oggi a tenerci compagnia?>>
Tutti ospitate:
bambini che hanno lasciato i giocattoli
candide ali date loro, e volando lieti
accompagnati da serafini con armoniosi canti
a giocare vanno all’asilo dei pulcini
felici insieme giocano con gli altri bambini
sapendo che la classe non si può cambiare
e per sempre resteranno teneri angeli e gioiosi bambini.
Giovani imprudenti dalla vita stroncata:
che premura avevate d’arrivare al traguardo sbagliato?
Ma accelerando, via avete sbagliato
e prima dell’ora stabilita siete arrivati.
Quanto strazio c’è nelle vie.
Riflettiamo e senza correre aspettiamo la chiamata di Dio.
Operai deceduti sul posto di lavoro,
la moglie aspetta invano a pranzo o a cena,
lui non arriva; al suo posto la triste notizia
che nessuno vorrebbe sentire.
Donne, uomini di qualsiasi età
colpiti da un maligno e incurabile male,
tutto lasciano affidandolo al destino.
I vecchi che hanno tanto da raccontare
stanchi del cammino, gli ultimi sono ad arrivare.
<<Perché dietro mi avete lasciato? Non mi potevate aspettare?>>
Così, cari cipressi, il sole vedete tramontare.
Buia si fa la notte e tutto tace,
nel tranquillo silenzio voi vegliate,
capaci non siete di chiuder un occhio.
Il vostro incarico fedeli lo svolgete.
La notte passate vigili e attenti,
l’aurora spunta e voi site sempre presenti.
Arriva il compito del solito becchino.
Nessuno c’è lungo il viale
e a poco a poco qualcuno vedete arrivare
a passi lenti con un fiore in mano.
Ci sono anch’io tra quella gente.
Scendono dagli occhi lacrime d’amore:
mia figlia è viva dentro il mio cuore.
Tengo in mano un tulipano,
il fiore da Rita preferito.
Questo bianco fiore a te ho portato.
Candido fiore d’amore non appassire,
fai compagnia a mia figlia più che puoi,
messo nel solito vaso con una lacrima di pianto l’ho annaffiato.
Oltre questo cosa posso fare?
Solo pregare.
Triste esco da questo luogo
con gli occhi rivolti al cielo.
A voi cari cipressi invoco
quando andrò a far compagnia
ai cipressi della terra mia
con il vento manderò messaggi
a Rita mia
lei risponderà:
<<Con te vicino sono in buona compagnia>>.
(Tardino Giuseppe)
Targelia (pseudonimo)
ATTO INFINITO
Gioco senza fine
Ballo senza fine
Cos'ha in realtà un fine?
Niente ha un fine
Tutto è soggetto all'infinitudine del corpo
Poiché sostanza infinita
Che si muove in spazi temporali definiti
Dalla nostra ragione
Infinita.
Illogico o logico?
Eterno contrasto tra la moralità del giusto e l'immoralità delle errate scelte che avvengono
Secondo precisi dettami a noi incomprensibile poiché infiniti.
(Targelia)
Tarsi Antonio
IL LUME
il nostro lume non passa più su per le scale
il nostro camino non fuma più nelle lunghe gioiose sere d’inverno
in cucina gli odori i profumi scomparsi
i nostri letti composti
nei loro lettini i nostri piccoli non dormono più
non sognano più sorridenti l’alba che verrà
il loro primo giorno di scuola di asilo
la dottrina la domenica
i suoni delle campanelle
nel cuore della notte non si sente più
-mamma … papà …
-voglio bere . . .
-mamma… ho fatto un brutto sogno…
-dormi figlio mio piccolo mio
-diciamo insieme una preghiera alla Madonna nostra
-a san Giuseppe nostro
-che non passa più sotto le nostre finestre a braccia aperte
d’estate nessuno si tuffa più nella vasca di famiglia
nessuno nel mare
in bagno non scorre più l’acqua
Roby Gel quello dei gelati passa diritto
la vecchia renault è proprio ferma
il profumo del pane caldo è chiuso nel forno
amori perduti lontani dispersi
amori mai più ritrovati
amori divisi bloccati amori fra due mondi
amori senza tempo
nessuno viaggia più
nessuno è atteso la sera
gli amici le amiche lontane
le suore emigrate
il sacerdote non passa più
-non ci chiami più
i nostri medici di base hanno cancellato i nostri nomi
l’anagrafe non ci conosce più
non sentiamo più freddo né caldo
non prendiamo più treno aereo pulman
la pioggia non batte più sulle nostre finestre
sul nostro tetto
i telefoni non squillano più
i cellulari spenti non raggiungibili
il postino ha bussato già alla nostra porta
-anzi vi dico non bussate più in via Grottella
l’orologio della piazza ha già suonato le sue ore
non vi fermate più davanti al 103
le feste sono senza campane per noi
passa il vento il sole la pioggia il mare
il tempo le stagioni
l’alba il tramonto
la tempesta la calura
l’acqua tutto è insaporo inodore incolore
passiamo lontano lontano lontano
lontani nel mondo nella storia nei secoli nei millenni
sempre più
lontani lontani lontani
senza occhi per guardare
mani per salutare
gambe per camminare
braccia per sollevarvi
spalle per portarvi
ci hanno, loro, i nostri piccoli
portati lontani lontani lontani
abbandonati
nel tempo nella storia nei secoli che verranno
e quando mai torneremo da questo viaggio!
pensateci lontani lontani lontani
pensateci vicini vicini vicini
nei vostri cuori
noi per ora siamo
lontani lontani lontani!
la notte sarà lunga da passare
siamo anzi non siamo
lontani lontani lontani!
e vi ripeto non bussate più in via Grottella
non vi fermate più davanti al 103
mai più mai più mai più
nessuno mai più potrà aprirvi
aprirvi aprirvi aprirvi
mai più mai più mai più
ora ci accoglie la chiesa delle anime sante del Purgatorio
dove non entra più nessuno!
(Antonio Tarsi)
Tartaglia Emanuele
TORMENTATA PASSIONE
Albeggia il pensiero
dinanzi alla notte
Cruente è il tormento
che si piega all'incudine
Il volto è scoperto
La stanza
implora quei sospiri
caldi e affannosi
La mantide osserva
sulla parete
immobile
La finestra
ristagna gli aliti rubati
a quel primordiale desiderio
Osservo l'incudine
pesante come il mio capo
Circuisce ogni stato mentale
Il pensiero brama di lei
Fugge via
tra la bruma del mattino
Freddo il sipario
di questa vita
Mancano
il suo calore
la sua passione
che dipingevano il mio mondo
Il cuore è triste
senza i suoi colori
Non c'è via di scampo
Come la mantide
uccide il suo amante
la sua assenza
uccide me
Il tempo è ormai tarlato
Capelli grigi
schiumano dalla fronte
Non vi è tregua
Le stagioni si rinnovano
ma il pensiero di te
si dimena ancora
su quell'incudine...
(Emanuele Trataglia)
Tartaglia Giovanni
SOGNO
Sogno una vita
carica di emozioni,
che mi dona istanti
di gioia e tristezza,
e che trasformi i
miei desideri in realtà .
Sogno una vita
ricca sincerità e amore...
perché la vita è tutto
questo!
Attimi di vera luce che
raccontano il viaggio
del nostro cuore,
rapiscono la nostra mente ,
per farci volare sempre più
in alto tenendo per mano
l'anima tanto cercata!
Sogno te!
(Giovanni Tartaglia)
Tassone Rocco Giuseppe
INFINITESIMI PLANETARI
E quando quel giorno verrà,
ora che il mio tempo
è più nel passato che nel futuro,
voglio andarmene silenziosamente solo:
né un pianto, né una lacrima
manco un vago pensiero,
nella certezza che tutto è finito,
mentre l’universo continuerà a vagare
nel tempo e per il tempo dell’eternità,
appagato d’essere stato per un istante
un insignificante granello
degli infinitesimi planetari!
(Rocco Giuseppe Tassone)
Tenu Irina Cristina (Romania)
PRINTRE IUBIRE ȘI URĂ
Nimic senzațional la orizont…
O apă tulbure și-un suflet
ce-noată în derivă
tăind valul ce vine cu trupul liber de iubire.
Furtuna îl privește râzând ironic
la soarta ce-așteaptă
să bată iarăși gongul în
pieptul ce se scaldă
printre lumini și umbre
ce-ascund un adevăr și o minciună.
Pădurile virgine îmbrățișează ploaia
ce mângâie în treacăt un chip blajin
ce a uitat a se iubi pe sine,
și bâjbâie prin întuneric, prin
anotimpuri ce-i par străine.
O inimă încearcă
din răsputeri să bată
din aripile frânte de lupii sorții ce-au mușcat
cu poftă din trupul mult prea firav
ce sângerează grav.
Se aude-ndepărtare cum disperarea vine,
cum se înfruptă flâmândă din trupul ce
de-ndată devine doar carne vie.
Macabru e spectacolul în scenă pus de viață,
prea trist e personajul ce joacă-n a sa piesă, dar
nu știe că al său rol e doar o dură povață.
Nimic senzațional la orizont…
Doar lumini și umbre,
și printre ele un trandafir
ce și-a înțeles destinul tragic,
acela de-a trăi mult prea puțin,
poate o clipă, poate o zi
de dragoste fierbinte.
Nimic senzațional la orizont…
Doar un suflet ce-noată în derivă
printre iubire și ură.
(Irina Cristina Tenu)
Traduzione di… - Tra amore e odio. Niente sensazionale all’orizzonte…/ Un’acqua torbida e un’anima/ che nuota in deriva,/ tagliando l’onda che porta il corpo/ libero d’amore./ La tempesta lo guarda ironicamente/ sorridendo al destino che aspetta di nuovo/ per battere il gong nel petto/ trovato tra le luci e le ombre che nascondono/ una verità e una bugia./ Le vergine foreste abbracciano/ la pioggia/ che accarezza al volo/ un viso fragile/ che ha dimenticato a di amare a se stessi,/ e vaga nel buio,/ tra le stagioni che le sono estranee./ Un cuore che/ con fatica cerca di battere/ dalle ali infrante dai lupi del destino/ che hanno morso dal corpo/ troppo fragile che/ sanguina profondo./ Si sente in lontananza come/ la disperazione arriva,/ come sta divorando affamata dal/ corpo che/ subito diventa solo carne viva./ Macabro è lo spettacolo/
messo in scena dalla vita,/ troppo triste è il personaggio che/ si gioca il proprio ruolo, ma/ non sa che il suo ruolo e solo/ un insegnamento difficile./ Niente sensazionale all’orizzonte…/ Solo luci e ombre,/ e tra di loro una rosa/ che ha capito il suo tragico destino,/ quello di vivere troppo poco,/ magari un instante, magari un giorno/ di folle amore./ Niente sensazionale all’orizzonte…/ Solo un’anima che nuota persa/ Tra amore e odio.
Terzaroli Roberto
OLTRE
Infiniti quei sentieri
che ci portano alle stelle,
meteoriti nel cammino,
ma le strade sono belle
e ci portano lontano
dentro il buio più profondo,
per riflettersi nel mare,
marinaio vagabondo.
Alla ricerca di una terra
dolce e bella ma anche inquieta,
che ci scuote dall'interno
con le luci della sera.
E dormiamo tutti quanti
in questa chiara e lunga notte,
e sotto gli occhi sempre chiusi
ripetiamo tante volte
che la vita è un po' più bella
con qualcuno che ci ama.
E si inchina l'universo,
la paura si allontana,
al cospetto della cosa
che dà luce ad ogni cielo,
cosi immensa e silenziosa
oltre questo grande velo.
(Roberto Terzaroli)
Theo John
(Bartolomeo Di Giovanni)
DIVINO AMARTI
Vorrei ubriacarmi di te,
con vino rosso sceso
dalla fronte fino al palmo delle mani.
Mi ubriaco di te
un vino che ha spaccato calici
ed ossidato arguti occhi.
Sono ubriaco di te
di sangue rosso porpora
una tinta a getto
dentro le mie vene.
Con il vetro di un bicchiere recido
la distanza
in acqua e carne
di sangue e vino
Divino è amarti.
Theo John
(Bartolomeo Di Giovanni)
Tognini Karen
L'UMANITÀ PIÚ PURA
Non disturbate gli alberi in Autunno
Quando silenziosi si spogliano
degli ori e rossi decori
Rimangono pudici rami nudi
Timidi e semplici
Come l'umanità piú pura
(Karen Tognini)
Tomarchio Rosario
ALL'AMICA
Che gran dolore vederti immobile
nel letto a curar le ferrite del corpo
Fanciulla dirmi ora che sei fragile
come una foglia porta via dal vento
e indifesa come un fiore
del primo raggio di luce del giorno
chi curerà le piaghe dell'anima?
Non temer mia fanciulla resto qui in silenzio
a vegliare giorno e notte e il mio ringraziamento
sarà il tuo sorriso
(Rosario Tomarchio)
Tornabene Barbara
LA DANZATRICE
Volteggi sulla pista
scivolando e svolazzando,
come la più brava ballerina.
Intrecci il passo
al ritmo di note
languidamente suonate,
avvertite da altoparlanti.
Vibri leggiadra
come una farfalla,
teneramente posata
su una carrozzina,
su ruote che paiono
svelte gambe
E ridi alla vita
abbracciando la gioia
(Barbara Tornabene)
Trapani Maria Gabriella
ANIMA
Finalmente posso sentire
il profumo del silenzio!
Se avesse sembianze umane
lo abbraccerei questo silenzio
così desiderato.
Accarezzo ad occhi chiusi
la mia fronte
le guance
il contorno e il profilo del mio viso.
Sono quelli di una giovane donna
raccolgo i lunghi capelli biondi in uno chignon
sono davanti ad uno specchio:
è come se il passato remoto e recente
non avessero più gran peso
sono soltanto io e la mia pelle morbida.
Mi lascio avvolgere da questa sensazione
intorno a me nessun suono o rumore.
(Maria Gabriella Trapani)
Trentino Mario Michael
MALE SILENZIOSO
Silenziosamente avanzi, colpisci, ti moltiplichi,
distruggi certezze e sogni,
Nessuno ti aspetta, scavi e prendi,
Indebolendo il corpo, l'organismo,
Cattivo e spietato, mostro, un lenimento per l'anima,
stanco di giocare e sconfitto all'apparenza,
a volte ritorni più forte di prima.
Un giorno arriverà chi sconfiggerá te,
La speranza ed il coraggio di tanti eroi e lottatori,
di sorrisi, dove regnano positività e ottimismo.
Come prima dell'amore c'è la speranza,
L'idea che tutto migliora,
perché il potere della speranza
ci libera dalle catene della disperazione e sofferenza,
dando la gioia di vivere e di amare la vita...
(Mario Michael Trentino)
Treppiedi Totò
LI LACRIMI DI SAN LORENZO* (Siciliano)
Pirtusu senza rivirenza di paci can nun si vidi
lu tiempu si è luntanu nun è prisenti
si è prisenti nun è luntanu,
addrumà na forza di fuecu senza parlari,
aria ca si vidi e nun si vidi e nun si fa tuccari.
Vita d’arti e di natura persa
callaruni di energia ncutufata
ca ogni spranza fa muriri
ca ogni stasciuni ntrona.
La luci di lu suli assà ti siddrìa
luci ca ti rapi l’uecchi
luci di cuntrastu, sicurizza e nsignamientu
luci ca annorba cirtizzi e alliscia vuluntà.
Petra celesti ca strica e addruma lu ciravieddru
beddra prissioni ca annacannusi callìa li cuerpi.
Lesta lesta si va spaccannu
lassa signala di matriali ni lu cursu di la so vita.
Petra di scantu,
petra ginirusa ma ca porta stanchizza d’armu
petra ca lassa, detritu… detritu….detritu…
*Perseidi
(Totò Treppiedi)
Traduzione dell’autore - LE LACRIME DI SAN LORENZO*. Buco senza riverènza di pace che non si vede/ il tempo se è lontano non è presente/ se è presente non è lontano,/ si accende una forza di fuoco senza parlare,/ aria che si vede e non si vede e non si fa toccare.// Vita di arte e di natura perduta/ calderone di energia pressata/ che ogni speranza fa morire/ che ogni stagione stordisce.// La luce del sole ti infastidisce molto/ luce che ti apre gli occhi/ luce di contrasto, sicurezza ed insegnamento/ luce che acceca le certezze e accarezza le volontà.// Pietra celeste che sfiora e accende il cervello/ bella pressione che muovendosi riscalda i corpi./ Presto presto si va sfaldando/ lascia segnali di pietrisco nel corso della sua vita.// Pietra di paura/ pietra generosa che porta stanchezza d’animo/ pietra che lascia detriti…..detriti…..detriti…..
*(sciame meteorico originato dal passaggio della cometa Swift – Tuttle)
Trovato Dada
FOGLIE
Accartocciate
da una morente
linfa vitale
mosse dal vento
giocano una danza
senza melodia,
impavide
salgono, si innalzano,
volteggiano,
ricadono ai piedi
dell’albero
che ormai,
protesi i suoi
rami nodosi
a un cielo piangente,
geme
vedendole
lentamente finire.
