Autori e poesie della seconda edizione (2016/17) - parte I - da Aca a Cann
Acampora Luigi
IL VECCHIO
Seduto con le mani in mano
su una sedia , vicino a un falò.
I suoi occhi appannati di dolcezza
e la sua bocca tremante dall'emozione
balbettando a raccontar il suo
piccolo, ma infinito amore.
Una lacrima scendeva lentamente tra le
sue rughe ,cambiando direzione; sempre
verso le sue labbra .
La sua mano ferma sul cuore,
pronunciò un'unica parola "AMORE"
Non bastava dire altro,
il resto era scritto nei suoi occhi.
(Luigi Acampora)
Adamuccio Edoardo*
“TERRA D’UTRÀNTU”
A li 813 màrteri Utrantini (14 agosto 1480)
La furia musurmana
rriava meru te nui.
Parole maumettane. Incuncepite.
Mmaginabili in δδu significatu.
Rretate allu jentu, curpeule,
cu la soa forsa, de scupare ia le urtime
ratici della Terra nuescia.
Lu Mare, cristallinu nnu tiempu,
mmuδδante la nuescia Utràntu,
dentava moi fatale tagghiola te morte.
Li Lachi Lìmini, tappetu te muerti.
Lu Sule ddumava la sciata meru
la nuescia fine.
14 giurni reggemmo. Nun unu te cchiui.
Cieδδi fu sarvatu. Piscatori, cuntatini
e piccinni mercanti. Strasçe spamuttusa.
Ripenzo a Pendinelli speratu,
a Pezzulla scapuzzatu susu nna petra
su lu Culle Mindreva, allu arcivescuvu Stefanu.
Ripenzo a omini, fimmene, ninneδδhi utrantini.
Ccisi, rendutti a schiavitù,
violentati e fermati.
Ncatenati e semispugghiati.
Ripenzo ncora a δδhi mumenti.
Et è comu ci δδhi vivessi te nueu.
Jeu mpartengo a li Memmo.
Unu te li picca strai.
Ulia preferitu murire an δδu mumentu
cchiuttostu cca itere la Terra mea
an manu musurmana.
Ma fuersi lu meu destinu
era statu scrittu autramente.
(EDOARDO ADAMUCCIO)
Traduzione dell'autore dal pugliese. TERRA D’OTRANTO. La furia ottomana avanzava verso di noi./Parole turche. Incomprensibili./Immaginabili nel loro significato./Gridate al Vento, complice,/con la sua forza, di spazzare via le ultime/radici della nostra Terra./Il Mare, cristallino un tempo,/bagnante la nostra Otranto,/diventava ora letale trappola di morte./I Laghi Alimini, tappeto di cadaveri./Il Sole illuminava la strada verso/la nostra fine./14 giorni resistemmo. Non uno di più./Nessuno fu risparmiato. Pescatori, agricoltori/e piccoli commercianti. Carneficina terribile./Ripenso a Pendinelli esanime,/a Pezzulla decapitato su una pietra/sul Colle Minerva, all’arcivescovo Stefano./Ripenso a uomini, donne, bambini Otrantini./Uccisi, ridotti in schiavitù,/violentati e imprigionati./Incatenati e seminudi./Ripenso ancora a quei momenti./Ed è come se li rivivessi. // Io appartengo ai Memmo./Uno dei pochi sopravvissuti./Avrei preferito morire in quel momento/piuttosto che vedere la mia Terra/in mano turca./Ma forse il mio destino/era stato scritto diversamente.
Aguglia Francesca
La stagione del sole
Galoppavano i cavalli
con le criniere libere nell’aria
e, lungo il fiume,
il tempo cessava d’essere tempo,
mentre lievitavano i pensieri
di lontananze e d’avventura.
Nelle abazie di “ Samos “
dilagavano i canti gregoriani
e, avvolta in una nuvola di sogno,
io stessa, meditavo su i sentimenti
profondi della vita.
Adesso
passano i cavalli
tra le dune del boschetto
fra la nebbia che vapora
dalla terra silenziosa
a richiamare dalle effimere stagioni,
le decisioni, i dubbi e i desideri
del futuro.
Soffiano i cavalli negli steccati
fra i pallidi riflessi della radura,
sognano la stagione del sole
nel segreto…di altri incanti
e…nel mio recinto,
anch’io
(Francesca Aguglia)
Alberti Maria
MAMMA ABBRACCIAMI
Mamma,
voglio fermare il tempo,
stringerti all'infinito.
Sento che mi sfuggi,
svanita è ormai la speranza
e il cuore geme di dolore.
Ascolto il tuo respiro
si propaga come l'eco,
stringo la tua mano
e sprigiona immenso amore.
Mamma, abbracciami
prima che scenda il buio
e diventi sera
La mia anima giace
come arroventata pietra.
(Maria Alberti)
Allegria Maurizio
SOGNO
Sei un residuo d'abisso
sogno, ti torci su prode di flutti
messaggero d'un linguaggio assurdo,
nei tuoi oracoli onirici
Il primitivo si riavvolge
In un cifrario profetico,
ma simboli di chiaroveggenze
si snodano su tracce di oscure radici
inibite nel cerchio delle rapide veglie
e represse sono le cupidigie inaccessibili
di trincee su trame di satiri,
si rappresenta la visione
rovesciata nell'inconscio.
(Maurizio Allegria)
Aloisi Emanuele
L’AROMA DI UNA ROSA
Potrai cospargerla di fuoco
e cenere disperdere nel vento,
potrai godere dell’esigua brace,
mentre famelica divora l’urlo,
un grembo di velluto a procreare
lo strazio di un silenzio atroce,
che non potrai bruciare,
mentre ti insegue il suo ricordo:
l’aroma di una rosa che non muore.