(Dada Trovato)
Truncellito Gianluca
FUGGIRE DALL'ANIMA
Molte cose non si possono scegliere.
È inutile scappare,
Davanti a te una montagna.
La scalata è ardua,
con il tuo aiuto ce la farai,
nessuno può aiutarti.
Soggetti fastidiosi,
consigli inopportuni,
gente presuntuosa.
Hai deciso di partire,
una notte d'estate,
Il cielo blu
illuminato dalle stelle,
ti guideranno in questa tua avventura.
Solo tu puoi aiutarti...
(Gianluca Truncellito)
Turchetti Antonella
E’ AUTUNNO
È autunno...
e io sono foglia,
e come foglia danzo
buttando i miei capelli
in cerchi scuri come corteccia.
Sono ramo spoglio,
teso verso un cielo
fatto di nubi scolorite.
Sono ricciolo di nebbia effimera,
che si sfrangia e s'incunea e rotola
fra le rive dei ruscelli
come un serpente in cerca di una tana.
Sono fungo che spunta
e si apre al profumo umido del bosco,
e riccio spinoso
chiuso attorno al mio cuore dolce.
Sono fumo di legna
che veste di veli grigi la campagna,
e fugge correndo
lungo i sentieri addormentati.
Sono terra stanca , assonata,
segnata da solchi che sembrano rughe,
prossima ad un sonno di morte apparente
con racchiuso in me
il seme della rinascita.
È autunno
e io sono vento,
e come vento
vago ombroso qui e là
in cerca di pace.
(Antonella Turchetti)
Usuardi Annalisa
VARIAZIONI
Soppesare il tono e le parole
Nell’enigma di vedere il sole
E tornare a giorni lontani
Quando l’amore fioriva a piene mani.
Poi nel tempo vorace
un silenzio senza pace,
ove si consuma nella lontananza
il dolore profondo della distanza.
Spietata la tela della differenza
Nella solitaria sofferenza,
mentre lo sguardo innamorato
più non trova il segnale ricambiato.
Nella memoria dolce d’altra vita
La comunanza d’affetti infinita,
ma nell’oggi solo il tremore
d’un latitante e misterioso amore.
Della sigaretta resta il conforto
in quest’ora di sole pallido e smorto.
(Annalisa Usuardi)
Vaccaro Nicolò
C’ERA UNA VOLTA
C’era una volta…
il tempo
ed era tanto, infinito,
davanti agli occhi di un bambino
Che cresceva inseguendolo…
il tempo
E ci giocava, lo spezzettava, lo ricomponeva…
Non c’era il domani, non c’era il quando…
C’era una volta…
un tempo
Quello che volevamo fermare
Quello che sapevamo avremmo rimpianto
E dentro quel tempo c’erano loro,
inseguiti dai giorni;
Visi e voci e sorrisi e lacrime,
Gioie e dolori così veri da poterli toccare.
Oggi non c’è più…
tempo
Solo ritagli di giorni, di ore, di minuti,
spesi ad accumulare…
oggetti.
Le cose futili hanno preso il sopravvento
E ci hanno rubato…
i sogni!
Oggi siamo noi inseguiti dal tempo,
e senza voltarci indietro
pretendiamo di affrontare…
il futuro.
Noi che abbiamo imparato il valore del tempo
mentre il tempo è li che passa
E scorre come un fiume senza rapide
Continuo eppure sempre diverso
E nel suo lento andare
Porta via pezzi di vita come ciottoli
Che rotolano nella corrente
Nell’attesa di arrivare a una spiaggia
dove potersi…
trovare!
(Nicolò Vaccaro)
Vascella Anna
INFINITO AMORE
Tu,
fiore d'affetto famigliare,
che al tuo genitore dai l'onore di chiamarti figlio del tuo sangue.
Gioia di un cuore paterno, di una mamma e di una sorella.
Ricordo, ancora i sacrifici che il padre tuo ha fatto per te,
è questo pensiero tu lo ami sempre di più.
Oh, profumato fiore di gioventù, perché sei lontano a noi?
Non è mio voler, tu rispondi. Si, è vero!
Ma tu, tornerai presto alla tua casa paterna,
fra le braccia di nostro padre, sotto le cura di nostra madre
e l' affetto di una sorella.
(Anna Vascella)
Vecchio Giovanna
A MIO PADRE
Verso la soglia,
ci hai investiti di tenerezza,
ed eri roccia!
Al limitar della soglia,
luce di cielo
in riflessi di foresta e acquamarina:
i tuoi occhi!
Ci aggrappammo all'eco di un richiamo,
e fummo pietra!
Un intreccio di spine
a graffiarci il cuore,
annodando in gola il nostro dolore
in grida sorde e rassegnate.
Nella tempesta dell'attesa,
un accenno di fiato e poi: il Volo!
Le ultime carezze a cristallizzare gli slanci
in tepore di abbracci composti e pianto.
Il nostro Amore,
a dipanare del crepuscolo le tenebre
in cascami di petali di rosa!
E, l' aurora ci scopre
eredi di sogni mai sognati
e di solchi scavati nel profondo
fino in fondo
gli interstizi del nostro cuore
a mantenere salde le radici della tua storia
che' sopravviva al distacco eterno!
Oltre la soglia,
fioccata bianca d'ovatta e leggerezza:
la tua Pace!
(Giovanna Vecchio)
Verzulli Luca
SEI UN AMORE AL SAPOR DI MIELE
Non amo le feste
non amo i luoghi troppo affollati
solo perché non riuscirei a vederti bene
ti inviterei ad un bar
dove mi potrei sedere
davanti a te ed ordinare da bere
sorregere l’imbarazzo del momento
arrossire e guardare in basso
fin quando nei tuoi occhi non ci ricasco
io ordino un mojito
tu nell’indecisione mi sfiori il dito
con quella tenerezza che ti appartiene
sei un amore al sapor di miele
Ci aggrappiamo l’un l’altro
perché abbiam paura di cadere
queste emozioni ti fanno cedere le gambe
ma non mi sono mai sentito così forte come le Ande
mi sento roccia affianco a te
ma mi sento anche fragile
labile e impotente, piccolo e saccente
perché ora ho tutto ma io sono niente
se solo non avessi te.
(Luca Verzulli)
Vignola Iris
ATAVICO AMPLESSO NELL'EDEN SÌ PERDUTO
Dall’alito sorgivo,
nasceva Adamo, su terra consacrata;
dalla sua costola predetta,
s’innalzò Eva, appariscente, immacolata bellezza.
Tra i lillà, soggiacevan alla vita,
prorompenti e innocenti le lor caste nudità.
Compagni d’avventura... O di sventura,
per l’arbitrio di chi non avea pari alcuno.
Silenzio in scaglie,
negli anfratti del seno prescelto,
fra costante rumor di fauna sibillina
e flora abbarbicata ch’odorava persino nei colori.
Acqua adamantina, di purezza straripante.
Quasi giardin del cielo,
quell’Eden acquisito e primordiale;
singolare riflesso d’eccelso Paradiso.
Tra fronde verdeggianti e frutti sconosciuti,
avean casa viscide serpi velenose.
Fra cosce candide di donna, divenute esasperate,
strisciava il vile ingannatore,
scatenando qualcosa d’inconsueto,
oltre alla percezione del pudore.
Di sangue s'infradiciaron le sue gambe.
D’istinti d’altra specie, esagitò Eva, ch’ignuda si sentì,
fin a coprirsi con la foglia d’un tenero virgulto.
Negata, quella mela che porse al prediletto Adamo,
che la seguì, privo d’obiezione.
Tremolii su primitive labbra consenzienti
dischiuse,
nello sfiorar d'un cristallino bacio,
seppur prologo d'ulteriori eccessi fattisi irruenti.
Tra oleandri e rampicanti,
betulle e piante sempreverdi,
gli olezzi dei roseti
inebriavano l'olfatto.
Parossismi equipollenti, nei lor sensi ossessionati,
sguardi impertinenti
supplicavano il coraggio
per quegl'istinti di cui non erano coscienti.
Coperti dal primordiale cielo,
vermiglio, nei riflessi conturbanti, ceduti al mare,
nel suo ospitare il sole e i suoi colori rosseggianti,
nell'imbrunire, sì posto a ventaglio,
il femminile corpo seducente e nudo.
E nell'atavico amplesso sconsacrante,
dacché non eran sposi consacrati,
godeva il serpente, nella sua spira avviluppato,
nel mentre il sole perdeva i suoi appigli,
calandosi nell'acque divenute turbolente.
Ma s’oscuraron cirri, su di loro,
forgiando nubi di carbone,
si coprì il cielo, delle tinte della rabbia e d’impotenza,
scatenatesi all’indegno tradimento.
Poi giunse il tuono, nell'ira del Creatore, palesato,
lor Dio Padre, che li additò a spergiuri e stolti peccatori,
sancendo pene gravi e pianti disperati,
per l'avventata Eva e il suo compagno Adamo.
Nel sospiro, che dal petto s’immolava,
s’arrancava il pentimento,
valicando il confine di tal Eden
sì perduto e benedetto.
D’uno sguardo dissonante,
si vestiron i lor occhi già cacciati e maledetti;
artefatte, la bellezza e la purezza,
ai compagni di condanna e di dolore...
Stranieri a quel giardino,
nel lor errar nel mondo ignoto, alfin conobbero le vesti.
(Iris Vignola)
Virgoletti Primavera
TRACCE MATERNE
E ancor ti guardo, oh madre, assisa alla tua seggiola
dove cullarti è solito, mentre tramonta il giorno.
Da troppo tempo, sai, prigione ormai decisa
questa tua stanza il mondo tuo è diventato ormai.
Il cuore mio si stringe al torbido pensiero
cercando tra i ricordi ormai di te sbiaditi.
Il volto sempre dolce di fulva chioma ornato,
le braccia ben tornite, le gambe snelle e ruvide
che di fatica al tempo erano già provate.
Quanto lavoro, tanto, finir non v’era l’ora.
E resto a contemplarti, attonita e delusa
a quel che un tempo fosti, determinata e forte.
Amabile persona e premurosa madre
da sempre hai in te serbato pazienza e dignità
Ti guardo, oh madre, vinta, ancora li seduta,
dove consuma il tempo le ore dell’oblio,
in apparenza senza un’emozione labile,
breve passaggio, lieve, sollievo interminabile
attesa mai sopita lasciando in noi l’angoscia
di un vuoto troppo grande, che il tempo non cancella.
E ti sorrido, oh madre, al consueto fare
ti sfiora la mia mano l’argento dei capelli,
Poi tra le gote s’erge, una sperduta ruga
ove discreto scende, un rivolo di pianto
mentre i tuoi occhi, stanchi, mirano l’infinito.
(Primavera Virgoletti)
Visan Marioara (Romania)
GRACEARŞAFUL ALB...
E frig în cămăruţa cu stafii,
cearşaful alb, ce ne speria
atunci când ne jucam,
stă pitit pe după draperii
crezând că încă ar putea
să îngrozească suflete pustii
din floarea de castan.
Cearşaful alb, azi e ponosit,
vremea l-a mai înegrit puţin
şi l-a transformat în mit
de sperietură din senin,
o zdreanţă, peste care timpul a trecut
la fel ca peste sufletu-mi durut.
Din albul pur, imaculat,
cu care în copilărie
cearşaful falnic m-a speriat,
a rămas doar frica de pustie,
într-un suflet prea însingurat.
Azi când iarăşi încercai
să-mi sperii sufletul tăcut
cu albul florilor de mai
pe un cearşaf aproape rupt
mă-ntreb, tu, viaţă ce sperai
când în copilarie m-am temut
de-o simplă zdreanţă, ce în ani
pe-un câmp de flori s-a aşternut
şi pe aleea cu castani
mă-ntoarce zilnic în trecut.
(Marioara Visan)
Traduzione dell’autrice - IL LENZUOLO BIANCO ... Fa freddo nella cameretta dei fantasmi./ Il lenzuolo bianco, che ci ha spaventato/ quando giocavamo,/ se ne sta nascosto dietro le tende/ pensando di poter ancora / fare paura ad anime deserte/ dal fiore di castagno// Il lenzuolo bianco ora è malconcio,/ il tempo lo ha ingrigito un po'/ e lo ha trasformato nel mito/ della paura inaspettata,/ una tela bucherellata, dopo che il tempo è passato/ allo stesso modo come sulla mia anima il dolore. // Del bianco puro e immacolato,/ con quale durante l'infanzia/ il grande lenzuolo mi ha paventato,/
è rimasta solo la paura del deserto/ in un'anima troppo sola.// Oggi quando ancora cerchi/ di spaventare la mia anima silenziosa/ con il bianco dei fiori di maggio,/ sul lenzuolo sbrindellato,/ mi chied oche cosa sei tu, vita mia, che speravi/ quando avevo paura nella mia infanzia/ di un semplice straccio, che negli anni/ è stato sparso su di un campo di fiori/ e sul cammino dei castagni,/ e che mi riporta tutti i giorni nel passato.
Visone Giovanni
FAI SILENZIO IN ME
Ridisegna ed inventa modi
per far silenzio in me
chiudendo per un attimo le tue inutili parole
nel cassetto degli ascolti mai capiti.
Stati di pace restando in pace, stai e resta
e resisti in me restandoci
ma restaci in silenzio.
Non ti dico ciò che non vuoi ascoltare
ma ascolta tutto ciò che non mi hai mai detto
e dimmi tutto ciò che non mi sono mai detto,
perchè solo producendo parole giuste
si darà voce ai tuoi silenzi ingiusti.
Quanto rumore fa lo stomaco dell'anima
se tu ascoltassi le mie paure?
E quanto ne farebbe il tuo se tu ascoltassi
anche i miei silenzi?
Ho digiunato parole per poi non dirti nulla
e tu nutrita di esse per poi non portarti nulla.
Non chiedermi adesso come mai
nè chiedimi perchè, nè cosa voglio,
già troppe volte, quasi miliardi di volte
me lo son già chiesto e detto io
nei miei silenzi.
Adesso tu resta in me ma restaci in silenzio,
perchè ho bisogno del suono
delle tue parole afone
per capire questo amore malato
e questo amore capito male,
questo amore nato e spiegato male,
però resta e resisti e restaci ancora in me!
Perchè solo dicendoci cose mai dette prima
che riusciremo ad amarci più di prima,
però tu oggi resta in silenzio e fallo per me.
(Giovanni Visone)
Vito Pasqualino
GL‟ IABBRACCIU „E NA MAMMA (vernacolo Rocchettano – Caserta)
„A mamma,
stregne u “ninnu” forte, forte,
„u vuarda, „u vasa,
po‟ „u stregne n‟ata vota
pu nasconne a malasorte.
Essa sape che,
ra ruossu,
parte sicuru
pe affruntà sulu
ra vita „u muorzu.
E, quannu “gl ‟iomme”,
chigliu abbracciu se sonna,
nt‟a natu sé perzu
re n‟ammore diverzu
che n‟è chigliu ra mamma.
(Pasqualino Vito)
Traduzione dell’autore - L’ABBRACCIO DI UNA MADRE. La mamma,/ stringe il bambino forte, forte,/ lo guarda, lo bacia,/ poi lo stringe un‟altra volta/ per nasconderlo alla malasorte./ Lei sa/ che, da grande,/ parte sicuro/ per affrontare da solo/ della vita il morso./ E, quando “l‟uomo”,/ quell‟abbraccio sogna,/ in un altro si è perso/ di un amore diverso/ che non è quello della madre.
Viva Valeria
UN SOLO MOMENTO…
Fuggi da me malinconia
aspetto il sereno di ogni giorno che va…
dopo la pioggia con l’arcobaleno
con o senza di un domani forse chissà…
cerco qualche goccia di rugiada…
un talismano figurato sulla pelle…
qualche rametto di felce sul ciglio della strada…
e la copiosa guazza sulle verdi pianticelle…
il canto della notte si risveglia, e nel bagliore
la luna verso le pendici si sparpaglia,
ho messo pregiati sogni in infusione,
aspetterò l’alba come venere,
dipingendo ogni angolo d’ispirazione
anche se la polverosa meta sa di cenere.
(ValeriaViva)
Volpe Nicole
QUELLA MATTINA
(in ricordo del Giudice Rosario Livatino)
Era la mattina del 21 settembre
quando gli spararono dritto in faccia.
Lui non era consapevole
di cosa stesse per succedere.
Erano quattro i killer,
non hanno avuto pietà,
non lo conoscevano nemmeno
e non hanno avuto il tempo di capire,
quanto fosse affabile,
giusto,
autentico.
Questo giorno,
il ventun settembre
è da tenere a mente.
Ricordatevi di pregare in questo giorno
per il giudice ragazzino.
Ricordatevi che si chiamava
Rosario Livatino.
Nicole Volpe (anni 16)
Vozza Olga
SONO UNA DONNA DEL SUD
Sono una donna del sud, solo al pensiero, si riga il viso di pianto
Non già perché non ami la mia terra, piango il destino dei miei figli.
Figli belli, cresciuti con amore, figli adorati baciati ed abbracciati,
ad ogni ostacolo, ogni problema che si pone,
risolti col sostegno di chi li ha messi al mondo.
Ora li attende un futuro di domande,
per procurarsi il pane e un tetto freddo e straniero.
Terra del sud, amata ed ammirata,
il clima, il mare, gli ulivi ti fanno da cornice
ma per vivere, da noi volti lo sguardo,
per chi rimane gli attende la miseria.
Sono una donna del sud, amo la mia terra
che mi allontanerà i miei figli, questa è la sua condanna.
Come dolce Penelope, intesserò una tela,
una tela nera come l’ inchiostro e la scura notte
nell'attesa che cambino gli eventi.
Nell'era di scoperte e tecnologie avanzate
dimentichiamo i valori più importanti
la famiglia si unisce attraverso schermi
virtualmente conoscerò nipoti e mogli.
E i nostri cuori sono lasciati soli, i nostri figli son lasciati soli.
Come Penelope, intesserò una tela di speranza
una tela nera come l'inchiostro e grigia di dolore,
nell’attesa che cambino gli eventi,
ed il futuro riporti ogni giovane uomo alle sue radici amate.
Sono una donna del sud, terra di viti e ulivi,
questi maestosi monumenti secolari
che raccontano storie di dignità, miseria e amore familiare.
(Olga Vozza)
Vulcano Pasquale
AL DI LÀ DEL CIELO
(Endecasillabi e settenari sciolti)
Ed è passato il tempo,come un fiume
in piena che straripa
e pur trascina tutto ciò che incontra,
scavando solchi sul mio viso scarno,
che della giovinezza andava fiero.
E l'istante dell'ultimo respiro,
quella luce fermò
che brillava negli occhi miei felici
e te ne andasti al vento,
pallida e senza emettere lamento,
ma conservando tutta la bellezza.
Squarciasti il nero velo
e ti levasti oltre quel cielo,
le nubi e l'orizzonte,
lasciando in petto un vuoto
avvolto nel mistero.
Chiudesti il cuore mio
con una pietra che non ha più éco!
(Pasquale Vulcano)
Zappalà Lucia
I TUOI OCCHI
I tuoi occhi
non mormorano lamenti,
gridano forte la libertà.
Hanno perso dei fiumi,
qualche continente, un lago
passeggiando per le vie
della terra
ma hanno davanti
il cielo novellino.
Sono stanchi
e barcollano senza equilibrio
ma si difenderanno
con manganelli d'argento.
Da nulla intimoriti
voleranno
come aquile
verso la felicità.
Lasceranno, sconfitti, sul prato
il brutto ricordo
e il suo profumo,
il passato doloroso
e la sua cornice.
Senza tristi zavorre
e lontani dagli sbagli
viaggeranno di nuovo felici.
(Lucia Zappalà)
Zapparella Giorgio
ADDÓ STAJE (a mio Padre) (Napoletano)
Quann’ ero piccirillo
tenev paura d’o scuro
tu me pigliave pe ‘a mane
e me purtava vicino ‘o mare.
Guardanno ‘o cielo me faceva vedè
na stella cadente tutta pe’ mme.
Io invece tenevo paura
ca cadevano tutte ‘e stelle
e rimanevo ‘o scuro.
Sulo ‘a luna che luce po’ fa?
Bastava na nuvola annanze p’’a fa stutà.
Addo’ staje,
quanno cammine int ‘o scuro da vita
e me metto paura.
Addo’ staje,
mo c’aggio bisogno e na mano ca me porta luntano.
Addo’staje,
proprio quanno l’avevo capito t’aggio perduto.
Quanno vene stu juorne speciale
torno sempe sulo annanze ‘o mare.
Guardo ‘o cielo scuro
senza stelle e senza luna.
Chiudo l’uocchie e penso a te
e nun tengo cchiù paura.
(Giorgio Zapparella)
Traduzione dell’autore - DOVE SEI (a mio padre).
Quando ero piccolo,/ avevo paura del buio/ tu mi stringevi la mano/ e mi portavi davanti al mare./ Guardando il cielo mi facevi credere/ che quella stella caduta per caso, fosse un regalo per me, / io invece avevo paura/ che poi sarebbero cadute tutte le stelle/ e saremmo rimasti al buio./ soltanto la luna quanta luce ci poteva dare?/ Bastava una nuvola che la coprisse per oscurare tutto./ Dove sei,/ ora che cammino nel buio della vita/ ed ho tanta paura./ Dove sei,/ ora che ho bisogno di quella mano che mi stringeva/ Dove sei,/ proprio quando c’eravamo capiti, ti ho perso per sempre./
Quando arriva questo giorno speciale/ torno sempre solo davanti al mare./ Guardo il cielo scuro/ senza stelle e senza luna./ Chiudo gli occhi penso a te/ e non ho più paura..
IL PASSEGGIAR SERALE DELLA LUNA
La luna ha perso la
memoria,i suoi passi
confusi errano tra le
pieghe delle nubi.
Oscilla e danza con
i profumi notturni
transitando in brevi
sogni.La notte e il
chiaro di luna per lei
sono musica.A volte il suo
stato d'animo vagabondo
dimentica di illuminare
gli amori viandanti
nella loro pena.
Dunque sono io
quella luna indifferente
imperiosa dalle follie
poetiche?
O forse sono quella dalle
vane esitazioni e fluttuanti
paure,che nei tramonti estivi
strizzava l'occhio e si
addormentava negli atolli
coralliferi invocando l'urlo
del silenzio, consapevole,
di aver colorato gli aloni
di una luna burrascosa?
(Patrizia Rachele Rivaroli)
Rizzo Giuseppe
LA MA TERRA
Triangolu vasatu di lu suli
e di lu mari,
unna li siculi vissiru
'nsiemi a li sicani,
li greci ficiru templi
e poi s'arrinneru a li romani,
l'arabi a li normanni
e chisti a l'angioini,
ca pi questioni di corna
si ficiru assicutari.
Terra unna Manfredi cu Custanza
ficiru l'amuri,
e ca dopu la paci di Caltabellotta
fu vinnuta a li spagnuoli,
e Garibaldi e Bixio,
a cumannu di du navi,
sbarcarunu a Marsala
e ni consegnaru a Vittoriu Manueli.
Terra rifugiu di li dei,
unna lu mmiernu dura 24 uri
e intra un vidiri e sbidiri
l'aciddruzzi tornanu a cantari
e li miennulu a sciuriri.
Terra ca lu vulcanu talia
cu lu so tascu di nivi
li stisi di aranci e di ulivi a li so piedi.
Lu furmentu ti cummigliava d'oru
e pi tutta l'Italia partivanu li navi,
lu virdi dura un misi
e poi siccagnu s'abbruscia
iennusinni mmienzu a vampi
e acri oduri di fumu e di munnizza.
Terra di issu e surfaru,
di viddrani e mulattieri,
di puorti, varchi e piscatura,
di genti ca si sbrazza,
grandi travagliatura.
Terra di sbarchi e d'accoglienza,
di genti ca ti pruoinu na manu,
ca so chi basta pi unu basta pi cientu.
Terra matri e matrigna
ca manni li to figli
luntani a travagliari
e inchi li panzi a politici e ruffiani,
a lecchini e genti di malaffari.
Terra di Archimedi, Empedocli e Ruggeru,
di Pirandello, Sciascia e Verga,
di Falcone e Borsellinu
e di tanti atri boni cristiani
ca pi tia si ficiru ammazzari.
(Giuseppe Rizzo)
Traduzione dell’autore - LA MIA TERRA. Triangolo baciato dal sole/ e dal mare,/ dove i siculi vissero/ assieme ai sicani,/ i greci edificarono templi/ e poi si arresero ai romani,/ gli arabi ai normanni/ e questi agli angioini,/ che per questione di corna/ si ficiru scacciare./ Terra dove Manfredi e Costanza/ fecero l'amore,/ e che dopo la pace di Caltabellotta/ fu venduta agli spagnoli,/ e Garibaldi e Bixio,/ a comando di due navi,/ sbarcarono a Marsala / e ci consegnarono a Vittorio Emanuele./ Terra rifugio degli dei,/ dove l'inverno dura 24 ore/ e in un men che non si dica/ gli uccellini tornano a cantare/ e i mandorli a fiorire./ Terra dove il vulcano guarda/ con il suo basco di neve/ le distese di aranci e di ulivi ai suoi piedi./ Il grano ti copriva d'oro/ e per tutta l'Italia partivano le navi,/ il verde dura un mese/ e poi secco si brucia/ andandosene in mezzo al fuoco/ e acre odore di fumo e di spazzatura./ Terra di gesso e zolfo,/ di contadini e mulattiere,/ di porti, barche e pescatori,/ di genti ca si sbraccia,/ grandi lavoratori./ Terra di sbarchi e di accoglienza,/ di gente che ti porge una mano,/ che ciò che basta pi uno basta per cento./ Terra madre e matrigna/ che mandi i tuoi figli/ lontano a lavorare/ e riempi lo stomaco a politici e ruffiani,/ a lecchini e persone di malaffare./ Terra di Archimede, Empedocle e Ruggero,/ di Pirandello, Sciascia e Verga,/ di Falcone e Borsellino/ e di tanti altri buoni cristiani/ ca per te si sono fatti ammazzare.
Rizzo Valentina
CAPOVERSO D’AMORE E SILENZIO
T’assenti dall’anima mia,
riverbero di giglio abbandonato
su un palcoscenico di ghiaccio
al crepuscolo del mattino
ed il silenzio accoltella il tuo nome,
ansima danze di cuore spento,
allerta le corrispondenze dell’incerto.
Amanti derubati dal respiro del tempo,
naufraghi fra stelle di carta,
petali solitari di un bacio caduto
sulla battigia del ciel di giugno,
t’assenti dall’anima mia,
t’aspetto fra le ciglia del vespro
in questo capoverso d’amore e silenzio.
(Valentina Rizza)
Romano Carmen
LO SCRIGNO
Chiuse in uno scrigno
restano
le parole
sigillate dalla paura,
la prova data delle menzogne
e la crudele assenza
strazia il mio cuore,
sebbene ostinato
a non impedire
l'Amore.
Anche
se la carezza
è solo ricordo
e il silenzio
somiglia alla fine.
Sorte degli innamorati
l'attesa
l'abbondanza dell'ira
l'implacabile gelosia.
E tu dolce speranza solleva
il respiro
in questo digiuno d'amor.
(Carmen Romano)
Ros
POESIA
È la mano che scrive
ma a parlare è il cuore
Fortunato chi può
cantar d'amore
ed imprimere la sua anima
su un foglio
E farla scivolare lenta
come un ruscello
che diventa prima fiume
e poi cascata
Di sensi
Di emozioni
Di occhi chiusi
che vedono
Di mani che prendono
senza toccare
Di corpi che si sfiorano
con il pensiero
Non è inchiostro
che dalla penna fluisce
ma il sangue
che ribolle nelle vene
Fantasia, magia
Semplice alchimia
che incarna i desideri
del proprio io
Specchio dei tuoi
Dei suoi
Di chi si legge dentro
e prova emozione e calore
Per dare forse
speranza e colore
o soltanto illusione
ad un sogno...
(Ros)
Rossello Carmela
L'INAFFERRABILE
L'inafferrabile
è come una gabbia
in mezzo al fitto
bosco
si inerpica in mezzo ai rami
e rende la presa difficile
tortuosa e faticosa.
Svanisce
nell'ombra
in mezzo ai verdi prati
una corsa contro il tempo
e i giorni che declinano
uno ad uno
mentre si ubriaca
di silenzi
e rimane
"Inafferrabile".
(Carmela Rossello)
Rubino Amedeo
UN MEDICO A CONCORSO
Ho camminato, da fermo,
ho visto nulla, ne sentivo l’odore.
L’ossimoro è dove vivo,
la Luna, è dove andare.
Imbraccio le mie armi,
le guardo, serviranno,
non sarò mai soldato,
mi guardo, spareranno…
Ancora scegliere chi sarò,
intanto provo, immaginare,
dovessi mai perdere la via,
la Luna, è dove andare.
La faida è servita, è annuale,
si salta a gruppi ma, chi sa volare!?
In tanti in affanno, chi vuol dimostrare,
troppe le ambizioni da dover sfamare.
Nel buio si è certi che anche a guardare
non vinca in corsa la via più banale,
Che faccio? mi accascio, continuo a pensare
che la Luna, alla fine, è dove andare.
Non voglio, non posso, non oso sentire
lontani o distanti i giorni a venire,
caduto prima di poter fiorire
un sempreverde ormai da svestire.
È così che funziona, venghino signori!
Prendere o lasciare, addio sognatori.
Iscrivetevi e giocate, dentro o fuori.
La luna dicevate? Si vince ai rigori!
Io con la poesia non c’entro e lo so,
ma tale è l’ardire di fare ciò che voglio
che se non riesco ne avrò dette un po’,
La Luna è la meta, il Lancio è lo scoglio.
(Amedeo Rubino)
Ruggeri Dimitri
A MIO PADRE (n.2, come Chanel)
Il vuoto patteggia la carne cruda
di una fantasmagoria domestica
sul piede dolente del calvario.
Lo zerbino inchiodato su mio padre
recrimina inquisizioni terrene
con buste di cuoio soffiate dalle braccia
e sfrondate da un fuliginoso airone sulla testa.
Tentennano le mani, che disegnano ceneri
col compasso sopra il petto
e incensano capelli grigi nel patibolo del cortile.
Ti aspetti ancora sull'uscio della porta
come un bambino che baratta frignando un lecca lecca
nella solitudine mondiale del correzionale numero zero
(Dimitri Ruggeri)
Rugna Anna
SONO QUI
Sono qui, dove hai nascosto la mia anima,
li dove è sempre stata.
Il tuo sguardo vicino a Te,
e le tue labbra attaccate a te.
Cercarmi sempre,
e se non mi trovi ascolto i tuoi battiti,
Sono li dove nasce un'emozione,
dove nasce l'alba, dove nasce un sogno,
dove vive un tramonto..
Sono li dove nasce il sorriso,
sono qui dove sono sempre stata,
io ti aspetto seduta in riva ai tuoi pensieri.
Sono qui con in mano una poesia,
un raggio di luce, una stella in mano,
sono qui con il profumo del tuo cuore,
mi scioglie il tuo tepore,
raggiungimi nel cammino del mio amore,
amerò il tuo sorriso le tue mani, il tuo respiro.
Sono qui....dove sono sempre stata...
se mi vuoi io ci sono..tu chiama io rispondo..senza ali arriverò,
è l'amore che arriva.
(Anna Rugna)
Ruotolo Mariarosaria
TIENIMI PER MANO
Tienimi per mano
quando il bagliore dell'aurora
illumina i miei occhi.
Tienimi per mano
quando un ricordo
ci passa nella mente
e ci rinnova.
Tienimi per mano
quando ho paura,
quando tocco il fondo,
perchè tu sei la forza
che mi fa risalire.
Quando il traguardo
è lontano
ed io temo di sprofondare,
dimmi che andrà tutto bene,
ci crederò.
Tienimi per mano
al tramonto,
quando i pensieri
si fanno pesanti
ed io faccio fatica a reggerli.
Quando la sera è arrivata
e porta con se'
la malinconia.
Tienimi per mano
quando hai paura,
quando la primavera è iniziata
e tu, accanto a me, rannicchiata,
ricordi e rivivi la tua vita passata.
Tienimi per mano,
in silenzio,
non parlare,
accanto a te mi sento
espressione di profondo amore.
E allora tienimi per mano,
che sia giorno o notte,
primavera o inverno...
Tienimi per mano
sul far della notte,
quando i petali si chiudono,
avvolgerò i tuoi capelli
in cento nodi
e mi addormenterò
vicino al tuo cuore
mentre tu,
dolcemente,
mi tieni per mano.
(Mariarosaria Ruotolo)
Russo Alessandro
LE CURVE DEGLI OCCHI
Dopo un momento sapevo
che avrei voluto ancora i tuoi occhi
fissi nei miei, a riempirmeli,
a farmeli belli.
Fermai tutto, formai tutte le scale
che salivano di corsa
gli incanti dell’aspettazione,
e su ogni gradino, e a ogni giro di rampa
c’era un pensiero di noi
che arrivava o tornava.
Non vedevo altro, oltre, sopra o sotto
i tuoi occhi, e pensai
che tutti avrebbero dovuto guardarli
Sapevo anche che le scale possono scendere
e che quegli stessi occhi potevano far male,
ma non immaginavo che poi, anche io
avrei potuto guardare con gli stessi occhi,
guardarti con gli stessi occhi
(Alessandro Russo)
Russo Sofia
TEMPO
Scorre, se ne va
Tutti lo hanno visto passare
Pensano che ce ne sia abbastanza
Poi finisce e scappa,
non ritorna più in quella stanza
Chissà come fa?
Passa dalla campagna alla città
Sempre puntuale nel finire
Deve essere veloce nel partire
Poi ritorna ma si aspetta ancora
La sua magica partenza che nessuno ha mai visto
Perché il tempo è partito troppo in fretta.