(Emanuele Aloisi)
Ambrosino Salvatore
ANTICO AMORE
Non c’è
misura e ne parole
che possano definire
il quanto
quando
e
il come
ti ho voluto bene.
Nemmeno so definirlo
mi perdo
ogni volta
nella sua immensità
nella profondità dei tuo sguardo
nel nostro antico amore
sempre.
(Salvatore Ambrosino)
Ambrosino Salvatore
CLIMA
Peggiorano
le condizioni
se
le coscienze
restano indifferenti
Son loro che custodiscono
la dritta
Il concetto dell’esserci
il far meglio
Il rispetto dell’avvenire
Questi
gesti
daranno nuova veste
respiro
floridezza
...Se solo ne fossimo capaci
(Salvatore Ambrosino)
Angeletti Elvio
PENSIERI LIBERI
Mi specchio, in questa pioggia
che bagna il viso.
Una cantilena di gocce,
scivola lentamente dentro me,
un canto religioso a lambire la mia pelle.
Corro come un bambino
sul prato senza fiori cercando di capirmi
e donare freschezza ad una preghiera,
dai pensieri liberi,
che sale a mani protese verso la luce.
Cerco il mio Dio, tra gli orizzonti sognati,
sopra gli ulivi argentati
o pensando al suo sguardo
sopra la croce metallica, posata all’angolo
d’una via senza uscita.
Le gocce cadono, tra le foglie
adagiate sul tappeto erboso,
come note, uscite dalle canne
di un organo, libere, di suonare
per il mio Dio.
(Elvio Angeletti)
Angileri Ignazia Maria
IL LADRO DELLE VITE
Come un ladro di notte
venne,
non busso alle porte.
Con un gesto fallace,
rubò gli attimi di pace,
di gioia e allegria.
Seminando terrore,
ha paura l' anima mia!!
Ha spezzato vite
in modo allucinante,
ha rapito i sogni
degli innoccenti.
Il vento trasporta il grido,
si ode il pianto,
l'amarezza e lo sconforto
in tutto il suo sgomento,
per quella mano assassina
intenta senza tregua
nella sua rapina.
Piange ogni cuore,
dal tormentato dolore
accumula odio
e disperde amore.
Insaziabile e incorreggibile,
il nemico si accanisce
sempre più su chi è vulnerabile.
Porta con se la falce
della morte,
padrone si fa della sorte.
L' essere funesto
e malvagio,
in paradiso pensa di trovar
lo sceltro e il suo rifugio.
Ma non sa che Dio
ha già fatto la sua scelta
e la promessa sarà
per il giusto.
(Ignazia Maria Angileri)
Arena Carmelo
IL GIOCOLIERE
Nella piazzetta
avvolta dalla notte,
si esibisce un giocoliere.
Circondato da candele
non tira fuori le palline.
Ma con cura, una ad una,
lancia in cielo le parole.
In quella luce fioca
raccontano le fiabe .
Le parole diventano palazzi,
montagne così alte
che sfiorano la luna.
Sono amanti abbracciati nel silenzio,
Ciurme di bambini
Che corrono felici.
Sono parole
Che vivono di notte
Raccontano di mondi
che vivono nei sogni.
Fino a quando il buio,
avvolge l’ultima candela.
(Cartmelo Arena)
Asaro Domenico
CHISTU PAISI
Quannu talìu tutti sti casi
Viju tuttu cangiatu lu paisi
Tanta genti l’hannu travagliatu
Pirchissu oj è trasfurmatu
Quannu nascivu iu, ‘nni lu ‘73
Stu paisi nun era propriu daccussi’
Picchi, la vera ricchizza ca pussidiva,
era tunna comu li sordi e nilla vigna crisciva
Nill’anni ottanta si allargava li janchi
E si vidianu grapiri banchi
Di Sicilia e di l’Agricoltura
E li sordi currivanu, comu brivatura
Uva Italia la chiamanu ‘n Continenti
E oggi lu valuri è assai evidenti
Cu stu scrittu lu voli raccontari
Sta persuna ca’ nun voli mvicchiari
(Domenico Asaro)
Traduzione di Calogero La Vecchia dal siciliano - QUESTO PAESE. Quando osservo tutte queste case / vedo il mio paese tutto cambiato / tante persone hanno lavorato per esso / e per questo motivo oggi è trasformato. / Quando sono nato io, nel '73 / questo paese non era proprio così / perchè la ricchezza che possedeva / era rotonda come le monete e cresceva nella vigna / Negli anni ottanta "si allargò i fianchi" (divenne più opulenta)/ e si vedevano aprire sportelli bancari / "Di Sicilia" e "dell'Agricoltura" / e i soldi correvano come acqua in un bevaio / Uva Italia la chiamano "in continente" / e oggi il suo valore è evidente / con questo scritto lo vuole raccontare / questa persona che non vuole invecchiare.
Ascenzi Gianmarco
LABBRA DI TABACCO
Bacio le tue labbra,
Umide, al sapor di tabacco.
Dolci solchi rosati, mi portan lontano
Le terre calde, paesi esotici e tropicali.
Mille labbra ho baciato...mille
Così neutre, così noiose...
Vuote. Come i palazzi bagnati dalla pioggia
Vuote. Vuoto...come me, guardami.
Mille labbra ho baciato...mille
Che insieme non fan le tue.
Le tue labbra son vita, tanto ti prego
Ho bisogno disperato di vivere
Una, due...cento, come Catullo con Lesbia,
Voglio baciarle. Devo. Ne ho bisogno.
Verrà il momento in cui... No!
Non stasera però, ora piove
Sto curvo sotto la pioggia
E un gran vento m'accarezza.
Forse...