(Sofia Russo) - 12 anni
Sabella Cristina
QUELL'URLO MUTO
Si asciugano
le lacrime,
come l'acqua
sotto il ponte,
il vento urla,
tra l'acciaio
addormentato,
in un giorno
disincantato,
l'inganno
è in agguato,
sul torrente
si è riversato,
con i sogni
dei bambini,
e i palloncini
bianchi in cielo
e ...
volano i ricordi
di sorrisi e canti,
in un selfie
sulla strada,
che da ponente
va a levante,
incorniciato
da ulivi,
dal profumo
di salsedine di mare,
muore il dolore,
su quell'asfalto
sgretolato,
nessuno ode
il suo cuore,
si è spento
in ...
quell'urlo muto !
(Cristina Sabella)
Sabella Monica
INNOCENZA
Perso nell’immenso
sguardo.
Non una lacrima
scese sul viso,
segnato dalla vita,
così crudele!
Un letto di terra arida,
un tetto di stelle
oscurato dalle
nuvole e nel silenzio,
un grido diperato
d’amore
Quel mondo
fatto di guerre,
che troppo presto
hai conosciuto.
L’innocenza spezzata
come una rosa,
soffocata dal Vento.
(Monica Sabella)
Saccomanno Mario
STRACCIARSI LE VESTI DI DOSSO
Sta ben oltre l’umano raziocinio:
è vento, vento che incessantemente,
col suo freddo soffiare, ai rami del presente
scuote il loro marciume; è latrocinio
l’afferrare inumano dell’estro artistico;
è barlume che accosta all’ineffabile;
quint’essenza esauriente
è il tocco, il suo tocco illusionistico
profuso all’uomo che, invano, labile
scandaglia. Vaticinio
prodigioso reclama la sua mente:
tra visioni enigmatiche, il perfetto assassinio…
Fa a botte la testa col cuore,
schiuma marina, eterna, pulsante
dimora delle sue contraddizioni.
Acquietato è il furore,
placato è il goliardico infante,
scacciate le tenaci emozioni,
insudiciato è l’abito da macchie luttuose.
Cerca, tra le scabiose,
la luce che vedi e che trovi
nel buio che nasconde i colori;
raccogli i frutti dai rovi;
scegli d’essere un’ape tra i fiori
che vola al di là delle solite azioni;
strattona chi intorno percorre,
trascinando zavorre,
l’unica eterna strada a carponi.
(Mario Saccomanno)
Saglimbene Domenica
L’AMORE VERO
A volte basta soltanto un dolce bacio
e un tenero abbraccio a mandarti in estasi,
a fare rifiorire i propri sensi,
per compensare il vuoto della buia galleria del solo sesso,
perché senza un piccolo dolce bacio e senza un tenero abbraccio
anche l'incontro di corpi più passionale e coinvolgente
si ridimensiona a mero istinto animale, semplicemente a niente.
Volevo dirti Grazie di questo piccolo, ma dolcissimo momento.
Trattasi di una goccia nell'oceano
di cui una donna e nessun uomo dovrebbe fare mai a meno,
ai fini di riempire il mare delle nostre esistenze nate,
nonostante tutto e tutti,per raggiungere l'apoteosi dell'amore.
Questo è l'amore a cui auspico...
Baci,carezze, complicità e dolci abbracci
e se un quid in più volesse entrare come uno spiraglio di sole
sarebbe soltanto la cornice del quadro più bello:
L'AMORE VERO.
Chissa'se prima di andare via per sempre lo troverò,
ma questo è l'amore in cui credo davvero.
(Domenica Saglimbene)
Salanitri Antonina
LA FAVOLA CHE HO NEL CUORE
Com'è dolce quest'aria stasera
sa di frutta che sta per maturare
e prendere colore.
Seduta qui all'imbrunire
penso al mio bisogno d'infinito.
Mi ci vorrebbe il cielo
ma un cielo tutto mio
dove andare a caccia di ricordi.
Do briglie sciolte alla mia fantasia
e mi perdo dentro il luccicchio del sole
che ammicca prima di tramontare
illuminando per un attimo il mio cuore.
Sogno mondi da salvare con parole nuove.
Penso a tutte le realtà che ho vissuto
camminando fra le grida silenziose della vita.
Bella o brutta, dire non saprei.
Me la racconto piano e me l'ascolto ancora
in ogni momento vuoto della mia giornata.
Mi racconto di amori immensi di splendore,
di quei vagiti che mi hanno riempito il cuore,
risento urla ,strepiti e risate,
chiamarmi mamma a volte dolcemente,
rivedo notti in bianco cariche di dolore,
ma tutti sentimenti della favola che ho nel cuore.
(Antonina Salanitri)
Salvaggio Carmelo
SCONFORTO
Considero i miei passi...
Hanno tendenza verso l’azzurro.
Il mio andare è segnato
dalla voglia di esserci e d’abbracciarti.
Farò del tuo silenzio
un dono al mio meditare,
del mio grido
si vestirà tutto l’intorno che ci circonda.
Il cammino intrapreso
va verso gli estremi spazi dell’inconscio.
Sopra il cumulo
eretto dai viandanti passati innanzi,
poserò la mia pietra di redenzione.
Chi potrà sublimare quest’umile pietra?
Chi poserà sull’ara il canestro delle mie miserie
per farne sacrificio al cielo?
Chi ascolterà il grido d’espiazione
perché diventi canto nell’estasi della perfezione?
È pesante il vuoto che mi offri...
Come zavorra l’ho legato alla coscienza
ed è troppo lieve la carezza delle tue mani
perché possa accettarne la rinuncia.
Vago senza meta su questo sentiero
ed urlano intorno a me accorate voci d’anima.
M’offre sostegno la tua mano
ma io scaglio pietre verso l’infinito.
(Carmelo Salvaggio)
Sammartino Francesco
MAMMA (Siciliano)
Di tantu in tantu ti vegnu a salutari,
sapennu ca un mi senti e un mi vidi;
lu fazzu pirchì …. un vogliu cchiù accittari
ca nun ci sì …. e tu mi po capiri !
Ti vidu ancora, comu fussi ora,
cuntenti nni la vigna a vinnignari;
e pensu a quannu u sonnu ti vinciva…
mentri aspittavatu a me frati ca turnava.
Misa a lu scuru finu a tarda ura
cull’ansia, ca lu cori ti stringiva,
pi vidiri , ancora di luntanu,
li luci di la machina a l’ arrivu.
J ti vidiva ‘mpena, e un parlava;
faciva finta j dormiri e sintiva
ca quannu po me frati rientrava
tu ti curcavi…. e iddru un ti vidiva.
Ora tuttu è diversu; e …. ogni matri,
Havi lu cellulari; e tempu un nenti,
basta nu squillu oppuru un messagginu
pi sentiri lu figliu dra prisenti.
La frasi ca tu stessa ti sciglisti
duna pi certu ca s’avi a riturnari;
e iu ca vogliu cridiri a sta cosa
di tantu in tantu vegnu a controllari.
Taliu ‘nsiccu, la fotografia,
‘ncuddrata nni stu marmu di carrara;
Comu aspittassi ca si cutulia,
pi darimi a vasata di la sira.
Tanti cosi ti vulissi diri,
e tanti antri vulissi addumannari ;
ma oi …. vogliu cridiri a la spranza
ca un jornu a mà parlari di prisenza.
(Francesco Sammartino)
Traduzione dell’autore – MAMMA. Di tanto in tanto ti vengo a salutare,/ sapendo che non mi senti e non mi vedi;/ lo faccio perchè …. non voglio più accettare/ che non ci sei …. e tu mi puoi capire !// Ti vedo ancora, come fosse ora,/ contenta nella vigna a vendemmiare;/ e penso a quando il sonno ti vinceva…/ mentre aspettavi che mio fratello rientrava./ Seduta al buio fino a tarda ora/ Con l’ansia, che il cuore ti stringeva ,/ per scorgere , ancora da lontano,/ le luci della machina all’ arrivo.// Io ti vedevo in pena e non parlavo,/ facevo finta di dormire e sentivo/ che quando poi mio fratello rientrava/ tu ti coricavi…. e lui non ti vedeva.// Ora tutto è diverso; e …. ogni madre,/ Ha il suo cellulare; e tempo un niente,/ basta uno squillo oppure un messaggino/ per sentire il figlio lì presente.// La frase che tu stessa ti sei scelta/ dà per certo che si deve ritornare;/ ed io che voglio credere a questa cosa/ di tanto in tanto vengo a controllare.// Quardo fisso, la fotografia,/ incollata su questo marmo di Carrara;/ Come aspettassi che si muova,/ per darmi il bacio della sera.// Tante cose ti vorrei direi,/ e tante altre te ne vorrei domandare;/ ma oggi …. Voglio credere alla speranza/ che un giorno parleremo di presenza.
Sandrin D’Ascenzi Oriana
SE! IERI SERA ERA AMORE.
Ora l'aurora
incupisce l'astro
tra le nubi spente
piange il mio cuore.
Nel pudico pensiero
langue un sospiro.
Di porpora il mio viso,
colora.
Se! IERI SERA ERA AMORE,
desiderio passione
alla luce del giorno
non s'è dissolto
come neve al sole,
socchiudo gli occhi
l'amor tuo ancor!
Mi sfiora.
Accarezzo il cuscino
come fosse il tuo viso.
Mi sembra di sentire...
il tuo calore il tuo respiro.
Appaga i miei sensi.
Non son più sola
nella stanza
una lacrima si ferma
nel mio sorriso...
le tue labbra si posano
sulle mie, l'estasi di ieri sera
non ha fine.
Se ieri sera era amore
oggi in me sorride
la speranza, di!
Camminare insieme
in riva al mare
mano nella mano
ammirando...
un tramonto
il nostro tramonto.
Tra le tue braccia.
IL PARADISO!
Ora.
(Oriana Sandrin D'Ascenzi)
Sandu Roxana Elena
TOAMNA PE O BANCA
Se odihneşte toamna pe o bancă.
M-am aşezat cuminte lângă ea
Ţinând-o strâns de mână
Sa nu plece.
Am aşteptat
Să curgă frunzele din ceruri
Să treacă rânduri, rânduri
Fecioarlele fertile
Cu coşurile pline de culori.
Am aşteptat
Să plece
Cocorii în săgeată,
Să curgă vinu –n pocalele de aur,
Să simt mirosul gutuii din fereastră,
Să-ţi pun pe fruntea ta iubito
Cununa toamnei noastre
De frunze ruginii şi de săruturi.
Da.
Am ţinut toamna de mână pe o bancă
Să nu plece.
(Sandu Roxana Elena)
Traduzione dell’autrice – L’AUTUNNO SU UNA PANCHINA. Riposa l’autunno su una panchina/ Mi sono seduta quietamente su essa/ Tenendo con mano stretta/ Per non andare via./ Ho aspetatto il fluire del fogliame dal cielo/ Attraverso filari e filari/ Delle vergini fertili./ Con i cesti pieni di colori/ Ho aspetatto/ Di andare via/ Come gru sfreccianti,/ Di versare il vino / In calici d’oro,/ Sentire l’odore di mela cotogna dalla finestra,/ Mettersi sulla tua fronte, amore/ La corona del nostro autunno,/ Di foglie colori come ruggine e baci./ Si./ Ho tenuto l’autunno per mano su una panchina./ Per non andare via.
Savarelli Giulia
RESPIRA
Virginia,
I tuoi occhi di pece hanno sete,
E la sete si sa,
Non si sazia a parole.
Ascolta,
Ogni fremito è un ballo,
E un ballo si sa,
Vol legare due corpi.
Respira,
Nel tuo ansimare si cela una sinuosa melodia,
E la tua musica si sa,
Parla di due anime perse.
Assaggialo anche tu,
Quel maledetto frutto proibito,
E quel frutto lo sai,
È inizio di ogni storia.
Virginia,
Tocca la mia pelle,
Che ogni tuo tocco lo so,
Mi rende appieno la vita.
Non far l'amore da sola,
Se dall'altra parte di una città in apnea
Io,
Sto facendo l'amore con te.
(Giulia Savarelli)
Savio Alfonso
NON FANNO RUMORE
Adesso ti darò un bacio, tesoro.
Di quelli che non fanno rumore,
di quelli che non turbano i sogni
ed il tuo sonno profondo.
E le mie labbra si posano piano
fra la fronte e i capelli sudati,
lì si arricciano per infondere amore.
Quando distese torneranno
respirerò quell'aria intrisa
del nostro acre odore.
E' solo un istante infinito
un semplice momento fuggente,
ma quello che provo mi ripaga
della giornata frenetica e stanca.
E' solo in questo frammento
del nostro tempo tiranno
che so di essere ancora vivo
e che voglio vivere anche domani.
E adesso una carezza leggera
fatta con la punta delle dita
che ti dia quella sicurezza
di cui hai tanto bisogno.
Che ti lasci scopltita
la coscenza che in ogni momento
che sia brutto, cattivo
o profondo e meraviglioso,
sarò sempre al tuo fianco
e la tua mano nella mia.
E la tua intelligenza,
come le tua grande bontà,
supererà ogni cosa maligna
ogni maledetta avversità.
E il tuo sguardo Divino
farà luce sul nostro cammino
con gli occhi assopiti e chiusi
sul mio fausto destino.
(Alfonso Savio)
Sberna Giovanni
SAN CATALDO
Nni la ma menti ‘na corda stritta a lu me' cori che mi aghiacca in un momentu
camminu da' cruci a u' monumento
tra un passo a l'antru taliu dra cruci pari ca' na' vuci mi spiega lu' scenario ...tale' u' me' paisi a lu calvario
bum bum fanno li tammuri
quanti caduti si fici lu'signuri
apprissu na'vara a vannia' che su' ruzzi
che li canti intrunavanu nilli vaniddruzzi
e li varcuni indrusciati viola spiegano l'avvenimentu
la spiranza duppu u' risorgimento
tutto ammunziddratu e' lu' paisi
E in capo a vara San Giovannuzzu ca' tuppia a tutti i chisi
E VIVA ! E VIVA SAN GIOVANNUZZU !
ma vidi chi tristi o so'facciuzzu
faciuzzu incuttunutu
forsi pi' li porti o pi' la genti ca' ha' vivutu?
E VIVA !E VIVA ! hez.. lu' sinchiuzzu
na'cantata e una vivuta
mi pari ca' i bar ci cusunu u'stridu cu' la porta spalancata e' graputa
D'arri' l'acchianata di San Giuseppe
aspetta a Catina ca'non vidi l 'ura
di lato l'orolo' ca' l'ura non dici
e BUuuM l'ultima porta alla Matrici
E VIVA E VIVA ....! e ....una parulazza
ca' mischinu acchianatu e scinnutu pi' la chiazza
e avanti e na' ri' mancu la' abbrazza
lu chiantu dilla' sunata di Mari'
cumu su'cantu su' lamendo mi trasi ddra vuci
spina e chiova appizzati in cruci
Vita cumu vara vaiu a muzzu
A muntata cumu la vara di San Giovannuzzu
si ! picchi' sugnu vasciu! e' picciddruzzu incapu sta vita bella e amara e mi lamintu!
Ca'cumu ù santu tuppiu ...tuppiu tutti li porti pi'lu' travaglio!
acchiano e scinnu e mancu l'ancagliu
camminu ...camminu cumu un vacabunnu
nu sacciu chiu' chi fari ni stu munnu!
MI NNIE' GHIRI ...MI NNIE' GHIRI arriva' lu tormentu
mentri arrivu fermu isu lucchi a u monumento
patriota di guerra cu' ‘u calici vacanti di libertà in capu lu' falcu cu l' ali graputi nella sua maestosità
Si mi nnie' ghiri ! Mi nnie' ghiri!tanti strati e tanti mura ...Stu' paisi è murtu !cumu lu'signuri!
la vara ma' ammutta li guttuna
e spriri..! a cercari a me fortuna
E poi na'vuci na'cumparsa sutta li scaluna
cumu un angelo senza pinni
tale' Arcangelo Penni penni
cu'lu fiascu ammucciatu nilla maglia mi dici:
VACABBUNNU VA' TRAVAGLIA !
e cumu scheccu na'staddra TANIDDRU BLO'
na' vuci ci sferra VACCI TU CA' A MI MANNOIA
boooo!
e propio BLO' sutta lu birrittu ammuccia la pipa e nesci lu itu nilla tasca
A TI PURI T 'ANNOIA SITI CUMU LI PICURUNA CA' ALOROLO' CI INCHIAPPASTIVU LI SCALUNA !
E PENNI: sinchiozzannu s'ammisca un sursu di fiasca hez..
NON AVITI SCUSI hiz.. ! NON VIDITI CA' L'OROLO' I LANCETTI MANCU LI SUSI ?hizz..
SUGNU CUMU A TI ! VIVU E MINNIFUTTU !hiizz...
Glie'tta'l'arruttu... e Taniddru chi si fici bruttu!
E' vero ! li lancetti nu li sussi
si stannu pirdinnu i detti e gli usi
Abbrazzettu sinni iru e' arrista' la storia !
VACABUNNU VA' TRAVAGLIATA
VACCI TU CA' A MI' MANNOIA
miii che paranoia !
Dra' sciarra nilla m'è menti
nu' cori un fasciu di sentimenti
E'vero non si senti na'vuci mancu dru' cantu
San Catallo ca' unnavi nenti mancu lu' santu
Ni lu me' cori sciugliu la trizza
grapu li porti e viu a so' biddrizza
e'cumu u' signuri na'speranza
arrestati mi dici u me'paisi
(Giovanni Sberna)
Traduzione dell’autore – SAN CATALDO. Un pensiero nella mia mente,/ come corda stretta al mio cuore/ che m’avvinghia in un momento./ Cammino. Dal Crocifisso al Monumento./ Tra un passo e l’altro guardo la croce,/ par che una voce dipinga lo scenario./ Il mio Paese, visto dal Calvario./ “Ma guarda, guarda come vive tanta gente La Scinnenza”/ BUUM! BUUM!/ Rimbombano i tamburi./ Quante cadute patì Nostro Signore!/ E dietro, a dispetto e in tutta fretta: “Che grezzi!” schiamazzano le genti./ Dispersi rintronano tra viuzze quei lamenti./ I balconi coperti da livide lenzuola rivelano la ricorrenza./ La paziente attesa prima della Rinascenza./ Accalcato e pregno il paese a lutto, e sulla Vara/ San Giovannuzzo, che bussa tra le Chiese le cui porte si mantengono serrate./ “Evviva, Evviva San Giovannuzzo!”/ Lamenti ancora)./ Tanto ha pianto il volto affranto/ Forse per le porte chiuse a sfregio
o per il vino di chi in strada ha abusato, e tanto!/ Evviva! Evviva San Giova…inch!/ Pure il singhiozzo!/ A dispetto: Un bicchiere e un canto,/ solo il bar apre le porte al Santo./ Poi via, dietro la chiesuola votata a San Giuseppe/ Poi più su, a mendicare L’ Impaziente Madonna della Catena/ E poi alla remissiva Torre dell’ Orologio, di rintocco muta./ E BUUM! L’ultimo schiaffo alla Madrice!/ Evviva!? Evviva ‘sta Min..! ma poi offesa non dice!/ Chè, sventurato, ha vagato e domandato a mille porte.
Nè L ’accorato “Pianto di Maria” addolcisce la sua sorte!/ quella sonata come amento entra una voce/ come spine e chiodi nella croce/ la vita pesante come il peso di una vara si cammina a tratti/ per fatica in salita come usanza la vara di San Giovannuzzu/ Anche io mi chiamo Giovannuzzo, anche io sono basso e piccoletto E lamento che come il Santo chiedo di porta in porta,/ senza lavoro ero, e tal rimango./ Corro e sbatto, ma senza uscita, in questo mondo. E tale resto, un vagabondo./ Devo Fuggir da qui! Fuggire!/ Eccolo, il mio tormento, giusto mentre osservo il Monumento,/ Patriota, e di questo fiero, innalzante un calice scevro di libertà./ E ancor più sopra, il Falco, ali aperte in gran maestosità./ “Si! Si! Devo scappar dal mio torpore,/ Tra le strade, dietro i muri tutto è morto, come nostro Signore.”/ E la vara mi preme forte sul magone./ Devo andar via, cercar fortuna altrove./ Ma poi avverto una voce, dietro la scalinata/ Come un angelo senza piume/ Mi giro: “Ma sei Arcangelo PenniPenni!”/ Con il fiasco ben nascosto nel maglione abbottonare, guarda e dice: Vagabondo vai a lavorare!/ E come l’asino oppure il mulo, ben celato in una stalla,/Taniddru(Gaetano) Blò una voce gli getta: Vai tu che a me dà noia!/ Il Bue che dice cornuto all’asino? Boh!/ Ma è proprio Blò che sotto il berretto la pipa nasconde puntato il dito uscito in tasca dice:/ “ Lavorare? Anche a te dà noia…”/ “Siete come i pecoroni, all’ Orologio lerciaste i tarozzi/ E PENNI :sinchiazzando tra vari sorsi di fiasco ...hez:/ Non avete scuse,hiz.. non vedete che la torre ora non batte? hizz.../ Sono come voi, Mangio, bevo. E me ne fotto hiizz.../ emana il rutto e Taniddu (Gaetano ) che si sdegno'con viso brutto/ È vero, le lancette non muovono da tempo,/ Il disagio è tradizione antica, ma d’alterigia madre c’è ormai svanita traccia./ sparirono a braccetto i due personaggi ma restò la storia!/ Vagabondo vai a lavorare! Vai tu, che a me dà noia!/ Mamma mia, che paranoia./ E il fantasioso alterco ormai concluso, divien angustia al cuor di sentimenti./ Ma c’è del vero! Né campane né tantomeno il canto,/ soltanto San Cataldo, che niente possiede, neanche il suo Santo./ Dentro al mio cuore sciolgo la treccia, apro le porte e alla sua bellezza una breccia,/ e come il Risorto m’aggrappo alla speranza./ “Rimani”/ m’implora/ il Mio Paese.
Scaloni Marco
GIADA DI MARZO
Una stanza, una sola finestra
durante un tramonto di primavera,
nel giardino la soave ginestra
contemplo in quiete sino alla sera.
La luce del sole dorata e vermiglia
distesa si posa sulle corolle:
fianco a fianco davanti la soglia
sembrano brillare come le stelle.
Lì nell’angolo, in tutto il suo candore,
ecco rigoroso il mandorlo in fiore.
Un delicato manto di neve floreale
ha dato a un rigoglio il suo primo natale:
sguardi innocenti si sono accostati,
troppo acerbi ma già innamorati.
Elegante è il volo della colomba,
così una carezza che sfiora le dita
giorno dopo giorno, per tutta la vita,
mentre il tempo con rintocchi rimbomba…
In natura tutto inizia e tutto finisce
tranne l’amore, che mai svanisce.
Oggi contemplo, sola, il ricordo del mio amato
e ancor di più l’amor vivo che ho provato.
(Marco Scaloni)
Scarcella Stefano Giuseppe
COL PRESENTE E L'INFINITO
Ho l’eterno, sul palmo della mano
l’addormento caldo sul tuo cuore,
a lungo, fino al bastone di vecchiaia
Non posso temére questo secondo
se il cielo bacio perpetuo,
tela immortale al rondò di gabbiano
Reggo il filo, delicato, di ogni amore
tutti lo tessono a ragno, nel vuoto,
leggerezza del mio tempo che finisce
L’attimo mi si congiunge al respiro
solenne pennellata d’artista,
ho l’eterno, l’infinito, e non son vinto
(Stefano Giuseppe Scarcella)
Scartozzi Luigi
DONNA SALMASTRA
Eri fatta di sale,
lussuosa e festiva con intenzioni artistiche troppo gracili.
Proprio come l'acqua salmastra
cambiavi forma e colore per non mutare mai.
Imitavi il colore del mare
senza però averne grandezza e trasparenza.
Del mare non conoscevi neppure il vento calmato,
non invidiavo il tuo cedere ai soffi,
l'urtare rabbioso tra le scogliere.
Eri una donna di sale
ma con un profumo selvatico che adescava persino le Sirene.
Luminosa come l'acqua della fonte ostile come gli oceani.
Caduto poi finalmente l'ultimo maestrale
avevo guardato a lungo quel tuo mare profondo
senza però riconoscerne il profilo.
Troppo sale ti aveva restituita estranea alla riva.
Ora ti dicono ormai spoglia di ogni pudore,
decadente tra braccia altrui,
perduta nelle notti di falsa vergogna.
Ma perdersi ci sta.
Sapevo di perderti spesso,
sapevi di perdermi spesso.
Ma se su strade nuove sarai,
io sarò.
(Luigi Scartozzi)
Sciacca Domenico
*** (siciliano)
Quannu cunfidai a mo matri ca mi ni stava iennu,
u capìu e m’aiutau vuricannu sutta a seggia ogni lamentu...
“Mettiti a sciarpa, ddà fa friddu!” – mi dissi –
“E cecca di fari a pirsuna ranni, iu non ci sugnu pî lavariti i robbi!
È nautru munnu chiddu ca trovi, ma tu cchianici,
fui e non fumari, câ saluti non ci babbiari!”.
E uora mi femmu:
– l’umbra ‘i ‘na fotu arizzata tra ginestri e turrizzi di lava
mi gnissa i caccagni a ‘na panca –
eru carusu, sulu, ancora n’ava jutu a nudda banna.
Di innaru pattii cû trenu,
ddu minuti ‘i saluti – appena isatu u finistrinu –
smuddicaru u corridoiu ntê pinnulara ‘i centu lustri.
‘N stizzeri d’aria motta (strantuliatu cû l’occhi ammenzu ê lazza dê scappi)
fu lestu a vuci de cristiani a lat’ ‘i mia;
– unchi ita dô nvennu – ciminìi e pali ‘i cimentu
lanzati a scusiri nuvuli di vitru pistatu
supra a ‘ncustanza firrusa dô mari,
e di sècutu gallerii prissati e cutti comu i naschi dâ spiranza,
unni ‘n silenziu di ruggia dipurtava luntananzi
ribuccati dê costi dô scuru.
Nautra fimmata e ancora potti apetti, inocchia stritti
e friscuni a rimunnàri dô jonnu i cannarini.
U cielu è uora ‘n stottu ritagghiu dô rispiru
rantu l’ossutu sbadigghiu viddi dê munti.
Intantu a luna fiddìa campagni,
saliannu attàgghiu ê binari
spini ‘i ficudìnia,
e vogghia d’arrivari.
(Domenico Sciacca)
Traduzione dell’autore - ***. Quando confidai a mia madre che me ne stavo andando,/ lo comprese e mi aiutò seppellendo sotto la sedia ogni lamento … / ”Indossa la sciarpa, là fa freddo!” – mi disse – / “ E cerca di comportarti da persona matura, io non ci sarò per lavarti ipanni! / È un altro mondo quello che troverai, ma tu salici, / corri e non fumare, con la salute non ci scherzare!”. // E ora mi fermo: / – l’ombra di una foto inanellata tra ginestre e piramidi (etnee) di lava / mi ingessa i talloni ad una panca – / ero ragazzo, solo, ancora non ero andato in nessun luogo. // A gennaio partii col treno, / due minuti di saluti – appena alzato il finestrino – / sbriciolarono il corridoio tra le ciglia di cento lustri. / Un gocciolio d’aria morta (scosso con gli occhi / fra i lacci delle scarpe) fu presto la voce delle persone accanto a me; / – enfie dita dell’inverno – comignoli e pali di cemento / scagliati a scucire nuvole di vetro pestato / sulla discontinuità ferrosa del mare, /e a seguire gallerie compresse e corte come le narici della speranza, / dove un silenzio di ruggine/ deportava lontananze tracimate dalle costole del buio. // Un’altra fermata e ancora porte aperte, / ginocchia strette e fischi acuti / a potare del giorno le giugulari. // Il cielo è adesso un impreciso ritaglio del respiro / lungo l’ossuto sbadiglio verde dei monti. // Intanto la luna sfiletta campagne, / spargendo vicino ai binari / spine di fichidìndia /e voglia di arrivare.
Sciascia Cannizzaro Alice
VIAGGIO DENTRO SE STESSI
E cosa hai visto dietro l’orizzonte?
Voli?
ti fermi a pensare a te stesso?
Ti rendi conto che forse non sei niente,
sei terra che col tempo non germoglia,
sei sole che col freddo non riscalda,
sei aria che non si può respirare,
da qui riparti!
È stato giusto anche sbagliare.
Cercati aggrappandoti alle membra di chi ha voglia di scoprirti,
sognati quando gli occhi sono chiusi e i piedi fissi al suolo,
Aspetta su una rupe quando il vento ti permette di spiccare il volo.
Come una poesia che prende forma con le parole,
tu prendi forma con i sospiri, con le lacrime e con il sudore,
E non rinunciare all’ansia, alla gioia, o al dolore.
Rispetta il tuo corpo che è la casa della tua anima,
mantienilo accogliente e decoroso
per garantirle un buon riposo.
Rispetta la tua anima che abita nel tuo corpo,
non svenderla facilmente perché è fuoco sempre ardente.
Adesso sei pronto a guardar dietro l’orizzonte,
ora sì che puoi volare!
Ti rendi conto che sei forte e non esiste cosa che ti possa ferire o turbare.
(Alice Sciascia Cannizzaro)
Scordino Marisa
AUTUNNO
Dolce autunno, dalle giornate tiepide e serene,
ricco di frutta odorosa,
quanto somigli all'età matura....
ad un viso bello ma solcato leggero dalle rughe
che sorride melanconico,
ai capelli bianchi…
alle membra un po'stanche ed intorpidite.
Come te indossa un gran mantello.
E mentre il tuo è intessuto di foglie,
quello dell'età matura nasconde, tra le sue ricche pieghe,
le delusioni, gli insuccessi, le piccole paure,
mostrando spesso a tutti un volto pacato e sereno.
E come tu, o autunno,
indugi a riscaldarti agli ultimi scampoli di sole,
così lei si riscalda al pensiero della gioventù trascorsa,
cercando di trattenerla
per poi poterla ricordare nei freddi di' della vecchiaia.
(Marisa Scordino)
https://www.facebook.com/marisa.scordino.5
Sessa Sgueglia Cristina Pia
E’ FOLLIA…
Nella follia ti sprigioni smarrita
Poetando tu corri lontano
La penna ti prende la mano
È follia… ma da’ senso alla vita
Scalza…sulla sabbia bagnata
Non celare la tua nudità
Nel ricordo che mai finirà
Poi… ritorni nel corpo annientata.
E’ la vita del mondo terreno
Che ti maschera …in quello che vuole
Ti confonde…di tante parole…
Poi… ti stringe nel grande suo seno!
(Cristina Pia Sessa Sgueglia)
Siani Stefania
AD ALI SPARSE
E cosi mi ritrovo
seduta su questo scoglio,
ad ali sparse
il vento mi sfiora e fugge,
girandosi appena a sibilare.
Seduta a raccogliere
briciole cadute,
da pensieri frantumati.
Seduta in attesa
che il sole asciughi
le mie penne scure.
Non attendo galeoni
che accolgano
muti richiami,
né gabbiani
che portino pesci in dono.
Resto seduta
su uno scoglio,
ad ali sparse
raccogliendo
brandelli di pelle e cuore.
Resto seduta solo un po’
prima di ripartire,
prima di puntare al cielo
e riprendere il volo.
(Stefania Siani)
Sirch Francesca
ANIMA RIBELLE
Nata nella polvere
Di un giorno qualunque
Ne gioia ne pace
Stridore di suoni acuti
Attorno al tuo giaciglio
In una giungla senza regole
Lotti per difenderti
Graffi l'anima
Di chi ha strappato
Il tuo cuore
Parli la lingua della giungla
Non v'è maschera sul tuo volto
Solo due grandi occhi tristi
Che han visto troppe macerie
Di chi col sorriso semina odio
E raccoglie indifferenza
Nella più grande solitudine
Del genere umano.
(Francesca Sirch)
Sodano Rosa
CHE COSA RESTA..
Passi..
..foglie secche tremano sotto i piedi.. è un paradiso invecchiato in un battito di ciglia....
Il tempo ha scolorito la scritta di un tenero benvenuto...
segno di un grande amore...
.. il quadro appeso nella stanza nuda parla... onde di mare ...sole.. qualche vacanza fa..
altri nudi solitari si succedono.. altre stanze vuote.. . altre tracce alle pareti..
.. ogni chiodo ha un senso.. resta il mio perimetro di cornice vuota... fantasma di cappelli..altre storie...altri contenuti ..
Il tempo invecchia le cose... mentre impazza la vegeta che domina.. irrompe...
Il fruscio di lucertola sfrega le foglie... sfreccia riparando altrove ..
Il silenzio mi strazia.. è troppo quieto. ..
.. è strano ..
.. troppo fermo.. immobile... m' assiste muto..
.. tracce di paradiso ovunque nel labirinto intarsiato a larga mano...
.. mi estraneo...mi arretro... mi manca il respiro ...
(Rosa Sodano)
Sorcinelli Alessandra
MECCANISMI
Cuori chiusi o stresso cuore
cuori chiusi senza amore
con amore che rinchiude
con amore senza cuore.
Con lucchetto a suggellare
con sigillo ad impalmare
con le chiavi da buttare.
La filiera dell’amore.
Ma se spezzi la catena
ma se guardi oltre la rete
gorse il cuore si riapre
forse esiste anche l’amore.
Siamo solo delle chiavi
per arcane serrature
che non ci è dtao capire.
La catena dell’amare.
(Alessandra Sorcinelli)
Spera Maria Rita
CONTO
Con gioia si mise
a fare un conto.
Poi quel conto
Non contò più.
Ma il conto
Non sembrava un
Racconto raccontato.
Ma quel conto non
Venne registrato.
Quel conto era
Un conto che,
sembrava un racconto…
(Maria Rita Spera)
Spiaggia Giovanna
IO
Sono una creatura
la mia prigione,
pioggia nell'anima.