No, che sciocco! L'immago tuo bello
Come il sole m'era sembrato
Sotto il lampione.
(Gianmarco Ascenzi)
Avoledo Nadia
LA FORZA DI CUI HAI BISOGNO
Quando il mare corre con il vento....
é perché gioca con i sentimenti del cielo....
Quando le stelle brilllano nel cielo.....
é perché scaldano il cuore della terra.......
Quando scende la pioggia......
é perché il mondo vuole piangere.....
Quando la luna ti guarda.....
é perché l uomo ha bisogno di cambiare......
....e ti insegna..... che il sole.....
puó darti la FORZA di cui hai bisogno..........
(Nadia Avoledo)
Baldinu Stefano
L'ACUSTICA DELL'UNIVERSO
E io dovrei riordinare per te
le foglie sul cuore e la fotografia
di chi galleggia ignoto sul velo dell'acqua.
Raccolgo la polvere che ricama
l'orlo friabile di una immagine,
forse la mia, non ha importanza,
vagamente ripresa sull'intonaco del mondo
e il sottile bisbigliare delle galassie
sul ciglio di un ramo di luce.
È quando il silenzio si fa acustica dell'universo
e si strofina contro la cima del bosco
che io lancio un sasso dove più si agita
il respiro e la risonanza fragile del vento
è in te nomade come un bambino
in un sogno innocente.
Come una libellula trattengo il respiro
e il volo, il cuore vacilla nell'attesa
poi il sangue si scioglie novizio
nel suo rosso-porpora e riprende
il suo andare tacendo come l'ombra di uno
versata in quella dell'altra.
Così, fermi nell'aspro pensiero che si placa
ci ritroviamo nel respiro di ogni costellazione
ora che la pace muta ogni atomo
in un apparente incunabolo di luci
(Stefano Baldinu)
Balocchi Luigi
DEVOTI
Questa carezza.
Questo tremore.
Quest'onda che cresce.
E illumina.
Rabbuia.
Solo davanti ai tuoi occhi conosco la sorte del tempo.
Che ci fa giovani, antichi, eterni innamorati di un sogno.
Che è carne pelle passione.
E stringersi forte.
Eterni l'un l'altro devoti.
(Luigi Balocchi)
Balsamo Giovanna
COSÌ, SEMPLICEMENTE...
Fuori dagli schemi, ai margini di un rigo,
ai bordi di una strada: alberga la semplicità.
Vive di poco e non viene quasi mai sfamata.
È spesso costretta a vivere in angusti spazi,
dove si nutre di piccoli germogli.
Si espande, cresce e prolifera in quelle menti
che sorridono, piangono, gioiscono,
patiscono, si spengono, si riaccendono,
si alimentano e come piante crescono:
senza un fine, né un particolare motivo:
così semplicemente…
(Giovanna Balsamo)
Balsamo Stefania e Laterza Teresa
ALBERI MONCHI
Siedi ad ascoltare
questo vento che confonde,
saggezze antiche reca
che come passi silenti guidano
dove il sole non ristora.
...Dimentichiamo i saggi
in anfratti solitari
tra abusi, stenti e disagi...
relegati al nulla
di mani senza scrupoli di vili aguzzini.
Sordi al loro grido di dolore
in frenesie d'esistenze rapiti...
abbiamo chiuso il cuore
abbandonandoli
ad un destino infame.
Dimentichi, ingrati, dei loro stenti,
del loro amore, dei loro sguardi attenti...
noi, destinati a marcire
come alberi monchi
che tradiscono le proprie radici.
(Stefania Balsamo e Teresa Laterza)
Baroni Angela Paola
VECCHIO RISTORANTE
Lo sguardo gettato sul muro,
vecchio intonaco che piange
su affreschi morenti,
addolciti da ori di speranza.
Rinnovata la stanza,
in un mondo moderno
confuso e immenso
il suo contesto emana pietà.
Un senso che non so dare
alle anime affrescate,
nella polvere cieca
di chi ama nel futuro la luce.
E` il mondo che ci circonda
nero come pece,
per farsi migliore di ciò che era
rinnova il suo oro .
Giovani vecchi di vizzi,
chiusi in ristoranti affrescati
chiacchierano della vita,
in offesa agli occhi
i muti muri dorati.
(Angela Paola Baroni)
Baroni Max
ESPANSIONE
Portale
per un viaggio
oltre la linea del tempo,
per informazioni
da accoglier
nel nostro sé,
per un cambiamento
fatto di azione
e percezione.
Atti quantici
di espansione
sul piano cartesiano
per una nuova proiezione
da mettere in onda
in uno slow motion
che apparire lascia
l'essenza del cambiamento,
l'essenza di una nota
sul pentagramma della vita,
l'essenza di un abbraccio
nel cuore dell'amore.
(Max Baroni)
Bellanca Giuseppe
UNNI JERATU GESUZZU
Notti niura,
niura cumu la pici.
Na varca carricata
si misi a mmari
di spranza china
ppi migghiu campari.
Iddu jera lisciu
cumu na tavula
tuttu pariva
ma tintu addivintava.
‘Nmizzu l’unni dda varca
tanta acqua pigghiava
e tutta dda genti
o funnu s’inni iava.
Unni jeratu Gesuzzu
quannu chistu succidiva?
Nu piscaturi a so riti jttava
pigghiava pisci
e tanti pizzi di carni.
Carni di umini,
di fimmini, di picciliddi
risti di curpi tantu spiranzusi.
E Gesuzzu aviva taliatu
e a so binidizioni aviva datu.
Ma umini vili
u jucu diddi ficiru:
dda tinta varca
ccu ttanta genti ànu carricatu
dda tinta varca
‘nfunnu o mari ànu truvatu.