Datemi le mani,
il tempo, i sogni,
emozioni in superfice,
le mie occasiosi
senza pensieri,
raffiche di vento sulla spiaggia,
tempesta in arrivo
ed autunno
è un dolce dormire
(Gianna Spiaggia)
Sposito Claudio
A MIA MADRE
Eccoti qua
Gioia riflessa nei tuoi occhi
Felicità che accarezza le tue labbra
Amore profondo nel tuo cuore.
Grazie per
La tua anima che non invecchia
La tua vita che trasmette forza
il tuo profumo che sa di speranza.
Vivi ancora
Perché sei tutto il nostro destino
Perché seo il colore nelle nostre case
Perché sei semplivemente nostra madre.
(Claudio Sposito)
Squander Korin (Romania)
POETIZARE PERVERSĂ
Ochii mei se reazemă supuși de țărmurile reci ale nopții
mâna ta e o mângâiere călduță
în furtuna minții mele ostenite
visele mele se rup și se leagă înapoi
într-un nemărginit potir al sufletului
brațe, mâini, fibre, piele stau încolăcite,
flămânde să se nuntească
într-un singur trup;
ca o risipire de nervi
viziunea se întunecă
lumina se stinge treptat
se mai aprinde în răstimpuri
cu scurte chemări de far.
drapată într-o sobră demnitate
Sapho, perversa, se poetizează
jucându-se goală și rece
în lanuri de secară
dansul la bară n-a fost inventat pentru ea!
(Korin Squander)
Traduzione dell’autore - POETIZARE PERVERSA. I miei occhi sono trattenuti dalle fredde sponde della notte/ la tua mano è una calda consolazione/ nella tempesta della mia mente ferita/ i miei sogni si spezzano e si legano/ in un calice infinito dell'anima/ braccia, mani, fibre, pelle sono arrotolati,/ affamate di sposarsi/ in un solo corpo;/ come uno spreco di nervi/ la visione si oscura/ la luce si spegne gradualmente/ si accende ancora di nuovo/ con chiamate brevi./ drappeggiata in una sobria dignità/ Sapho, perversa, si poetiza/ giocandosi nuda e fredda/ nelle gamme di segale/ la danza al bar non è stata inventata per lei!
Traduzione in inglese dell’autore - PERVERSE POETRY. My eyes are restrained by the cold shores of the night/ your hand is a warm consolation/ in the storm of my wounded mind/ my dreams break and bind back/ in an infinite chalice of the soul/ arms, hands, fibers, skin are coiled,/ hungry to get married/ in one body;/ like a waste of nerves/ the vision darkens/ the light turns off gradually/ it still lights up again/ with short beacon calls./ draped in a sober dignity/ Sapho, perverse, poets/ playing naked and cold/ in rye ranges/ the dance at the bar was not invented for hes!
Stamenova Kristina (Macedonia)
ЦИКЛУС
Нашите раце се обидуваат да се пронајдат
додека животот одминува
меѓу сликите на универзумот.
Кој си ти? Која сум јас?
Кои сме ние?
Срцебиењето на новороденчето сме,
првата пролетна роса.,
ветрот што ги одвејува црвените лисја
и душата на мртвите.
Ние сме две осамени ѕвезди на небото,
толку блиски, а сепак далечни.
(Kristina Stamenova)
Traduzione dell’autrice - IL CICLO. Le nostri mani si cercano/ mentre la vita si sparge/ tra immagini dell’universo/ Chi sei tu? Chi sono io?/ Chi siamo noi?/ Siamo il battito del cuore del neonato,/ la prima rugiada priamaverile,/ il vento che porta via le foglie rosse/ e l’anima dei morti./ Siamo due stelle abbandonate sul cielo,/ così vicine eppur tanto lontane.
Stan Lidia
GLI ANGELI
Tu eri
un Angelo nero
no, non Angelo della notte
eri proprio
come un cioccolato.
Dal tuo animo
traboccava l'amarezza
e la bontà
Con gli occhi rossi
cercavi il sole
con le mani nere
altre mani
Non importavano
i colori
Vicino a te
seduti
erano altri Angeli -
gialli; bianchi, rossi, verdi. ..
Peccato
che tanti non
vedono tutti colori
Solo i bambini
disegnavano Angeli
in colori diversi
perché i bambini
sono Angeli
(Lidia Stan)
Stan Maria Magdalena (România)
IUBITĂ MAMĂ…
Cum aş putea să te răsplătesc vreodată
Pentru toate sacrificiile ce le-ai îndurat,
Ca să-mi întinzi la picioare lumea toată
Să-mi oferi în societate locul binemeritat.
Ai scrijelit chipul meu în genunea minţii tale
Sufletu-ţi chinuit fără tăgadă l-ai amanetat,
Inima-ţi rănită picura umplând pocale
Dar nu te-ai oprit nicicând, ai continuat.
Ai renunţat la viaţa ta pentru viaţa mea
Cu seva existenţei tale pe mine mă hrăneşti,
Nu ştiu, maicuţă, de unde mai găseşti puterea
De dor şi suferinţă să mă lecuieşti.
Mi-ai dăruit trăiri de maximă intensitate
Cu patos şi încrâncenare te-ai sacrificat,
Pe chip îţi citeam, uneori, suferinţi bine mascate
Pe-altarul iubirii sentimentele le-ai glorificat.
O singură prajitură de se-ntâmpla a avea
Mi-o ofereai spunând că nu ţi-e poftă,
Când eram mică mintea mea nu-nţelegea
Războiul lăuntric ce-ţi pulsa în aortă.
În maratonul iubirii cu care mă-nconjori
Ai uitat să mai ai grijă şi de tine,
Te rog, măicuţă, nu te mai neglija
Căci prea multă nevoie am de tine.
Iartă-mă de ţi-am greşit cu vorba,
Iartă-mă de ţi-am greşit cu fapta, uneori,
Iartă-mă dacă nu ţi-am răsplătit jertfa,
Iartă-mă că te-am secătuit de puteri deseori!
Eşti darul cel mai scump pe-acest pământ
Eşti îngerul meu iubit cu aripile frânte,
Ţi le-ai smuls să mi le oferi acoperământ
Viaţa ţi-ai transformat-o într-o continuă servitute.
(Maria Magdalena Stan)
Traduzione dell’autrice - CARA MAMMA. Come posso mai ringraziarti/ Per tutto quello che hai fatto per me,/ Per avermi dato tutto il mondo ai miei piedi/ e in società il posto meritato.// Mi hai dipinto lo sguardo nella tua mente/ Il tuo cuore l’hai sacrificato e poi l’hai ammanettato per me/ Il tuo cuore lascia le sue gocce riempire i vasi/ Però tu non ti sei mai fermata sei andata avanti così...// Hai rinunciato alla tua vita per la mia/ Con la tua anima tu mi fai vivere ogni giorno/ Non so mamma da dove trovi tutta questa forza/ per curarmi l’anima e il dolore// Mi hai fatto vivere emozioni forti e intense/ A volte nel tuo sguardo trovavo sofferenze ben nascoste../ E dall’altra parte amore,/ chee hai fatto rivivere nei tuoi sentimenti// Se c’era un solo dolce tu me/ l’offrivi dicendo che non ti piaceva../ Quando ero piccola non me ne accorgevo di tutto quello che accadeva/ La guerra che tu avevi nella tua anima.// Nella maratona d’amore con la quale mi circondi/ Ti sei scordata di avere cura di te stessa/ Per favore ricordarti di curarti di più fatti trascinare / Dall’amore che io ti porto// Scusa se a volte non mi sono comportata bene e ti ho fatto arrabbiare/ Scusami se ho sbagliato qualche volta/ Perdonami se non ti ho mai ringraziato come si deve/ Perdonami se a volte non avevi più fiato..// Sei il regalo più grande del mondo/ Sei il mio angelo custode con le ali strappate/ Le hai strappate per darmele a me/ La tua vita l’hai vissuta in un continuo servizio per gli altri
Stoica Dorina (Romania)
TERTIPURI COTIDIENE
Niște stele puse pe șotii fac trecătorilor cu ochiul.
Sunt atât de trează încât orașul îmi apare ireal
și mă înțeapă cu toate colțurile străzilor întunecate
prin care haite de câini se împerechează haotic.
Caut cu disperare o pastilă de diazepan.
O turmă de nori stau gata să se prăbușească peste oraș.
Soarele se adapă din fântâni din ce în ce mai adânci.
Matinală îmi scriu fără diacritice viața pe blog, apoi
scot aripile din șifonier. Sunt boțite și mâncate pe alocuri
de molii. Le scutur. În nări înflorește un lan de lavandă.
Cu ochii mijiți, mă privesc în oglindă. Mă văd
din ce in ce mai obosită. Mi-aș dori să nu-mi mai cadă
toți pixelii în depresie,
să nu mai plâng de mila licuricilor
când noapte de noapte îi strivesc sub tălpile papucilor
din plastic. Încep o nouă zi.
Catisme,
icosuri, condacuri, mătănii,
în dangăt de toacă
în sunet de clopot,
cu frenezie
pănă la os,
până la rană,
până la lacrimă
îmi crește o biserică direct din inimă!
La spitalul de urgentă o mulțime de tinere
stau să nască niște copii ai fricii ce vor plânge
până vor primi o nouă șansă, ori până ce vor
găsi o țară normală și o casă a sperantei.
(Dorina Stoica)
Traduzione dell’autrice - USANZE QUOTIDIANE. Alcune stelle stanno giocando con i passanti./ Sono sveglio e la città sembra irreale/ con tutti gli angoli delle strade buie attraverso/ il quale i branchi di cani si accoppiavano in modo caotico./ Cerco disperatamente una pillola di diazepano./ Un gregge di nuvole è pronto a crollare sulla città./ Il sole viene alimentato da fontane più profonde./ Matinal scrive il mio blog senza accenti, quindi/ Prendo le ali dall'armadio. Sono doloranti e mangiati a volte/ di falene. li scuoto. Nelle narici sta fiorendo una catena di lavanda./ Con gli occhi della mia mente, mi guardo allo specchio./ Capisco stancarsi vorrei non cadere/
più tutti i pixel in depressione,/ per non lamentarsi della misericordia delle lucciole/
quando la notte li scuote sotto le suole delle/ scarpe plastica./ Sto iniziando un nuovo giorno con le preghiere/ nel suono della campana,/ con frenesia fino all'osso,/ fino alla ferita, allo strappo/ Cresco una chiesa direttamente dal mio cuore!/ All'ospedale di emergenza un sacco di giovani daranno/ alla luce alcuni bambini della paura che piangerà/ fino a quando non avranno una nuova possibilità,/ o finché non troveranno un paese normale e una casa di speranza.
Tagliabue Antonella
NEL VENTO CALDO DI FOEHN
Continueranno a gemmare sui rami
ora sono caduche foglie
l’autunno ritarda i suoi tempi
e mescola gradazioni nell’aria.
Gioca con l’alba ambrate miscele
e nella luminosità del giorno
disegna col sole inconsuete cromie
sulla tavolozza del vento di foehn.
Sfrecciano scie d’aerei limpida e variegata
di traslazioni sbilenche è la sera,
uno sciame infuocato di rara bellezza
è spalmato sul ventaglio del cielo
vivace in sosta al tramonto.
Cala il sipario del sole e in traiettoria
affiora una palla di luna
d’intensità silenziosa nel tepore del vento
espande profuso chiarore.
Insolita avvolta da un alone di luce e mistero
superba per le vie della notte rischiara
con la scia delle stelle
anche la direzione dei sogni.
(Antonella Tagliabue)
Tarallo Rosanna
14 AGOSTO (a Genova)
Oggi una stella mi ha tradito
Disarcionando il mio sogno
Venuto da lontano
Lo ha scaraventato giù
Senza pietà
Affondandolo nel buio del nulla
Disperato il mio sogno
Ha pensato di svanire
Nella gabbia di acciaio e cemento
Polverizzata come briciole di meringa
Violentata da mani malvagie
Disintegrata in un attimo infinito
Ma il mio sogno non è morto
Vola su nella memoria
Trasportato dal vento
Ora viaggia su un’altra stella
Lo vedo brillare
Lassù
Tra milioni di stelle
(Rosanna Tarallo)
Tardino Giuseppe
CIPRESSI
Oh voi cipressi alte e imponenti sentinelle della città dei morti,
con le vostre cime che ondeggiano al più lieve soffio di vento
custodi siete di questo lembo di terra,
confine fate con chi ancora calpesta l’altra sponda, nell’attesa:
chissà quando?
Arriva il suo ultimo giorno.
Vigili guardie senza muta siete.
Tutti i giorni alla stessa ora vedete il solito custode aprire
il cancello e dall’alto in fondo alla via osservate con un gemito
sussurrato:
<<Chi verrà oggi a tenerci compagnia?>>
Tutti ospitate:
bambini che hanno lasciato i giocattoli
candide ali date loro, e volando lieti
accompagnati da serafini con armoniosi canti
a giocare vanno all’asilo dei pulcini
felici insieme giocano con gli altri bambini
sapendo che la classe non si può cambiare
e per sempre resteranno teneri angeli e gioiosi bambini.
Giovani imprudenti dalla vita stroncata:
che premura avevate d’arrivare al traguardo sbagliato?
Ma accelerando, via avete sbagliato
e prima dell’ora stabilita siete arrivati.
Quanto strazio c’è nelle vie.
Riflettiamo e senza correre aspettiamo la chiamata di Dio.
Operai deceduti sul posto di lavoro,
la moglie aspetta invano a pranzo o a cena,
lui non arriva; al suo posto la triste notizia
che nessuno vorrebbe sentire.
Donne, uomini di qualsiasi età
colpiti da un maligno e incurabile male,
tutto lasciano affidandolo al destino.
I vecchi che hanno tanto da raccontare
stanchi del cammino, gli ultimi sono ad arrivare.
<<Perché dietro mi avete lasciato? Non mi potevate aspettare?>>
Così, cari cipressi, il sole vedete tramontare.
Buia si fa la notte e tutto tace,
nel tranquillo silenzio voi vegliate,
capaci non siete di chiuder un occhio.
Il vostro incarico fedeli lo svolgete.
La notte passate vigili e attenti,
l’aurora spunta e voi site sempre presenti.
Arriva il compito del solito becchino.
Nessuno c’è lungo il viale
e a poco a poco qualcuno vedete arrivare
a passi lenti con un fiore in mano.
Ci sono anch’io tra quella gente.
Scendono dagli occhi lacrime d’amore:
mia figlia è viva dentro il mio cuore.
Tengo in mano un tulipano,
il fiore da Rita preferito.
Questo bianco fiore a te ho portato.
Candido fiore d’amore non appassire,
fai compagnia a mia figlia più che puoi,
messo nel solito vaso con una lacrima di pianto l’ho annaffiato.
Oltre questo cosa posso fare?
Solo pregare.
Triste esco da questo luogo
con gli occhi rivolti al cielo.
A voi cari cipressi invoco
quando andrò a far compagnia
ai cipressi della terra mia
con il vento manderò messaggi
a Rita mia
lei risponderà:
<<Con te vicino sono in buona compagnia>>.
(Tardino Giuseppe)
Targelia (pseudonimo)
ATTO INFINITO
Gioco senza fine
Ballo senza fine
Cos'ha in realtà un fine?
Niente ha un fine
Tutto è soggetto all'infinitudine del corpo
Poiché sostanza infinita
Che si muove in spazi temporali definiti
Dalla nostra ragione
Infinita.
Illogico o logico?
Eterno contrasto tra la moralità del giusto e l'immoralità delle errate scelte che avvengono
Secondo precisi dettami a noi incomprensibile poiché infiniti.
(Targelia)
Tarsi Antonio
IL LUME
il nostro lume non passa più su per le scale
il nostro camino non fuma più nelle lunghe gioiose sere d’inverno
in cucina gli odori i profumi scomparsi
i nostri letti composti
nei loro lettini i nostri piccoli non dormono più
non sognano più sorridenti l’alba che verrà
il loro primo giorno di scuola di asilo
la dottrina la domenica
i suoni delle campanelle
nel cuore della notte non si sente più
-mamma … papà …
-voglio bere . . .