(Bellanca Giuseppe)
Traduzione dell'autore dal siciliano - DOV’ERI GESU’. Notte nera, / nera come la pece. / Una barca carica / si mise in mare / di speranza piena / per meglio sopravvivere. / Lui era liscio / come una tavola / tutto sembrava / ma cattivo diventava. / In mezzo alle onde quella barca / tanta acqua prendeva / e tutta quella gente / al fondo se ne andava. / Dov’eri Gesù / quando questo accadeva? / Un pescatore la sua rete gettava / prendeva pesci / e tanti pezzi di carne. / Carne di uomini, / di donne, di bimbi / resti di corpi tanto speranzosi. / E Gesù aveva guardato / e la sua benedizione aveva dato. / Ma uomini vili / il proprio gioco hanno fatto: / quella carretta / con tanta gente hanno caricato / quella carretta / In fondo al mare hanno trovato.
Belmonte Rosario
LA DANZA DELLE LUCCIOLE
Giunge l'ora tarda della primavera calda,
quando il nottambulo usignol
inizia col suo canto
a squarciare il silenzio,
dando il là all'amorosa danza.
Dieci luci intermittenti
si alzan in volo
su un lento intro,
che in controtempo sale piano
su base ritmica cadenzata
del frinire dei grilli,
che nell'interludio muta,
quasi rotta dall'unisono gracidar
di raganelle orchestrali.
Ed ecco che non son più dieci
ma cento, forse mille!
E l'incedere luminoso,
nel suo vorticoso manifestarsi,
altera i sensi oltremodo
di chi da sotto assiste
e con tanta brama
attende il gran finale!
A Francesco Di Giacomo
(Rosario Belmonte)
Berardi Piergiorgio
LE PAROLE CHE NON TI HO DETTO
Oggi amore mio
non ti ho portato fiori.
Ti dono una scatola di colori
per disegnare un arcobaleno
su ogni tuo giorno grigio.
Ti dono un pennello
per pitturare un sorriso
quando avrai le labbra
piegate
per una smorfia di dolore.
Ti dono il mio cuore.
Dentro
accatastate
una sull’altra
ci sono le parole
che non ti ho mai detto.
Fogli e fogli di quaderno
con versi di poesie
che non ti ho mai scritto.
Fotografie
in bianco e nero
che non ti ho mai fatto.
Lo lascio qui
accanto a te
sul letto.
(Piergiorgio Berardi)
Bergamasco Francesco
CHI SIETE VOI?
Chi siete voi?
Che al cullar dell'alba solo
mi lasciaste a combattere di me!
L'umano:
fibre d'immortali contraddizioni chi siete?
Che lasciaste ch'io volassi sull'onde della ragione
per il solo piacer d'accecarmi di miraggi.
Chi siete?
Che attentate la mia quiete e non sapete
che non ne conosco manco il significato
quale ardire quale infamità è la vostra.
Nel credere ch'io sia!
Chi siete voi?
Che al cullar dell'alba solo!
Mi lasciaste a combattere di me!
L'umano già convinti vincitori voi no!
Non saranno i vostri inganni né le vostre albe
a far della mia ragione un miraggio no!
Non saranno i vostri occhi a far dei miei passive pupille
che van dietro ai potenti disprezzando gli ultimi no!
Non tradirò i miei amici la mia stessa vita!
Non li seppellirò con i vostri giochetti
da quattro soldi no!
Non lo permetterò foss'anche l'ombra delle mie ombre
chi siete?
Lo san tutti:
le stelle del cielo
come le profondità del mare chi sono io?
Lo sapete pesino voi
dall'ultimo riflesso svanito al canto del gallo sanno!
Sanno delle mie debolezze
del mio incedere insicuro
delle paure
delle cadute
e rabbia...
ma sanno pure grazie a voi a voi!
Che al cullar dell'alba solo!
Mi lasciaste a combattere di me l'umano... di me!
Sanno del mio cuore
non certo per mero battito o vanità
ma per assonanza d'emozioni
e scalpitano su strade sempre nuove
dove il giorno ha sempre una via d'uscita
e le ore non fanno più paura!
Ecco la mia vittoria
la forza della mia debolezza!
L'alba di una nuova umanità
ove sfavillanti arcobaleni posano
i loro colori
uno ad uno
per quante sono le nostre emozioni
ecco la mia vittoria
la forza della mia debolezza!
Chi siete voi?
Voglio vedervi in faccia!
Privi di pupille
siete solo cibo per le vostre ombre!
Oh no, che mai si avveri cibo per ombre!
Mai!
(Francesco Bergamasco)
Bergonzini Francesca
***
Mondo subacqueo,
sangue dell’amore,
trappola.
Sangue raggrumato nelle vene…
Il tempo si ferma se ti penso.
Notti nemiche si rincorrono
e io non sono padrona dei miei pensieri
che parlano a chi proteggo.
Sotto le lenzuola solo ciò che dimentico
o sogni spettri dei giorni scuri.
Chi sono?
Dama del vento che inseguo
tra i passi tremanti
di una libellula diventata uomo
in una sera di luna piena
(Francesca Bergonzini)
Bianchi Giusy
NEI CASSETTI DEL MIO CUORE
Se un giorno
ti addentrassi
un istante
attraverso le trame dei miei pensieri
scopriresti mondi senza tempo.
Se esplorassi
curioso
tra i miei fogli
nei cassetti del mio cuore
leggeresti poesie
scolpite su fogli di seta
chiusi con antichi merletti.
Questo petto
ricco d'assenza
e queste braccia vuote...
Le mani ferite di perdute carezze
incisero parole
intrise di silenzioso dolore.
Ogni truciolo
di questa quercia
ogni atomo di questo corpo
appartiene al ricordo
di un sogno
che non vedrà mai
il sole.
(Giusy Bianchi)
Bicchierri Antonio
TERRAE MOTUS
Nella notte d’orrore di quel tragico evento
terrore e sgomento in umana tragedia
di un popolo inerme colpito da fatal destino.
Disperazione e rabbia,
continuo è il ricercar
fra grani di polvere speranze perdute:
solo parole dalle macerie sepolte
riescono ancora a parlare
e darci un battito per sempre.
In epitaffi d’amore
svaniscono sogni…di anime dolenti:
ombre innocenti vaganti nell’oltre ignoto e misterioso.
Commozione e rimpianto,
sale l’urlo di una fede che vacilla:
oppio per i popoli o fenice in volo?
Assetato d’eterno ma testimone d’orrori,
il dubbio assale il viandante di questo mondo.
Ricostruire…
seminando speranza nel solco del dolore,
ancora cristiana in tempestosa onda
del nulla eterno di un triste oblio.
(Antonio Bicchierri)
Blindflowers Mary (Pseudonimo)
MUSICA ABORTITA
Restiamo suono da eseguire,
musica abortita e spartita da morire
nelle trame di un tempo trascinato
dalle ere,
carichiamo sfere d'influenza
come orologi rotti,
sporchi trattati di ludica indecenza,
scacchi,
motti,
mosse,
pedoni,
alfieri e re,
ma se
se ci fosse altro,
un ansito sottile,
un fiato soprannaturale,
un fluido magnetico ancestrale
che collega pochi oltre la terra?
E se lì non ci fosse nemmeno
un'ombra di quella che chiamiamo guerra?
I miei sogni
sono tangibili epopee,
increate melopee
di cose vive
oltre le stive del reale.
Sognare può far male.
(Mary Blindflowers)
Bosca Paola
MANCANZE
Sarò vento che scompiglia il cuore nel sussurro
ti cercherò nella preghiera dell'anima
sarò la notte che risucchia nel suo profondo il giorno
ti cercherò nel ricordo dell'eco di un bacio
sarò quel sorriso che accompagna la tua ombra.
Cercami tra i fogli scombinati di frasi esilaranti
trovami nei dubbi sparsi degli sguardi
cercami nelle viscere di un mattino confuso di umori
trovami nell'odore di un maglione sfatto di luce
cercami tra le braccia vuote di carne.
Sono tra i tuoi pensieri più corposi
tra le tue gambe tese nella fretta di vivere
sono nella ruga che grida rabbia sulla fronte
tra le mani ossute che legano l'amore
sono il nome che fiati dalle labbra quando temi il buio.
Amami ancora tra i sospiri penduli a rovi spinosi
nella foschia di parole bruciate tra i resti di una sigaretta
amami nell'insicurezza del mio presente
conforta ogni palpito che piange la mancanza.
Aiutami a distruggere le tenebre.
(Paola Bosca)
Brandi Davide
A NUTTATA
Chioveno stelle,
ddoje, diece, ciento,
a mille a mille.
'A nuttata s'appiccia
e io scetato t'aspetto
cu pacienza, senza fretta.
Cunto 'e suspiri,
ddoje, diece, ciento,
a mille a mille.
'A nuttata passa
c' 'o nureco 'nganna
e c' 'o bbacante 'mpietto !
(Davide Brandi)
Traduzione dell'autore dal napoletano - LA NOTTE. Piovono stelle, / due, dieci, cento, / di mille in mille. / La notte s'illumina / ed io sveglio t'aspetto / con pazienza, senza fretta. / Conto i sospiri, / due, dieci, cento, / di mille in mille. / La notte trascorre / con un nodo alla gola / e con il vuoto in petto !
Bresar Nevenka (Slovenia)
LAMBADA
Prvič, ko sem te videla,
moja odsotnost je daleč odšla.
Moje telo strmoglavi,
glas v meni nekaj pravi.
Tvoja ljubezen se je dotaknila mojega srca,
le takrat se zavem,
da me je udarila,
kot topovska krogla.
Moj um sprašuje, " od kot je prišla tvoja slika? "
Držim jo v svojih očeh,
da ne pozabim kakšna je tvoja oblika.
Tvoje telo ima moč, kot močna sila.
Moja duša zajame melodija, LAMBADA,
V telesu se sestavijo besede. " videla bi rada. "
Tvoje mišičasto telo valovitem plesu plesati,
priznam vsaki gib bi s tabo zaplesala.
(Nevenka Bresar)
Traduzione dell’autrice dallo sloveno – LAMBADA. La prima volta che ti ho visto, / un senso di vuoto è apparso dentro di me.. / Il mio corpo si è bloccato, / una voce dentro di me sussurra qualcosa. / Il tuo amore ha toccato il mio cuore, / e solo allora mi sono resa conto / che mi ha colpito / come una palla di cannone. / La mia mente si chiede, "come è impressa la sua immagine nella tua mente?" / Lo tengo nei miei occhi, /per non dimenticare com'è la tua forma. / Il tuo corpo ha il potere di una forza potente. / La mia anima cattura una melodia, la Lambada, / e vengono così fuori le parole. "Mi piacerebbe vedere." / Il tuo corpo muscoloso ondeggiante danza / e ammette qualsiasi movimento, ballando con te.
Brugnano Giacomo
PENSIERI DI UN POETA
Sperduti da giorni i miei pensieri
vagano nella fantasia,
quella fantasia che
non riesco più a contemplare.
Avrei ancora voluto scrivere tante cose,
invece mi sento sbandato,
mi sento l'anima vuota.
Ieri eravate fonte di ispirazioni,
oggi siete nello scrigno del mio nobile passato.