-mamma… ho fatto un brutto sogno…
-dormi figlio mio piccolo mio
-diciamo insieme una preghiera alla Madonna nostra
-a san Giuseppe nostro
-che non passa più sotto le nostre finestre a braccia aperte
d’estate nessuno si tuffa più nella vasca di famiglia
nessuno nel mare
in bagno non scorre più l’acqua
Roby Gel quello dei gelati passa diritto
la vecchia renault è proprio ferma
il profumo del pane caldo è chiuso nel forno
amori perduti lontani dispersi
amori mai più ritrovati
amori divisi bloccati amori fra due mondi
amori senza tempo
nessuno viaggia più
nessuno è atteso la sera
gli amici le amiche lontane
le suore emigrate
il sacerdote non passa più
-non ci chiami più
i nostri medici di base hanno cancellato i nostri nomi
l’anagrafe non ci conosce più
non sentiamo più freddo né caldo
non prendiamo più treno aereo pulman
la pioggia non batte più sulle nostre finestre
sul nostro tetto
i telefoni non squillano più
i cellulari spenti non raggiungibili
il postino ha bussato già alla nostra porta
-anzi vi dico non bussate più in via Grottella
l’orologio della piazza ha già suonato le sue ore
non vi fermate più davanti al 103
le feste sono senza campane per noi
passa il vento il sole la pioggia il mare
il tempo le stagioni
l’alba il tramonto
la tempesta la calura
l’acqua tutto è insaporo inodore incolore
passiamo lontano lontano lontano
lontani nel mondo nella storia nei secoli nei millenni
sempre più
lontani lontani lontani
senza occhi per guardare
mani per salutare
gambe per camminare
braccia per sollevarvi
spalle per portarvi
ci hanno, loro, i nostri piccoli
portati lontani lontani lontani
abbandonati
nel tempo nella storia nei secoli che verranno
e quando mai torneremo da questo viaggio!
pensateci lontani lontani lontani
pensateci vicini vicini vicini
nei vostri cuori
noi per ora siamo
lontani lontani lontani!
la notte sarà lunga da passare
siamo anzi non siamo
lontani lontani lontani!
e vi ripeto non bussate più in via Grottella
non vi fermate più davanti al 103
mai più mai più mai più
nessuno mai più potrà aprirvi
aprirvi aprirvi aprirvi
mai più mai più mai più
ora ci accoglie la chiesa delle anime sante del Purgatorio
dove non entra più nessuno!
(Antonio Tarsi)
Tartaglia Emanuele
TORMENTATA PASSIONE
Albeggia il pensiero
dinanzi alla notte
Cruente è il tormento
che si piega all'incudine
Il volto è scoperto
La stanza
implora quei sospiri
caldi e affannosi
La mantide osserva
sulla parete
immobile
La finestra
ristagna gli aliti rubati
a quel primordiale desiderio
Osservo l'incudine
pesante come il mio capo
Circuisce ogni stato mentale
Il pensiero brama di lei
Fugge via
tra la bruma del mattino
Freddo il sipario
di questa vita
Mancano
il suo calore
la sua passione
che dipingevano il mio mondo
Il cuore è triste
senza i suoi colori
Non c'è via di scampo
Come la mantide
uccide il suo amante
la sua assenza
uccide me
Il tempo è ormai tarlato
Capelli grigi
schiumano dalla fronte
Non vi è tregua
Le stagioni si rinnovano
ma il pensiero di te
si dimena ancora
su quell'incudine...
(Emanuele Trataglia)
Tartaglia Giovanni
SOGNO
Sogno una vita
carica di emozioni,
che mi dona istanti
di gioia e tristezza,
e che trasformi i
miei desideri in realtà .
Sogno una vita
ricca sincerità e amore...
perché la vita è tutto
questo!
Attimi di vera luce che
raccontano il viaggio
del nostro cuore,
rapiscono la nostra mente ,
per farci volare sempre più
in alto tenendo per mano
l'anima tanto cercata!
Sogno te!
(Giovanni Tartaglia)
Tassone Rocco Giuseppe
INFINITESIMI PLANETARI
E quando quel giorno verrà,
ora che il mio tempo
è più nel passato che nel futuro,
voglio andarmene silenziosamente solo:
né un pianto, né una lacrima
manco un vago pensiero,
nella certezza che tutto è finito,
mentre l’universo continuerà a vagare
nel tempo e per il tempo dell’eternità,
appagato d’essere stato per un istante
un insignificante granello
degli infinitesimi planetari!
(Rocco Giuseppe Tassone)
Tenu Irina Cristina (Romania)
PRINTRE IUBIRE ȘI URĂ
Nimic senzațional la orizont…
O apă tulbure și-un suflet
ce-noată în derivă
tăind valul ce vine cu trupul liber de iubire.
Furtuna îl privește râzând ironic
la soarta ce-așteaptă
să bată iarăși gongul în
pieptul ce se scaldă
printre lumini și umbre
ce-ascund un adevăr și o minciună.
Pădurile virgine îmbrățișează ploaia
ce mângâie în treacăt un chip blajin
ce a uitat a se iubi pe sine,
și bâjbâie prin întuneric, prin
anotimpuri ce-i par străine.
O inimă încearcă
din răsputeri să bată
din aripile frânte de lupii sorții ce-au mușcat
cu poftă din trupul mult prea firav
ce sângerează grav.
Se aude-ndepărtare cum disperarea vine,
cum se înfruptă flâmândă din trupul ce
de-ndată devine doar carne vie.
Macabru e spectacolul în scenă pus de viață,
prea trist e personajul ce joacă-n a sa piesă, dar
nu știe că al său rol e doar o dură povață.
Nimic senzațional la orizont…
Doar lumini și umbre,
și printre ele un trandafir
ce și-a înțeles destinul tragic,
acela de-a trăi mult prea puțin,
poate o clipă, poate o zi
de dragoste fierbinte.
Nimic senzațional la orizont…
Doar un suflet ce-noată în derivă
printre iubire și ură.
(Irina Cristina Tenu)
Traduzione di… - Tra amore e odio. Niente sensazionale all’orizzonte…/ Un’acqua torbida e un’anima/ che nuota in deriva,/ tagliando l’onda che porta il corpo/ libero d’amore./ La tempesta lo guarda ironicamente/ sorridendo al destino che aspetta di nuovo/ per battere il gong nel petto/ trovato tra le luci e le ombre che nascondono/ una verità e una bugia./ Le vergine foreste abbracciano/ la pioggia/ che accarezza al volo/ un viso fragile/ che ha dimenticato a di amare a se stessi,/ e vaga nel buio,/ tra le stagioni che le sono estranee./ Un cuore che/ con fatica cerca di battere/ dalle ali infrante dai lupi del destino/ che hanno morso dal corpo/ troppo fragile che/ sanguina profondo./ Si sente in lontananza come/ la disperazione arriva,/ come sta divorando affamata dal/ corpo che/ subito diventa solo carne viva./ Macabro è lo spettacolo/
messo in scena dalla vita,/ troppo triste è il personaggio che/ si gioca il proprio ruolo, ma/ non sa che il suo ruolo e solo/ un insegnamento difficile./ Niente sensazionale all’orizzonte…/ Solo luci e ombre,/ e tra di loro una rosa/ che ha capito il suo tragico destino,/ quello di vivere troppo poco,/ magari un instante, magari un giorno/ di folle amore./ Niente sensazionale all’orizzonte…/ Solo un’anima che nuota persa/ Tra amore e odio.
Terzaroli Roberto
OLTRE
Infiniti quei sentieri
che ci portano alle stelle,
meteoriti nel cammino,
ma le strade sono belle
e ci portano lontano
dentro il buio più profondo,
per riflettersi nel mare,
marinaio vagabondo.
Alla ricerca di una terra
dolce e bella ma anche inquieta,
che ci scuote dall'interno
con le luci della sera.
E dormiamo tutti quanti
in questa chiara e lunga notte,
e sotto gli occhi sempre chiusi
ripetiamo tante volte
che la vita è un po' più bella
con qualcuno che ci ama.
E si inchina l'universo,
la paura si allontana,
al cospetto della cosa
che dà luce ad ogni cielo,
cosi immensa e silenziosa
oltre questo grande velo.
(Roberto Terzaroli)
Theo John
(Bartolomeo Di Giovanni)
DIVINO AMARTI
Vorrei ubriacarmi di te,
con vino rosso sceso
dalla fronte fino al palmo delle mani.
Mi ubriaco di te
un vino che ha spaccato calici
ed ossidato arguti occhi.
Sono ubriaco di te
di sangue rosso porpora
una tinta a getto
dentro le mie vene.
Con il vetro di un bicchiere recido
la distanza
in acqua e carne
di sangue e vino
Divino è amarti.
Theo John
(Bartolomeo Di Giovanni)
Tognini Karen
L'UMANITÀ PIÚ PURA
Non disturbate gli alberi in Autunno
Quando silenziosi si spogliano
degli ori e rossi decori
Rimangono pudici rami nudi
Timidi e semplici
Come l'umanità piú pura
(Karen Tognini)
Tomarchio Rosario
ALL'AMICA
Che gran dolore vederti immobile
nel letto a curar le ferrite del corpo
Fanciulla dirmi ora che sei fragile
come una foglia porta via dal vento
e indifesa come un fiore
del primo raggio di luce del giorno
chi curerà le piaghe dell'anima?
Non temer mia fanciulla resto qui in silenzio
a vegliare giorno e notte e il mio ringraziamento
sarà il tuo sorriso
(Rosario Tomarchio)
Tornabene Barbara
LA DANZATRICE
Volteggi sulla pista
scivolando e svolazzando,
come la più brava ballerina.
Intrecci il passo
al ritmo di note
languidamente suonate,
avvertite da altoparlanti.
Vibri leggiadra
come una farfalla,
teneramente posata
su una carrozzina,
su ruote che paiono
svelte gambe
E ridi alla vita
abbracciando la gioia
(Barbara Tornabene)
Trapani Maria Gabriella
ANIMA
Finalmente posso sentire
il profumo del silenzio!
Se avesse sembianze umane
lo abbraccerei questo silenzio
così desiderato.
Accarezzo ad occhi chiusi
la mia fronte
le guance
il contorno e il profilo del mio viso.
Sono quelli di una giovane donna
raccolgo i lunghi capelli biondi in uno chignon
sono davanti ad uno specchio:
è come se il passato remoto e recente
non avessero più gran peso
sono soltanto io e la mia pelle morbida.
Mi lascio avvolgere da questa sensazione
intorno a me nessun suono o rumore.
(Maria Gabriella Trapani)
Trentino Mario Michael
MALE SILENZIOSO
Silenziosamente avanzi, colpisci, ti moltiplichi,
distruggi certezze e sogni,
Nessuno ti aspetta, scavi e prendi,
Indebolendo il corpo, l'organismo,
Cattivo e spietato, mostro, un lenimento per l'anima,
stanco di giocare e sconfitto all'apparenza,
a volte ritorni più forte di prima.
Un giorno arriverà chi sconfiggerá te,
La speranza ed il coraggio di tanti eroi e lottatori,
di sorrisi, dove regnano positività e ottimismo.
Come prima dell'amore c'è la speranza,
L'idea che tutto migliora,
perché il potere della speranza
ci libera dalle catene della disperazione e sofferenza,
dando la gioia di vivere e di amare la vita...
(Mario Michael Trentino)
Treppiedi Totò
LI LACRIMI DI SAN LORENZO* (Siciliano)
Pirtusu senza rivirenza di paci can nun si vidi
lu tiempu si è luntanu nun è prisenti
si è prisenti nun è luntanu,
addrumà na forza di fuecu senza parlari,
aria ca si vidi e nun si vidi e nun si fa tuccari.
Vita d’arti e di natura persa
callaruni di energia ncutufata
ca ogni spranza fa muriri
ca ogni stasciuni ntrona.
La luci di lu suli assà ti siddrìa
luci ca ti rapi l’uecchi
luci di cuntrastu, sicurizza e nsignamientu
luci ca annorba cirtizzi e alliscia vuluntà.
Petra celesti ca strica e addruma lu ciravieddru
beddra prissioni ca annacannusi callìa li cuerpi.
Lesta lesta si va spaccannu
lassa signala di matriali ni lu cursu di la so vita.
Petra di scantu,
petra ginirusa ma ca porta stanchizza d’armu
petra ca lassa, detritu… detritu….detritu…
*Perseidi
(Totò Treppiedi)
Traduzione dell’autore - LE LACRIME DI SAN LORENZO*. Buco senza riverènza di pace che non si vede/ il tempo se è lontano non è presente/ se è presente non è lontano,/ si accende una forza di fuoco senza parlare,/ aria che si vede e non si vede e non si fa toccare.// Vita di arte e di natura perduta/ calderone di energia pressata/ che ogni speranza fa morire/ che ogni stagione stordisce.// La luce del sole ti infastidisce molto/ luce che ti apre gli occhi/ luce di contrasto, sicurezza ed insegnamento/ luce che acceca le certezze e accarezza le volontà.// Pietra celeste che sfiora e accende il cervello/ bella pressione che muovendosi riscalda i corpi./ Presto presto si va sfaldando/ lascia segnali di pietrisco nel corso della sua vita.// Pietra di paura/ pietra generosa che porta stanchezza d’animo/ pietra che lascia detriti…..detriti…..detriti…..
*(sciame meteorico originato dal passaggio della cometa Swift – Tuttle)
Trovato Dada
FOGLIE
Accartocciate
da una morente
linfa vitale
mosse dal vento
giocano una danza
senza melodia,
impavide
salgono, si innalzano,
volteggiano,
ricadono ai piedi
dell’albero
che ormai,
protesi i suoi
rami nodosi
a un cielo piangente,
geme
vedendole
lentamente finire.
(Dada Trovato)
Truncellito Gianluca
FUGGIRE DALL'ANIMA
Molte cose non si possono scegliere.
È inutile scappare,
Davanti a te una montagna.
La scalata è ardua,
con il tuo aiuto ce la farai,
nessuno può aiutarti.
Soggetti fastidiosi,
consigli inopportuni,
gente presuntuosa.
Hai deciso di partire,
una notte d'estate,
Il cielo blu
illuminato dalle stelle,
ti guideranno in questa tua avventura.
Solo tu puoi aiutarti...
(Gianluca Truncellito)
Turchetti Antonella
E’ AUTUNNO
È autunno...
e io sono foglia,
e come foglia danzo
buttando i miei capelli
in cerchi scuri come corteccia.
Sono ramo spoglio,
teso verso un cielo
fatto di nubi scolorite.
Sono ricciolo di nebbia effimera,
che si sfrangia e s'incunea e rotola
fra le rive dei ruscelli
come un serpente in cerca di una tana.
Sono fungo che spunta
e si apre al profumo umido del bosco,
e riccio spinoso
chiuso attorno al mio cuore dolce.
Sono fumo di legna
che veste di veli grigi la campagna,
e fugge correndo
lungo i sentieri addormentati.
Sono terra stanca , assonata,
segnata da solchi che sembrano rughe,
prossima ad un sonno di morte apparente
con racchiuso in me
il seme della rinascita.
È autunno
e io sono vento,
e come vento
vago ombroso qui e là
in cerca di pace.
(Antonella Turchetti)
Usuardi Annalisa
VARIAZIONI
Soppesare il tono e le parole
Nell’enigma di vedere il sole
E tornare a giorni lontani
Quando l’amore fioriva a piene mani.
Poi nel tempo vorace
un silenzio senza pace,
ove si consuma nella lontananza
il dolore profondo della distanza.
Spietata la tela della differenza
Nella solitaria sofferenza,
mentre lo sguardo innamorato
più non trova il segnale ricambiato.
Nella memoria dolce d’altra vita
La comunanza d’affetti infinita,
ma nell’oggi solo il tremore
d’un latitante e misterioso amore.
Della sigaretta resta il conforto
in quest’ora di sole pallido e smorto.
(Annalisa Usuardi)
Vaccaro Nicolò
C’ERA UNA VOLTA
C’era una volta…
il tempo
ed era tanto, infinito,
davanti agli occhi di un bambino
Che cresceva inseguendolo…
il tempo
E ci giocava, lo spezzettava, lo ricomponeva…
Non c’era il domani, non c’era il quando…
C’era una volta…
un tempo
Quello che volevamo fermare
Quello che sapevamo avremmo rimpianto
E dentro quel tempo c’erano loro,
inseguiti dai giorni;
Visi e voci e sorrisi e lacrime,
Gioie e dolori così veri da poterli toccare.
Oggi non c’è più…
tempo
Solo ritagli di giorni, di ore, di minuti,
spesi ad accumulare…
oggetti.
Le cose futili hanno preso il sopravvento
E ci hanno rubato…
i sogni!
Oggi siamo noi inseguiti dal tempo,
e senza voltarci indietro
pretendiamo di affrontare…
il futuro.
Noi che abbiamo imparato il valore del tempo
mentre il tempo è li che passa
E scorre come un fiume senza rapide
Continuo eppure sempre diverso
E nel suo lento andare
Porta via pezzi di vita come ciottoli
Che rotolano nella corrente
Nell’attesa di arrivare a una spiaggia
dove potersi…
trovare!
(Nicolò Vaccaro)
Vascella Anna
INFINITO AMORE
Tu,
fiore d'affetto famigliare,
che al tuo genitore dai l'onore di chiamarti figlio del tuo sangue.
Gioia di un cuore paterno, di una mamma e di una sorella.
Ricordo, ancora i sacrifici che il padre tuo ha fatto per te,
è questo pensiero tu lo ami sempre di più.
Oh, profumato fiore di gioventù, perché sei lontano a noi?
Non è mio voler, tu rispondi. Si, è vero!
Ma tu, tornerai presto alla tua casa paterna,
fra le braccia di nostro padre, sotto le cura di nostra madre
e l' affetto di una sorella.
(Anna Vascella)
Vecchio Giovanna
A MIO PADRE
Verso la soglia,
ci hai investiti di tenerezza,
ed eri roccia!
Al limitar della soglia,
luce di cielo
in riflessi di foresta e acquamarina:
i tuoi occhi!
Ci aggrappammo all'eco di un richiamo,
e fummo pietra!
Un intreccio di spine
a graffiarci il cuore,
annodando in gola il nostro dolore
in grida sorde e rassegnate.