(Giacomo Brugnano)
Bruno Maria Rosa
SILENZI
Hai parlato
E l'eco stridente di quelle parole
ha viaggiato per monti e valli
E' salita su in alto a toccare le stelle
E' scesa giù
in fondo a voragini putride fetide nere
E' volata nell'aria
nello spazio infinito
affiancata soltanto da tenere ali
Nessuno ha ascoltato
Nessuno ha capito
Nessuno ha carpito
quel mesto richiamo
Nessuno è disposto
a sentire le note del cuore
le tinte di un'anima
piombante in frantumi
Odi il silenzio
lo palpi
lo tasti con mani di piombo
Non sei l'anello
che lega montagne
Non riesci nemmeno a socchiudere le porte del cuore
sbarrate per sempre
Sei angelo alato caduto sul niente
Non serve parlare
non c'è nulla da dire
Troverai altre parole
per non dire niente
Sempre
(Maria Rosa Bruno)
Bulla Luigi
UNA SILENZIOSA PRESENZA
( A Zia Mimma)
Era la mattina dell'undici luglio,
quella notizia malgrado il caldo che faceva fuori,
gelò a coloro che ti volevano bene i loro cuori.
Il tuo cuore forte come un leone,
per cinque giorni batté
senza sosta,
tenendoti in vita con determinazione.
Giorno sedici, ricordo bene, era la ricorrenza della Madonna del Carmelo,
quasi non sembrava vero,
ma tu volavi in cielo.
Eri li, sembrava che dormivi,
la serenità del tuo volto per tutti noi fu di conforto.
È vero, c'era la tua fisica assenza,
ma nella pace di chi rimane per sempre nei ricordi,
hai lasciato indelebile una silenziosa presenza.
Luigi Bulla
Buro Giuseppe
ORFANI DI UN’ISOLA
Li, incontrerete e toccherete i gigli di campo,
sentirete i profumi di gelsomini
e ogni sorta di animali vagano in paradiso
su quest’isola felice.
E’ un inno alla natura
questo canto di aironi
e quei nidi d’ape e i grilli
che cantano alla buon’ora.
Poi il suono del mare appena si sente,
gorgheggia e quello scoglio l’accarezza
come fosse un velo di una sposa.
Una donna sola è rimasta
a custodire le sue memorie,
vigneti e olivi fanno bella mostra
a un verde paradiso.
Avanti con progetti e inserimenti
di quelli che s’erano persi
e ora hanno una casa,
mestieri millenari per redimere il passato.
(Giuseppe Buro)
Busembai Roberto
FARMENE POESIA
Nelle gialle foglie e rosse mele,
trovai la mia ragione di essere scrittore,
della foglia volevo il suo colore,
della mela l'aspro sapore,
unite apparvero sullo scritto nero,
in foglio seppia aroma del passato,
sensazioni che non avevo mai provato,
e donne divennero eroine,
e uomini grandi cavalieri,
dame d'ottocento
e arditi regnanti di manieri,
ma la magnificenza,
apparve a fogli terminati,
quando di te parlai come una rosa,
non mi bastarono i petali del roseto
per continuar la prosa.
Nelle gialle foglie e rosse mele,
si annuncia già la stagione che viene,
un autunno di colore,
uno sbocciar di neve sulle alture,
un languido senso di poesia,
che umida nel cuore
e lascia cader petalo di rosa ormai appassita.
La poesia volle farsi mia,
ma io volli di lei farmene la vita.
(Roberto Busembai)
Cagnassi Luisa
I MIEI VOLI
Nel mare delle mie infinite malinconie
Vagano i ricordi infantili, accendono speranze.
Chiuso nella morsa crudele di riservati gesti,
corro senza freni, inseguo caparbio sogni lontani.
Spazio, nell’infinito cielo delle ambiziose speranze,
fino a perdere il fiato, ma voglio approdare,
non mi arrendo alle ipocrisie di chi non sa.
Quel bambino vive e vaga sempre dentro me,
non si piega agli aridi fremiti di un attimo.
Insegue senza fine quel miraggio, adagiato in volo,
sulle note della musica, nel mio canto sublime.
Questo sono io, ali di gabbiano in mare aperto,
innalzo il mio ego e vivo a pieno la mia essenza.
Nulla sa donarmi attimi tanto intensi, se non il canto,
la voce che spiega la mia anima, i miei pensieri.
Così rinasco, nell’abbraccio di un battito di mani,
mi libro felice tornando a credere in me, in un futuro.
Incontrerò chi saprà ancora leggere nelle mie emozioni,
spogliandomi di tanta angoscia e amandomi sincero.
(Luisa Cagnassi)
Calio Louisa (USA)
SIGNIFYIN WOMAN
(An Italian American Jazz Poem)
Rumor has it I was born a gypsy on the streets of Palermo, Sicily
Then again some say, it was on the bay of Naples
while others claim I was made in New Orleans
under one of those giant trees
with roots that go down so deep, they reach into the earth’s center
Trees with arms so long, high and wide,
they reach out and grab you
like the Great Mama!
The dark bark betrays our true origins.
Straight from the core I’ve come
with silvery lips, wide hips, menstrual blood and Oracular Visions.
Part witch and bewitching, I refused to be from one place or one race.
I travel
in any skins, many skins,
black like the panther, spotted as a leopard.
I am red tongues licking fire, a bold soul, an old soul
backyard worshipper, gypsy wanderer
Sicilian queen, a dew’s drop on mint green
pure, liquid mercury, the sharp in turns, the quick in glances
the dirt in between cracks of concrete. I am the wave length Green
a fish-bellied, crab-crawling, moon-child, secret reptile
Virgin & Mean… the final curtain call before the Great Silencing
Madonna- puttana, the funneling that germinates Seeeeedzzzz.
The veiling revealed!
Unsettling, rumbling, pulsating, earthquaking rumblings,
I shake the earth when I walk and sway my hips
I am an instrument of the divine…
“mercy, mercy, mercy /me /” mus i cal gal
Louis Prima’s sista, an Italian American Signifyin’ Woman!
(Louisa Calio)
Traduzione di Elisabetta Marino - INTERPRETARE LA DONNA (Poesia jazz di un’italiana d’America). Voci vogliono che io sia nata zingara per le strade di Palermo, Sicilia / alcuni invece dicono che accadde nel Golfo di Napoli / altri ancora affermano che fui creata a New Orleans / sotto uno di quegli alberi giganti / con radici che affondano profonde, tanto da raggiungere il centro della terra / alberi con braccia così lunghe e tese / da raggiungerti in ogni dove e stringerti / come fa la Grande Madre! // La corteccia oscura tradisce le nostre vere origini, / sono spuntata dritta dal midollo / con labbra d’argento, fianchi larghi, sangue mestruale e Visioni d’Oracolo. / Incantatrice e incantevole, ho rifiutato la provenienza da un solo luogo o razza. / Viaggio / in ogni pelle, per molte pelli, / nera come pantera, macchiata come / leopardo. / Sono le lingue rosse che leccano il fuoco, anima ardita, anima antica /
adoratrice da cortile, zingara girovaga / regina di Sicilia, goccia di rugiada su verde menta / argento vivo, puro, netta nelle svolte, svelta negli sguardi / lo sporco tra le crepe del cemento. Sono lo spettro del Verde / figlia della luna dal ventre di pesce e il passo di granchio, rettile celato / Vergine & Arpia… l’inchino finale prima del Gran Silenzio / Madonna-puttana, il passaggio che produce seeeeeeeemiii. / Il velare svelato! / Boati da terremoto, sconquassanti, rimbombanti, palpitanti, / scuoto la terra quando cammino e oscillo i fianchi / sono strumento del divino… / “pietà, pietà, pietà di me”, nata dal ritmo, devo chiamarti / sorella di Louis Prima, un’italiana d’America che interpreta la Donna!
Camagna Francesco
E COSÌ I SECOLI
E così i secoli sono trascorsi.
Presi a morsi, divorati.Giornate
di veglia o preghiera,d'ansia al mattino,
di stanchezza al calare della sera.
Giorni di vigilia aspettando grandi
mirabilia;giorni di festa,avanzi,
quello che resta.Giorni corti,invasi
dalla luce dei risorti; di' lunghi,
il sapore del veleno nei funghi.
E c'è molto poco da raccontare.
E quel poco e' oramai dimenticato,
sommerso nei fondali degli oceani
che abbiamo attraversato.Restano
soltanto poche parole caotiche
incatenate dentro grammatiche
dispotiche,vastissimi deserti
d'amarezze ed oasi di tenerezze
brevi, fugaci,liete,un sorso, attimo
con cui placare l'infinita sete.
(Francesco Camagna)
Camardo Enrico Maria
LA CITTÀ SVANITA
La notte violentata da una terra che ora ha fame,
diavolo crudele di una forza così immane.
Che non guarda in faccia a uomini o bambini
che non risparmia madri e non si piega,
neppur dinanzi agli occhi nudi dei piccini.
Si sgretola una scuola, si squarta una caserma,
la torre in centro cede e lei ancora non si ferma.
Anime buone che cercano vite,
tra le macerie, con forze infinite.
Si cerca ancora tra i suoi martirii
ma son solo fievoli estremi respiri.
In un tempo ormai scandito dal fremito di scosse dannate,
resta solo la speranza
di contar vite salvate.
Una nazione che trema, che resta ferma e impietrita;
oggi qui finisce e qui comincia
la triste storia della città svanita.
(Enrico Maria Camardo)
Cannata Giovanna
A TERRA E U CORI
Vinni 'nta sta terra
pi truvari paci eterna.
E’ terra ca u sangu ciama,
ma t’agghiutti ‘nte so’ turmenta.
Vinni 'nta stu paisi
pirchì lu cori avìa paiatu troppi spisi.
P’arripusari l’ossa ma patri ci turnau,
cu cori vacanti e senza difisi mi lassau.
Si sciugghìu l'amuri ri li famigghi,
crisciu ora chiddu aruci ri li me’ figghi.
Arrispiru sciauru ri zagara, gelsuminu e pagghia,
risiannu n'amuri ca lu cori si pigghia,
Numm’abbasta, ri passagghiu, ‘na carizza,
l’amuri veru l’arma sciata,
accussì, lu fari ‘nsieme strata,
ri ccianata è pisu liegghiu.
Lassai, ri musicanti, poeti e naviganti, la terra mia natali,
e ca pi’ sempri vinni, pi li rarici arritruvari.
Nicaredda, ‘nta la stati, sta terra mi virìa,
m’ha sciaurato sempri ri mari, carrui e miennuli scuzzati,
cum puru la morti fici la so’ parti.
E’ riavula terra: t’accatta, ti vinni e ti futti,
ca malidditta mi parìa,
ma comu pi’ ddi spirduti nivuri paisi,
a luntananza è ‘na maladdìa.
Comu ‘na matri ti sapi amari, e se ‘na manata m’avìa ratu,
comu ‘na truvatura ‘nto sa cori, n’amuri m’avìa sarvatu.
A sta matri addumannu ora, ca viri l’anni mia passari,
quannu ri l’eternu suonnu è a ma’ ura,
pi’ cuperta, la terra sua m’accummigghiari.