Nella tempesta dell'attesa,
un accenno di fiato e poi: il Volo!
Le ultime carezze a cristallizzare gli slanci
in tepore di abbracci composti e pianto.
Il nostro Amore,
a dipanare del crepuscolo le tenebre
in cascami di petali di rosa!
E, l' aurora ci scopre
eredi di sogni mai sognati
e di solchi scavati nel profondo
fino in fondo
gli interstizi del nostro cuore
a mantenere salde le radici della tua storia
che' sopravviva al distacco eterno!
Oltre la soglia,
fioccata bianca d'ovatta e leggerezza:
la tua Pace!
(Giovanna Vecchio)
Verzulli Luca
SEI UN AMORE AL SAPOR DI MIELE
Non amo le feste
non amo i luoghi troppo affollati
solo perché non riuscirei a vederti bene
ti inviterei ad un bar
dove mi potrei sedere
davanti a te ed ordinare da bere
sorregere l’imbarazzo del momento
arrossire e guardare in basso
fin quando nei tuoi occhi non ci ricasco
io ordino un mojito
tu nell’indecisione mi sfiori il dito
con quella tenerezza che ti appartiene
sei un amore al sapor di miele
Ci aggrappiamo l’un l’altro
perché abbiam paura di cadere
queste emozioni ti fanno cedere le gambe
ma non mi sono mai sentito così forte come le Ande
mi sento roccia affianco a te
ma mi sento anche fragile
labile e impotente, piccolo e saccente
perché ora ho tutto ma io sono niente
se solo non avessi te.
(Luca Verzulli)
Vignola Iris
ATAVICO AMPLESSO NELL'EDEN SÌ PERDUTO
Dall’alito sorgivo,
nasceva Adamo, su terra consacrata;
dalla sua costola predetta,
s’innalzò Eva, appariscente, immacolata bellezza.
Tra i lillà, soggiacevan alla vita,
prorompenti e innocenti le lor caste nudità.
Compagni d’avventura... O di sventura,
per l’arbitrio di chi non avea pari alcuno.
Silenzio in scaglie,
negli anfratti del seno prescelto,
fra costante rumor di fauna sibillina
e flora abbarbicata ch’odorava persino nei colori.
Acqua adamantina, di purezza straripante.
Quasi giardin del cielo,
quell’Eden acquisito e primordiale;
singolare riflesso d’eccelso Paradiso.
Tra fronde verdeggianti e frutti sconosciuti,
avean casa viscide serpi velenose.
Fra cosce candide di donna, divenute esasperate,
strisciava il vile ingannatore,
scatenando qualcosa d’inconsueto,
oltre alla percezione del pudore.
Di sangue s'infradiciaron le sue gambe.
D’istinti d’altra specie, esagitò Eva, ch’ignuda si sentì,
fin a coprirsi con la foglia d’un tenero virgulto.
Negata, quella mela che porse al prediletto Adamo,
che la seguì, privo d’obiezione.
Tremolii su primitive labbra consenzienti
dischiuse,
nello sfiorar d'un cristallino bacio,
seppur prologo d'ulteriori eccessi fattisi irruenti.
Tra oleandri e rampicanti,
betulle e piante sempreverdi,
gli olezzi dei roseti
inebriavano l'olfatto.
Parossismi equipollenti, nei lor sensi ossessionati,
sguardi impertinenti
supplicavano il coraggio
per quegl'istinti di cui non erano coscienti.
Coperti dal primordiale cielo,
vermiglio, nei riflessi conturbanti, ceduti al mare,
nel suo ospitare il sole e i suoi colori rosseggianti,
nell'imbrunire, sì posto a ventaglio,
il femminile corpo seducente e nudo.
E nell'atavico amplesso sconsacrante,
dacché non eran sposi consacrati,
godeva il serpente, nella sua spira avviluppato,
nel mentre il sole perdeva i suoi appigli,
calandosi nell'acque divenute turbolente.
Ma s’oscuraron cirri, su di loro,
forgiando nubi di carbone,
si coprì il cielo, delle tinte della rabbia e d’impotenza,
scatenatesi all’indegno tradimento.
Poi giunse il tuono, nell'ira del Creatore, palesato,
lor Dio Padre, che li additò a spergiuri e stolti peccatori,
sancendo pene gravi e pianti disperati,
per l'avventata Eva e il suo compagno Adamo.
Nel sospiro, che dal petto s’immolava,
s’arrancava il pentimento,
valicando il confine di tal Eden
sì perduto e benedetto.
D’uno sguardo dissonante,
si vestiron i lor occhi già cacciati e maledetti;
artefatte, la bellezza e la purezza,
ai compagni di condanna e di dolore...
Stranieri a quel giardino,
nel lor errar nel mondo ignoto, alfin conobbero le vesti.
(Iris Vignola)
Virgoletti Primavera
TRACCE MATERNE
E ancor ti guardo, oh madre, assisa alla tua seggiola
dove cullarti è solito, mentre tramonta il giorno.
Da troppo tempo, sai, prigione ormai decisa
questa tua stanza il mondo tuo è diventato ormai.
Il cuore mio si stringe al torbido pensiero
cercando tra i ricordi ormai di te sbiaditi.
Il volto sempre dolce di fulva chioma ornato,
le braccia ben tornite, le gambe snelle e ruvide
che di fatica al tempo erano già provate.
Quanto lavoro, tanto, finir non v’era l’ora.
E resto a contemplarti, attonita e delusa
a quel che un tempo fosti, determinata e forte.
Amabile persona e premurosa madre
da sempre hai in te serbato pazienza e dignità
Ti guardo, oh madre, vinta, ancora li seduta,
dove consuma il tempo le ore dell’oblio,
in apparenza senza un’emozione labile,
breve passaggio, lieve, sollievo interminabile
attesa mai sopita lasciando in noi l’angoscia
di un vuoto troppo grande, che il tempo non cancella.
E ti sorrido, oh madre, al consueto fare
ti sfiora la mia mano l’argento dei capelli,
Poi tra le gote s’erge, una sperduta ruga
ove discreto scende, un rivolo di pianto
mentre i tuoi occhi, stanchi, mirano l’infinito.
(Primavera Virgoletti)
Visan Marioara (Romania)
GRACEARŞAFUL ALB...
E frig în cămăruţa cu stafii,
cearşaful alb, ce ne speria
atunci când ne jucam,
stă pitit pe după draperii
crezând că încă ar putea
să îngrozească suflete pustii
din floarea de castan.
Cearşaful alb, azi e ponosit,
vremea l-a mai înegrit puţin
şi l-a transformat în mit
de sperietură din senin,
o zdreanţă, peste care timpul a trecut
la fel ca peste sufletu-mi durut.
Din albul pur, imaculat,
cu care în copilărie
cearşaful falnic m-a speriat,
a rămas doar frica de pustie,
într-un suflet prea însingurat.
Azi când iarăşi încercai
să-mi sperii sufletul tăcut
cu albul florilor de mai
pe un cearşaf aproape rupt
mă-ntreb, tu, viaţă ce sperai
când în copilarie m-am temut
de-o simplă zdreanţă, ce în ani
pe-un câmp de flori s-a aşternut
şi pe aleea cu castani
mă-ntoarce zilnic în trecut.
(Marioara Visan)
Traduzione dell’autrice - IL LENZUOLO BIANCO ... Fa freddo nella cameretta dei fantasmi./ Il lenzuolo bianco, che ci ha spaventato/ quando giocavamo,/ se ne sta nascosto dietro le tende/ pensando di poter ancora / fare paura ad anime deserte/ dal fiore di castagno// Il lenzuolo bianco ora è malconcio,/ il tempo lo ha ingrigito un po'/ e lo ha trasformato nel mito/ della paura inaspettata,/ una tela bucherellata, dopo che il tempo è passato/ allo stesso modo come sulla mia anima il dolore. // Del bianco puro e immacolato,/ con quale durante l'infanzia/ il grande lenzuolo mi ha paventato,/
è rimasta solo la paura del deserto/ in un'anima troppo sola.// Oggi quando ancora cerchi/ di spaventare la mia anima silenziosa/ con il bianco dei fiori di maggio,/ sul lenzuolo sbrindellato,/ mi chied oche cosa sei tu, vita mia, che speravi/ quando avevo paura nella mia infanzia/ di un semplice straccio, che negli anni/ è stato sparso su di un campo di fiori/ e sul cammino dei castagni,/ e che mi riporta tutti i giorni nel passato.
Visone Giovanni
FAI SILENZIO IN ME
Ridisegna ed inventa modi
per far silenzio in me
chiudendo per un attimo le tue inutili parole
nel cassetto degli ascolti mai capiti.
Stati di pace restando in pace, stai e resta
e resisti in me restandoci
ma restaci in silenzio.
Non ti dico ciò che non vuoi ascoltare
ma ascolta tutto ciò che non mi hai mai detto
e dimmi tutto ciò che non mi sono mai detto,
perchè solo producendo parole giuste
si darà voce ai tuoi silenzi ingiusti.
Quanto rumore fa lo stomaco dell'anima
se tu ascoltassi le mie paure?
E quanto ne farebbe il tuo se tu ascoltassi
anche i miei silenzi?
Ho digiunato parole per poi non dirti nulla
e tu nutrita di esse per poi non portarti nulla.
Non chiedermi adesso come mai
nè chiedimi perchè, nè cosa voglio,
già troppe volte, quasi miliardi di volte
me lo son già chiesto e detto io
nei miei silenzi.
Adesso tu resta in me ma restaci in silenzio,
perchè ho bisogno del suono
delle tue parole afone
per capire questo amore malato
e questo amore capito male,
questo amore nato e spiegato male,
però resta e resisti e restaci ancora in me!
Perchè solo dicendoci cose mai dette prima
che riusciremo ad amarci più di prima,
però tu oggi resta in silenzio e fallo per me.
(Giovanni Visone)
Vito Pasqualino
GL‟ IABBRACCIU „E NA MAMMA (vernacolo Rocchettano – Caserta)
„A mamma,
stregne u “ninnu” forte, forte,
„u vuarda, „u vasa,
po‟ „u stregne n‟ata vota
pu nasconne a malasorte.
Essa sape che,
ra ruossu,
parte sicuru
pe affruntà sulu
ra vita „u muorzu.
E, quannu “gl ‟iomme”,
chigliu abbracciu se sonna,
nt‟a natu sé perzu
re n‟ammore diverzu
che n‟è chigliu ra mamma.
(Pasqualino Vito)
Traduzione dell’autore - L’ABBRACCIO DI UNA MADRE. La mamma,/ stringe il bambino forte, forte,/ lo guarda, lo bacia,/ poi lo stringe un‟altra volta/ per nasconderlo alla malasorte./ Lei sa/ che, da grande,/ parte sicuro/ per affrontare da solo/ della vita il morso./ E, quando “l‟uomo”,/ quell‟abbraccio sogna,/ in un altro si è perso/ di un amore diverso/ che non è quello della madre.
Viva Valeria
UN SOLO MOMENTO…
Fuggi da me malinconia
aspetto il sereno di ogni giorno che va…
dopo la pioggia con l’arcobaleno
con o senza di un domani forse chissà…
cerco qualche goccia di rugiada…
un talismano figurato sulla pelle…
qualche rametto di felce sul ciglio della strada…
e la copiosa guazza sulle verdi pianticelle…
il canto della notte si risveglia, e nel bagliore
la luna verso le pendici si sparpaglia,
ho messo pregiati sogni in infusione,
aspetterò l’alba come venere,
dipingendo ogni angolo d’ispirazione
anche se la polverosa meta sa di cenere.
(ValeriaViva)
Volpe Nicole
QUELLA MATTINA
(in ricordo del Giudice Rosario Livatino)
Era la mattina del 21 settembre
quando gli spararono dritto in faccia.
Lui non era consapevole
di cosa stesse per succedere.
Erano quattro i killer,
non hanno avuto pietà,
non lo conoscevano nemmeno
e non hanno avuto il tempo di capire,
quanto fosse affabile,
giusto,
autentico.
Questo giorno,
il ventun settembre
è da tenere a mente.
Ricordatevi di pregare in questo giorno
per il giudice ragazzino.
Ricordatevi che si chiamava
Rosario Livatino.
Nicole Volpe (anni 16)
Vozza Olga
SONO UNA DONNA DEL SUD
Sono una donna del sud, solo al pensiero, si riga il viso di pianto
Non già perché non ami la mia terra, piango il destino dei miei figli.
Figli belli, cresciuti con amore, figli adorati baciati ed abbracciati,
ad ogni ostacolo, ogni problema che si pone,
risolti col sostegno di chi li ha messi al mondo.
Ora li attende un futuro di domande,
per procurarsi il pane e un tetto freddo e straniero.
Terra del sud, amata ed ammirata,
il clima, il mare, gli ulivi ti fanno da cornice
ma per vivere, da noi volti lo sguardo,
per chi rimane gli attende la miseria.
Sono una donna del sud, amo la mia terra
che mi allontanerà i miei figli, questa è la sua condanna.
Come dolce Penelope, intesserò una tela,
una tela nera come l’ inchiostro e la scura notte
nell'attesa che cambino gli eventi.
Nell'era di scoperte e tecnologie avanzate
dimentichiamo i valori più importanti
la famiglia si unisce attraverso schermi
virtualmente conoscerò nipoti e mogli.
E i nostri cuori sono lasciati soli, i nostri figli son lasciati soli.
Come Penelope, intesserò una tela di speranza
una tela nera come l'inchiostro e grigia di dolore,
nell’attesa che cambino gli eventi,
ed il futuro riporti ogni giovane uomo alle sue radici amate.
Sono una donna del sud, terra di viti e ulivi,
questi maestosi monumenti secolari
che raccontano storie di dignità, miseria e amore familiare.
(Olga Vozza)
Vulcano Pasquale
AL DI LÀ DEL CIELO
(Endecasillabi e settenari sciolti)
Ed è passato il tempo,come un fiume
in piena che straripa
e pur trascina tutto ciò che incontra,
scavando solchi sul mio viso scarno,
che della giovinezza andava fiero.
E l'istante dell'ultimo respiro,
quella luce fermò
che brillava negli occhi miei felici
e te ne andasti al vento,
pallida e senza emettere lamento,
ma conservando tutta la bellezza.
Squarciasti il nero velo
e ti levasti oltre quel cielo,
le nubi e l'orizzonte,
lasciando in petto un vuoto
avvolto nel mistero.
Chiudesti il cuore mio
con una pietra che non ha più éco!
(Pasquale Vulcano)
Zappalà Lucia
I TUOI OCCHI
I tuoi occhi
non mormorano lamenti,
gridano forte la libertà.
Hanno perso dei fiumi,
qualche continente, un lago
passeggiando per le vie
della terra
ma hanno davanti
il cielo novellino.
Sono stanchi
e barcollano senza equilibrio
ma si difenderanno
con manganelli d'argento.
Da nulla intimoriti
voleranno
come aquile
verso la felicità.
Lasceranno, sconfitti, sul prato
il brutto ricordo
e il suo profumo,
il passato doloroso
e la sua cornice.
Senza tristi zavorre
e lontani dagli sbagli
viaggeranno di nuovo felici.
(Lucia Zappalà)
Zapparella Giorgio
ADDÓ STAJE (a mio Padre) (Napoletano)
Quann’ ero piccirillo
tenev paura d’o scuro
tu me pigliave pe ‘a mane
e me purtava vicino ‘o mare.
Guardanno ‘o cielo me faceva vedè
na stella cadente tutta pe’ mme.
Io invece tenevo paura
ca cadevano tutte ‘e stelle
e rimanevo ‘o scuro.
Sulo ‘a luna che luce po’ fa?
Bastava na nuvola annanze p’’a fa stutà.
Addo’ staje,
quanno cammine int ‘o scuro da vita
e me metto paura.
Addo’ staje,
mo c’aggio bisogno e na mano ca me porta luntano.
Addo’staje,
proprio quanno l’avevo capito t’aggio perduto.
Quanno vene stu juorne speciale
torno sempe sulo annanze ‘o mare.
Guardo ‘o cielo scuro
senza stelle e senza luna.
Chiudo l’uocchie e penso a te
e nun tengo cchiù paura.
(Giorgio Zapparella)
Traduzione dell’autore - DOVE SEI (a mio padre).
Quando ero piccolo,/ avevo paura del buio/ tu mi stringevi la mano/ e mi portavi davanti al mare./ Guardando il cielo mi facevi credere/ che quella stella caduta per caso, fosse un regalo per me, / io invece avevo paura/ che poi sarebbero cadute tutte le stelle/ e saremmo rimasti al buio./ soltanto la luna quanta luce ci poteva dare?/ Bastava una nuvola che la coprisse per oscurare tutto./ Dove sei,/ ora che cammino nel buio della vita/ ed ho tanta paura./ Dove sei,/ ora che ho bisogno di quella mano che mi stringeva/ Dove sei,/ proprio quando c’eravamo capiti, ti ho perso per sempre./
Quando arriva questo giorno speciale/ torno sempre solo davanti al mare./ Guardo il cielo scuro/ senza stelle e senza luna./ Chiudo gli occhi penso a te/ e non ho più paura..