(Giovanna Cannata)
Traduzione dell'autrice dal siciliano - LA TERRA E IL CUORE. Vivo adesso questa terra (di Sicilia) / per trovare serenità eterna, / è terra che il suo sangue chiama, / ma nei suo tormenti ingoia. / Son venuta in questo paese / ché il cuore dal dolore era corrotto. / A riposar le ossa mio padre ci tornò, / indifesa con anima svanita mi lasciò. / S’è dissolto l’amore d’una famiglia, / accompagno adesso quello dolce dei miei acerbi frutti. / Respiro profumi di zagara, gelsomino e paglia, / desiderando un amore che il cuore imbrigli. / Non mi basta una fortuita carezza, / l’amore vero l’anima veglia, / così che la strada che insieme si piglia / anche in salita è leggerezza. / Di compositori, poeti e navigatori lasciai la mia terra natale, (Genova) / qui son tornata, per ritrovar radici. / Ero bimba, c’ogni estate, questa terra mi incontrava, / m’odorava di mare, carrube e mandorle sbucciate, / anche l’odor di morte inquinò il mio sentire. / Pare terra indiavolata: ti compra, ti vende e ti fotte, che sembra maledetta, / ma come mal d’africa, la lontananza è malattia. / E’ terra madre e come madre t’ama e t’insegna, / se uno schiaffo m’aveva dato, / com’un tesoro nel cuore, un amore m’ha riservato. / A questa madre chiedo adesso, / che i miei anni vede passare, / coperta mi sia la sua terra nel freddo mio riposo.
Cannatella Cetty
A MIA MADRE
Amami madre mia....
Giusta o sbagliata che io sia...
Amami.
Non giudicarmi. ..
Non tentare di cambiare il mio spirito.
Accetta questa figlia che passeggia fra le parole....
Non guardarmi con rimprovero ma abbracciami. ..
Non dirmi che sono grande...
I figli dentro il cuore di una madre ...sono sempre piccoli e scalciano ancora nel suo ventre.
In quel ventre dove il.mondo non poteva mai fargli male.
(Cetty Cannatella)
Cannatella Maria
FOGLIO E PENNA
Voglio morire mentre scrivo
accasciato all'improvviso sul mio foglio bianco.
Non voglio accorgermi di nulla,
Non soffrire in quel momento dove la mia povera anima
abbandona il mio stanco corpo,
lasciandolo immobile sul foglio.
Così quello sarà il mio ultimo capolavoro,
il più Bello , ed il più apprezzato da tutti voi,
poiché sarà l'ultimo mio ricordo per voi è che avrete per me.
Voglio morire con la penna in mano,
solo così io e la penna diventeremo inseparabili anche nell'aprile,
io intanto continuerò a scrvere per voi ,
raccontandoci della mia anima sperduta.
Sarà forse un modo per alleviare la mia morte,
quando non ci sarò più, quando non sarò più presente ,
ma mi troverò accasciato sul mio foglio bianco,
magari senza avere avuto nemmeno il tempo di scrivere,
io sola con la mia penna tra le dita.
Perché la scrittura fa' parte di me è nel mio pensiero,
nella mia mano che scrive liberamente
tutte le volte che ne ha voglia.
La scrittura è tutto per me.
Cannatella Monica
QUANNU NASCIVU IO LA SFURTUNATA
Quannu nascivu iu, la sfurtunata,
u addu si zittiu dda matinata.
li scecchi c’arragghiavanu, me matri chi chiancia:
“Purtativilla fora… purtativilla via!
Sta figghia a parturivu cuntannu li dulura
e l’ura un mi paria ca la jttava fora!
Un figghiu avia pirdutu, nautra già l’avia:
chi ci vinisti a fari, pi cunsumari a mia?
” Un chiantu si livò comu a vuliri diri:
“Chi curpa tegnu iu si mi mittisti o munnu,
cu ti l’addumannò i soffriri stu ‘nfernu?
I lacrimi… i pinseri… a morti pi finiri!
Si mi lassavi ‘n paci cu mi l’avia a cuntari?
” Megghiu un canusciri mai u suli
ca virillu ogni ghiornu offuscatu ri duluri…
La virità è una: mittiti figghi o munnu e poi…
iti circannu la scorcia e la pitrudda pi nun chiancirivi stu dannu.
Pinsati a sti ‘nnuccenti, ca senza curpa e amuri
tampasianu ‘nta terra priannu lu Signuri.
Idda mi misi o munnu e tu mi ccià livari,
unn’aiu chiù a forza i chianciri… e mancu ri campari!
(Monica Cannatella)
Traduzione dell’autrice dal Siciliano – QUANDO NAQUI IO, LA SFORTUNATA. Quando nacqui io, la sfortunata, il gallo quella mattina non cantò. / Gli asini ragliavano, mia madre piangeva dicendo: / " Portatevela fuori, portatevela via ! / Questa figlia l'ho partorita contando i dolori e non vedevo l'ora di liberarmene! / Avevo perduto un figlio, un'altra figlia già l'avevo: / che sei venuta a fare? Per rovinarmi?" / Un pianto si levo' come a voler dire: / "Che colpa ho io se tu mi hai messo al mondo? / Chi te lo ha chiesto di soffrire questo inferno? / Le lacrime... i pensieri...la morte alla fine! / Se mi lasciavi in pace chi me le avrebbe raccontate? / Meglio non conoscere mai il sole / che vederlo ogni giorno offuscato dal dolore... / La verità è una: mettete i figli al mondo e poi... /andate cercando la buccia e la pietrina per non piangervi addosso questo danno. / Pensate a questi innocenti che senza colpa e amore, / gironzolano sulla Terra pregando il Signore: / "Lei mi ha messo al mondo e Tu mi devi levare, / non ho più la forza di piangere e nemmeno di vivere!